Chissà Salvatore Buzzi cosa ci metterà dentro al panino Samurai, come il criminale di Suburra che somiglia parecchio al suo coimputato Massimo Carminati. E chissà se all’ex estremista nero saranno riservati particolari sconti quando andrà a mangiare e bere al Buzzi’s burger, in zona Tor Vergata, a Roma. “Carminati? No, Massimo non l’ho sentito, se viene mi fa piacere. Ma verrà una sera a suonare il mio amico Bobo Craxi”, dice Buzzi. Assassino, detenuto modello, imprenditore amico della politica con la coopertiva 29 giugno, Buzzi è uno dei due imputati simbolo dell’inchiesta su Mafia capitale, poi derubricata a semplice Mondo di mezzo quando la Cassazione ha fatto cadere le accuse legate all’associazione mafiosa. Condannato nell’Appello bis a 12 anni e 10 mesi , Buzzi è ancora in attesa che la Suprema corte si esprima sul suo ultimo ricorso: spera in uno sconto di pena, altrimenti – per sua stessa ammissione – tornerà a essere un detenuto, dopo aver scontato 5 anni e 6 mesi di carcerazione preventiva. Nel frattempo si da alla ristorazione. Oggi inaugura il suo locale, con il menù ispirato ai personaggi della malavita romana, della Banda della Magliana e dei libri Romanzo criminale e Suburra: c’e il panino “Libanese“, dal soprannome del vecchio capo della Magliana Franco Giuseppucci, il “Freddo” appellativo cinematografico dell’altro capo Maurizio Abbatino, e poi il “dandy”, “er Bufalo”. C’è perfino “Er Secco” Vegano o le insalate di “Genny” e “Scrocchiazzeppi”.

Video di Angela Nittoli

“L’inchiesta è stata alimentata dalla fiction e dai libri di Giancarlo De Cataldo ma era tutto finzione – ha aggiunto – perchè non posso scherzarci anche io?”, sostiene lui. Che, ieri, su facebook, annunciando la notizia dell’apertura del suo pub, aveva spiegato che i pubblici ministeri avrebbero pagato doppio e i giudici triplo. Nel giorno dell’amministrative, invece, aveva esusltato sempre sui social per la mancata rielezione di Virginia Raggi. “Sono già tornati“, commenta la quasi ex sindaca di Roma. L’apertura del pub di Buzzi ha suscitato clamore mediatico anche all’estero, visto che lo stesso si vanta di “essere intervistato dal Times di Londra”. A sottolineare quali siano i lati negativi di questa storia è don Luigi Ciotti, fondatore e presidente di Libera, che spiega come questa notizia sia per lui “motivo di profonda preoccupazione. E’ la banalizzazione del male”. Il fondatore dell’associazione antimafia ricorda come “già nel 2006 in Spagna una catena di ristoranti aveva adottato il marchio – per fortuna annullato dieci anni dopo dall’Unione Europea – La mafia si siede a tavola”, con tutta una serie di riferimenti che volevano essere folcloristici mentre erano solo volgari, offensivi, inaccettabili”. Oggi il fatto che un’iniziativa simile sia portata avanti da un imputato di un processo delicatissimo, continua il presidente di Libera, “è un segno evidente di una progressiva banalizzazione e mercificazione del male. Siccome estirpare un male è troppo faticoso e mette in discussione assetti di potere più ampi, lo si normalizza, si finge che sia meno grave di quello che è associandolo a beni di consumo come il cibo. Un processo di addomesticamento delle coscienze che permette al male di persistere, ai suoi autori e complici di continuare ad agire spavaldi in esibita noncuranza per il bene comune sottratto e per il dolore inferto alle loro vittime”.

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