di Andrea Taffi

Nella politica italiana ci si chiede sempre perché certi personaggi, invece di starsene buoni e tranquilli dentro i partiti importanti dove sono riusciti a collocarsi ottenendo poltrone di rilievo, all’improvviso inizino a muoversi e a scalpitare scomposti, fino a rompere col loro partito (senza però lasciare il posto acquisito, ma si sa: con la coerenza non si mangia) e fondarne uno proprio, modello 1-2%.

Ci si chiede sempre come mai questi personaggi decidano poi di candidarsi a sindaco di una città importante, pur sapendo di non avere alcuna possibilità di essere eletti, ma approfittandone per fare campagna elettorale contro tutti gli avversari; all’insegna del nuovo, del pratico, dell’uomo pragmatico prestato alla politica – ma da questa mai restituito all’originaria professione, della quale peraltro si è perso il ricordo.

Ci si chiede infine, a elezioni amministrative concluse, cosa farà quel personaggio con i voti ottenuti. Appoggerà uno dei candidati sindaci al ballottaggio? Porrà condizioni? E queste verranno accettate o no? Si riformeranno le vecchie alleanze stantie? Qualche partito, già in crisi ma in rifondazione in giacca, cravatta e aplomb, ci rimetterà dalle decisioni del nostro personaggio?

La politica liquida, nella quale quel personaggio nuota meglio di Mark Spitz, sembra favorire tutto e il suo contrario, prima trascinando giù il personaggio e poi facendolo risalire a galla. E la politica liquida, con le sue onde, prodotte ad arte dal nostro personaggio, è in grado di spingere sugli scogli imbarcazioni già malmesse. La politica liquida sarà anche interessante e stimolerà dibattiti politico-televisivi, ma soffre di un male grave, un male che moltissimi commentatori accreditati e seguiti non vedono, finendo così involontariamente per alimentarla.

La politica liquida non ha il senso della realtà, del reale; non fa, non sa fare o, forse, non vuole fare proiezioni future. Anzi: non lo vede proprio il futuro, tutta impegnata com’è a gestire il momento. La politica liquida non considera chi non vota e non si interroga sui motivi dell’astensione; la politica liquida, e tutti i personaggi che ci sguazzano dentro, non si chiede che cosa succederà quando andremo a votare per il Paese, non per quella o quell’altra città.

Ecco il punto: il rischio è che alle prossime politiche – pur temutissime, prima o poi arriveranno – la politica liquida si scontri con quella brutta e cattiva, ma (ahimè) solida, solidissima e anche un po’ nera. E allora vorrei fare io una domanda al nostro personaggio: che cosa vorrà fare contro quella politica solida che si profila all’orizzonte, quella politica che non piace a nessuno tranne ai cittadini che la voteranno – cittadini che, in assenza di un programma vero e un po’ meno liquido, saranno la maggioranza?

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