Lo scontro in corso tra l’Unione europea e la Polonia dopo la sentenza della Corte costituzionale di Varsavia in cui si legge che i regolamenti europei, per essere applicati nel Paese, non devono essere in contrasto con la Costituzione, invertendo di fatto il principio del primato della legge Ue su quella nazionale, ha provocato reazioni anche in Italia e negli altri Paesi europei. Le destre identitarie sono subito accorse in difesa dell’esecutivo guidato dal partito Diritto e Giustizia (PiS) del premier Mateusz Morawiecki, con la leader di Rassemblement National Marine Le Pen a sostegno della Polonia che vuole affermare “il primato del proprio diritto costituzionale sulla legislazione Ue, esercita il suo diritto legittimo e inalienabile alla sovranità“, accusando invece l’Ue di essere “tentata dall’instaurare una dittatura giacobina“. In Italia, invece, da una parte ci sono Giuseppe Conte e il Pd, con il segretario Enrico Letta che parla di un “attacco alle fondamenta della struttura giuridica della costruzione dell’Ue. Il sovranismo antieuropeo non è slogan e folklore come qualcuno pensa. È un ritorno indietro. Sbagliato e pericoloso. Che va combattuto”. Mentre l’ex premier parla di “un precedente molto grave che rischierebbe addirittura di minare la struttura giuridica dell’intera Ue che si fonda su una cessione di sovranità e sul riconoscimento del primato del diritto dell’Ue sulle leggi nazionali”. Dall’altra la fronda nazional-populista che invece si schiera a difesa del governo di Varsavia. Da Claudio Borghi (Lega) che definisce la decisione del tribunale “sacrosanta”, fino a Giorgia Meloni, alleata del PiS all’interno del gruppo dei Conservatori (Ecr), che paragona la scelta del tribunale polacco a quella della Corte costituzionale tedesca: ma tra i due casi esistono diverse differenze.

L’intento dei due esponenti di Lega e Fratelli d’Italia è quello di controbattere al tweet di Letta. Borghi scrive che “per il Pd, partito asservito all’asse franco-tedesco, la Ue dovrebbe essere una bizzarra unione nella quale Francia e Germania dettano le regole e fanno quello vogliono e gli altri Stati obbediscono in silenzio. Per questo la sinistra italiana piace così tanto in Europa e così poco ai patrioti italiani”. Mentre Meloni sostiene che “Fratelli d’Italia la pensa come le Corti costituzionali tedesca, polacca e altre, ossia che la Costituzione voluta, votata e difesa dal popolo italiano viene prima delle norme decise a Bruxelles. Perché si può stare in Europa anche a testa alta, non solo in ginocchio come vorrebbe la sinistra”. La leader di FdI non dice però che un Paese, dal momento in cui decide di richiedere l’adesione all’Unione europea, firma il Trattato dell’Ue, con la costituzione che richiede una eventuale modifica prima che il Paese ratifichi un testo incompatibile con i suoi principi. Questa incompatibilità, in questo caso, è emersa a 17 anni dalla firma.

“Il segretario del Pd – aggiunge la leader di FdI – oggi grida allo scandalo perché la Corte costituzionale polacca rivendica la supremazia dell’ordinamento interno rispetto a quello della Ue. Dimentica però che è esattamente quanto fatto più volte dalla Germania della Merkel, che anche di recente ha ribadito che le norme europee si applicano in Germania solo se non ledono l’interesse nazionale tedesco e non contrastano con la loro Costituzione”. Un paragone non nuovo quello proposto da Meloni sulla Germania, ma che, come spiegato già tre anni fa da La Stampa in un suo fact checking, non è calzante, visto che la cosiddetta “clausola di supremazia” tedesca alla quale si riferisce prevede solo la superiorità del diritto federale su quello statale (dei singoli Land), senza mai fare riferimento ai regolamenti e ai Trattati europei. Inoltre, e questo vale anche per l’Italia, solo in un caso la Costituzione tedesca assume maggior valore rispetto alle normative europee: quando quest’ultime si scontrano con i “principi fondamentali” della Carta costituzionale, non quindi con il testo in tutte le sue parti.

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Scontro Polonia-Ue, per Varsavia Costituzione ha primato sul diritto europeo. Von der Leyen: “Reagiremo”. Francia: “È un’uscita di fatto”

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