C’è gran confusione sull’operazione di internazionalizzazione dei call center dell’Inps. Da un lato il presidente dell’ente, Pasquale Tridico, ha annunciato che procederà ad una selezione pubblica per circa tremila assunzioni nella controllata Inps Servizi Spa. Dall’altro però non si è ancora espresso su quelli che saranno i criteri preferenziali per chi già da tempo svolge l’assistenza telefonica all’utenza all’interno delle società fornitrici Comdata e Network Contacts. Con mille incertezze
per i lavoratori che finora hanno gestito il servizio e che speravano di essere assorbiti nell’ente previdenziale per effetto della clausola sociale. A deludere le loro aspettative è stato il dipartimento della Funzione pubblica escludendo che l’Inps debba assorbire i dipendenti delle società fornitrici.
“Nella procedura di selezione pubblica dovrebbero ora essere previsti dei criteri di maggior favore legati all’esperienza professionale – spiega Fabiola Bravi dell’Unione sindacale di base – attendiamo di sapere quali saranno i parametri nel prossimo incontro”. Appuntamento per il quale ad oggi non c’è ancora data certa. E’ sicuro invece che l’Inps non riuscirà a chiudere la partita entro fine anno, come inizialmente immaginato. Per questo l’ente ha dovuto rinnovare il contratto di fornitura di call center per altri 12 mesi, sia pure con la possibilità di risolvere il contratto con tre mesi di preavviso. Intanto l’istituto ha fatto sapere che intende avviare la selezione a candidati che abbiano esperienza non solo in campo previdenziale e assistenziale, ma anche fiscale.
Secondo Bravi, però, questa soluzione rischia di dare un vantaggio ad alcuni dipendenti di ex-fornitori di call center dell‘Agenzia delle entrate, allontanando la stabilizzazione di quelli che hanno lavorato per l’Inps. Una guerra fra precari con la pubblica amministrazione che la fa da protagonista. E con mensilità
che vanno da 500 ad 800 euro, straordinari inclusi. Non a caso il sindacato ha anche chiesto di avere contezza delle retribuzioni che saranno applicate ai lavoratori di Inps servizi spa. “Quello che doveva essere un processo virtuoso, che avrebbe dovuto mettere fine ad anni di precariato derivante dalla cessione di appalto dell’attività a società operanti nel settore dei call center in outsourcing, si sta purtroppo trasformando in un vero e proprio incubo, in cui ansie ed incertezze” ha spiegato un dipendente Comdata che preferisce rimanere anonimo.
“L’intenzione dell’ente è procedere all’assunzione del personale in Inps Servizi, attraverso lo strumento della selezione pubblica su titoli, aprendola non soltanto agli attuali operatori, ma anche ad altri candidati che abbiano operato su attività di pari complessità – ha aggiunto il lavoratore. Nella nostra carriera lavorativa ci è capitato altre volte di cambiare azienda per effetto di cambi appalto, ma in ognuna di queste occasioni è intervenuta la cosiddetta clausola sociale, così come definita dalla legge 11 del 2016, poi recepita anche all’interno del nostro contratto nazionale di categoria, che disciplina la prosecuzione del rapporto di lavoro, in caso di cambio appalto con il medesimo committente e per la medesima attività di call center”.
Tuttavia, secondo la Funzione pubblica, questa volta la clausola non varrebbe perché violerebbe i requisiti di pubblicità, trasparenza ed equità previsti dal Testo Unico in materia di Società a partecipazione pubblica (Dlgs 175/2016). E questo anche a dispetto del fatto che la giurisprudenza sia divisa sul punto. Con il risultato che i dipendenti della Comdata ora rischiano. Tanto più che ci sono anche grandi manovre in atto anche sulla loro testa: il fondo statunitense Carlyle, proprietario dell’azienda di customer management, ha deciso di vendere il gruppo di call center. Il processo è stato appena avviato dopo che è sfumata l’aggregazione con la rivale tedesca Arvato. Ma sin d’ora c’è il timore che porti in dote anche una serie di tagli nei 21 paesi in cui la società è presente.