Chiusa la complicata vicenda giudiziaria sul caso di Martina Rossi con la sentenza della Cassazione che ha confermato la condanna a 3 anni per Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni, si apre quello della espiazione della pena. I due uomini, che hanno incassato la prescrizione di due reati: ovvero l’omissione di soccorso e la morte in conseguenza di altro reato, chiederanno l’affidamento ai servizi sociali come previsto dalla legge. La studentessa 20enne morì precipitando dalla terrazza di una camera d’albergo, a Palma di Maiorca, mentre voleva sfuggire al tentativo di violenza sessuale. Questa mattina è stato loro notificato il decreto che prevede la sospensione della pena in attesa che venga stabilita la modalità di espiazione della condanna. “Ora abbiamo 30 giorni per la richiesta dell’affidamento ai servizi sociali”, ha spiegato un difensore di Vanneschi, l’avvocato Stefano Buricchi.

“Il decreto è arrivato con estrema puntualità – commenta Buricchi – dal momento che la Cassazione lo manda alla procura generale competente per poi girarlo a quella di Arezzo e a sua volta al domicilio dell’assistito, in questo caso presso gli studi legali. Ora abbiamo 30 giorni per la richiesta dell’affidamento ai servizi sociali, un provvedimento, per fare un esempio eclatante, del tutto simile a quello scelto anni fa da Silvio Berlusconi“. Sulla possibilità di scontare un anno di carcere propedeutico ai servizi sociali, cosi come ipotizzato, l’avvocato Buricchi è categorico: “È escluso categoricamente come riportato sul decreto che sospende la pena. L’affidamento in prova ai servizi sociali è la misura che farà poi espiare loro la condanna”.

I due imputati erano stati condannati nel 2018 a sei anni per tentata violenza sessuale di gruppo e morte come conseguenza di altro reato. Tre anni per ognuno dei due delitti, mentre la scure della prescrizione era già caduta sull’omissione di soccorso. “Martina non muore sul colpo”, ha raccontato suo papà Bruno a ilfattoquotidiano.it – Sono le 6.45 del mattino quando precipita in una vasca e, per quaranta minuti, nessuno scende a prestarle soccorso“. Successivamente assolti in Corte d’appello i due imputati sono stati nuovamente processati e condannati. Ieri il verdetto dei supremi giudici. ù

Il caso ci ha impiegato 10 anni per essere definito. Aperta a Genova, l’indagine era stata chiusa con quattro indagati di cui due per falsa testimonianza. Ma la posizione di Vanneschi e Albertoni ci aveva messo tre anni per passare ad Arezzo che era competente territorialmente. Le indagini toscana, che hanno comportato anche la riesumazione della salma, erano state chiuse nel 2017. Tra il primo e il secondo grado la prescrizione del reato di morte in conseguenza di altro reato e la corsa contro il tempo – dopo una polemica – perché non si prescrivesse anche l’ultimo reato.

“Di tenerli in galera non mi interessa, quello che importa è che giustizia sia stata fatta e che l’immagine di mia figlia sia stata ripulita- ha detto Bruno Rossi, padre delal vittima- La storia però non finisce qui visto che a Genova è in corso il processo per gli amici di Albertoni e Vanneschi, che erano con loro in Spagna e che hanno raccontato un sacco di bugie”. Infine, un ultimo pensiero: “Non ho ancora deciso ma non è esclusa la causa civile“.

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