Ora che Roma sta per avere un nuovo sindaco, penso sia utile sottoporre alla sua attenzione un tema di cui raramente si è parlato in campagna elettorale e che invece è ineludibile se si vuole che Roma possa tirare il fiato e cominciare ad affrontare i suoi problemi più visibili, a partire dalla nettezza urbana per arrivare al trasporto pubblico.

E’ dunque necessario ricordare che Roma è grandemente appesantita dagli impegni connessi al suo duplice ruolo di capitale d’Italia e di “ospite” dello Stato del Vaticano. Lo svolgimento di questi due ruoli implica una serie di impegni permanenti e molto pesanti: da un lato quello di avere le sedi del Parlamento e del governo (ma anche della Confindustria e delle Confederazioni sindacali), con le manifestazioni popolari connesse a questi ruoli; dall’altro dare spazio alle numerose manifestazioni religiose: dai Concili (ordinari e straordinari) alle udienze papali del mercoledì, con connesso aggravamento della situazione del traffico, ad “eventi” come la beatificazione di Padre Pio, la cui salma girò per molti giorni per le strade di Roma, coperta da un’urna di vetro.

Questi “oneri impropri” vanno riconosciuti e lo Stato deve coprire almeno in larga parte i costi.

E’ utile ricordare ciò che fece nel 2014 Giovanni Legnini, sottosegretario al Ministero dell’Economia e delle Finanze nel governo Renzi, con delega per i “profili finanziari e piani di rientro degli Enti locali, compresa Roma Capitale”. Legnini fece predisporre il piano della giunta Marino ottenendo, a fronte dell’impegno a tener in ordine i conti del Comune riducendo costi e società partecipate, uno stanziamento annuale di 150 milioni a carico del bilancio dello Stato, destinato all’esercizio delle funzioni di Roma Capitale, sul modello di quando avviene per le altre capitali europee. Lo stanziamento era pluriennale e ciò evitava di combattere ogni anno una improba battaglia contro i mulini a vento.

Non ha avuto seguito una proposta del ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia di aumentarlo di 100 milioni l’anno, anche tenendo conto dei molti impegni previsti all’epoca per i 150 anni di Roma Capitale (che in realtà si ridussero a ben poca cosa, anche per non infastidire il Vaticano ricordando le vicende della presa di Roma e della fine del potere temporale dei Papi).

In sostanza, si tratta di dare a Roma quei finanziamenti di cui godono tutte le maggiori capitali degli altri paesi europei, con il consenso di tutti i cittadini dei rispettivi Stati. Qualcosa che a Roma sembra non spettare di diritto, quasi fosse già eccessivo il titolo di “capitale d’Italia”. E su cui tutti, in quei Paesi, concordano perché vogliono che alle loro capitali siano assicurate le risorse che consentano il livello degno di ogni Capitale.

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