Politica

Assalto alla Cgil, il fascismo trova spazi nella crisi della democrazia e della sinistra

Guai a sottovalutare la portata del vile assalto fascista alla Cgil di sabato 9 ottobre. Si è trattato di un episodio per nulla marginale o casuale, ma che si inserisce invece in un quadro, non solo italiano ma europeo, di forte ripresa dei movimenti di destra violenta basati su attacchi fisici ai propri antagonisti, razzismo, omofobia.

In questo senso va detto chiaramente che Fiore, Castellino e gli altri caporioni di Forza Nuova e delle organizzazioni ad essa collegate rappresentano solo la punta dell’iceberg. Dietro di loro ci sono vaste zone grigie (in realtà nerastre) collegate a settori importanti delle forze di destra rappresentate in Parlamento, nelle istituzioni locali e nel governo, come dimostrato da varie recenti inchieste, tra le quali quelle di Report e di Fanpage.

Sia Fratelli d’Italia che la Lega hanno numerosi addentellati colle organizzazioni del fascismo più sfrontato e militante da cui traggono alimento anche a livello elettorale e quindi Salvini e Meloni non hanno la benché minima intenzione di recidere o anche solo chiarire i loro legami con questi gruppi e questi personaggi, come dimostrato fra l’altro dalle acrobazie e dai contorcimenti verbali che hanno fatto seguito all’assalto. Su molti contenuti, soprattutto il contrasto dell’immigrazione mediante la costruzione dei muri alle frontiere, c’è del resto piena concordanza fra istituzionali e squadristi.

L’humus favorevole allo sviluppo di movimenti di stampo fascista sta del resto nella crisi senza precedenti del capitalismo, accelerato dalla pandemia, che non vede una risposta adeguata da parte di settori della sinistra, o perché corresponsabile delle politiche governative, che fanno parte integrante dell’attacco ai settori popolari, o perché frammentati e incapaci.

In una situazione di crescente sgomento e disperazione di settori sempre più ampi della società, mentre dilagano povertà e disoccupazione, i fascisti cercano e a volte trovano uno spazio insperato. La questione del green pass da questo punto di vista è esemplare. Essa peraltro viene presa a pretesto per dare sfogo a un malcontento che ha radici ben più profonde. Alla base di tutto c’è lo sfacelo dello Stato sociale squadernato dalla pandemia. Nessuna delle misure promesse e rivelatesi necessarie nel momento del suo scoppio è stata attuata.

Le classi scolastiche continuano ad essere sovraffollate, i mezzi pubblici di trasporto insufficienti ed obsoleti, carenti e spesso inefficienti le stesse strutture sanitarie, mentre a dettare legge sono coloro che già furono responsabili del suo collasso, e più che mia determinati a proseguire senza pentimenti e ripensamenti la linea suicida delle privatizzazioni e delle lottizzazioni, anche facendosi forte dei nuovi spazi di autonomia consentiti dall’autonomia cosiddetta differenziata.

Quest’ultima, insieme agli effetti della crisi economica, ingigantiti dalla pandemia, è destinata ad aggravare ulteriormente le diseguaglianze esacerbando situazioni sociali e territoriali già da tempo insostenibili. La cosiddetta transizione ecologica pare a sua volta destinata a tramutarsi nell’ennesima occasione perduta per l’indispensabile ed urgente lotta al riscaldamento globale, traducendosi invece paradossalmente nel finanziamento delle energie fossili e dei gruppi di potere che da molto tempo operano nel settore senza mostrare, al di là del greenwashing, alcun segnale di voler cambiare strada.

In un contesto del genere, caratterizzato insomma dalla continuazione e anzi dal rafforzamento del dominio dei poteri consolidati che ci hanno portato alla catastrofica situazione attuale, matura l’esasperazione di crescenti settori di cittadini che non possono rivolgersi, per i motivi accennati, ai settori della sinistra, o corresponsabili della situazione in quanto sostenitori di Draghi o comunque assenti e irrilevanti. Il forte astensionismo che si è registrato alle recenti elezioni amministrative costituisce a sua volte un segnale di questa esasperazione ed è veramente folle l’ostinazione della classe politica nel non tenerne conto.

Siamo nel pieno di una crisi democratica senza precedenti che può sfociare o nel rafforzamento dell’autoritarismo tecnocratico di stampo draghiano o nell’emergere di un’ipotesi autoritaria con forti tratti di fascismo aperto. I due corni di questa tremenda alternativa potrebbero peraltro entrare in rapporto dialettico tra di loro. L’unica speranza di scongiurare l’ulteriore involuzione della democrazia italiana risiede nel rilancio di una politica alternativa che si faccia veramente carico delle esigenze della grande maggioranza della popolazione.

Ma ciò sarà possibile solo se le forze politiche e sindacali che si ritengono di sinistra sappiano liberarsi dall’abbraccio colla tecnocrazia draghiana che le sta soffocando e, insieme a loro, sta soffocando la democrazia italiana.