Il ministro ha deciso di riportare tutti gli statali in presenza (senza aver raccolto dati sulla produttività) anche per dare ossigeno al settore della ristorazione molto danneggiato dalla pandemia. E ora quantifica l'impatto che si aspetta: tra 3,3 e 5 miliardi. Il dato è decisamente ottimistico se confrontato con le stime di Fipe Confcommercio secondo cui il recupero varrà circa 1,4 miliardi (spalmati su un anno)
La decisione di mettere fine allo smart working per i dipendenti pubblici – in attesa di una regolamentazione che arriverà con il nuovo contratto della pa – ha fatto discutere perché non suffragata da dati sulla produttività. E basata solo sulla convinzione del ministro Renato Brunetta che lavorando da remoto l’efficienza diminuisca. Ma dietro la “normalizzazione“, come è noto, c’è anche la volontà di dare ossigeno al settore della ristorazione molto danneggiato dalla pandemia, facendo ripartire il grande business delle pause pranzo. Ora Brunetta quantifica l’impatto atteso: con il ritorno in presenza della pubblica amministrazione “intere parti delle nostre città ricominciano a vivere nella loro pienezza, questo vuol dire consumi, vuol dire reddito, e molto probabilmente un ultimo trimestre boom”, ha detto il titolare del dicastero. “Molto probabilmente il tasso di crescita (del pil, ndr) non sarà del 6% ma di più, 6,2-6,3% con un trascinamento molto alto sull’anno prossimo. E’ molto probabile che il 2022 partendo da questa eredità positiva dia una sorpresa positiva di crescita attorno al 5%, non al 4,5%”.
Brunetta parlava durante il panel “Quali strategie per valorizzare il patrimonio enogastronomico italiano?” all’evento Forum in Masseria di Ceglie Messapica, organizzato da Bruno Vespa (che ha cantina e ristorante a Manduria) e può darsi che abbia voluto strizzare l’occhio al comparto agroalimentare. Perché la previsione sembra decisamente ottimistica se confrontata con le stime di Fipe Confcommercio: secondo il presidente Enrico Stoppani il rientro in presenza degli statali dal 15 ottobre consentirà di recuperare circa il 20% dei 7 miliardi di giro d’affari annuo legato alle pause pranzo dei cosiddetti city user. Circa 1,4 miliardi spalmati su un anno, dunque: meno dello 0,1% del pil.
Per arrivare a spingere il prodotto dello 0,2% servirebbero consumi aggiuntivi per quasi 3,3 miliardi, per arrivare allo 0,3% occorrono scontrini per 5 miliardi. Tutti concentrati nei due mesi e mezzo tra il 15 ottobre e fine anno. Servirebbero davvero molti panini e caffè. A meno che il ministro non conti che i dipendenti pubblici facciano numerose pause merenda, preferibilmente sia a metà mattina sia nel pomeriggio. Più probabile invece che l’effetto aumenti nel 2022, ipotizzando che il rientro in sede sia definitivo e che, dunque, i pranzi fuori continuino per tutto l’anno. Resta la variabile pranzo da casa – in Lombardia “schiscetta” – a cui su Twitter molti annunciano di voler ricorrere, in risposta al ministro.