Sull'isola si votava in 42 comuni: male il centrodestra di Musumeci, che perde la città in provincia di Catania e non riesce a vincere a Vittoria, dove si era fatta vedere pure la Meloni. I 5 stelle ottengono la prima storica rielezione di un loro sindaco nel centro in provincia di Trapani, mentre l'asse con i dem sfonda nel calatino già al primo turno e si giocherà la vittoria al secondo turno in provincia di Caltanissetta
Con uno scarto di una settimana, la Sicilia conferma il buon risultato del centrosinistra a livello nazionale, mentre il M5s incassa la prima storica rielezione di un sindaco. “La Regione si conferma la roccaforte del M5s”, sottolinea Luigi Sunseri, consigliere regionale del Movimento. Si rafforza, anche, l’asse giallorosso che ottiene compatto il risultato più schiacciante, nel cuore della Sicilia, nella città tornasole di questo turno elettorale siciliano, ovvero quella Caltagirone dove il centrodestra viaggiava compatto verso una vittoria che sembrava assicurata. Era considerata, infatti, il feudo di Gino Ioppolo, sindaco uscente e braccio destro del governatore Nello Musumeci, che adesso vede ancora più traballante la fragile maggioranza che lo sostiene. Alcune ore dopo la chiusura delle urne è questo il dato che emerge dalle amministrative sull’isola, dove si votava in 42 comuni (nessuno capoluogo e solo 13 di questi sopra la soglia dei 15 mila abitanti) domenica 10 e lunedì 11. I dati dalle sezioni elettorali arrivano al rallentatore ma pare che per la destra non vada bene neanche a Vittoria, il centro ortofrutticolo siciliano, dove Giorgia Meloni era sbarcata il 2 ottobre per sostenere il suo candidato, Salvo Sallemi: nel tardo pomeriggio la vittoria al primo turno di Francesco Aiello, sostenuto dal Pd, da Fava e da due liste civiche, resta sul filo di lana, ma il distacco con Sallemi è di quasi 11 punti di percentuale. Giancarlo Cancelleri, sottosegretario alle Infrastrutture, esulta: “Risultati entusiasmanti per il M5S in Sicilia, Caltagirone è l’avviso di sfratto al Governo Musumeci perché dimostra che la coalizione del M5S-Pd e forze di sinistra battono il centrodestra anche se unito”. Positivo pure il commento di Antony Barbagallo, segretario regionale del Pd: “Questo è un risultato, che seppur in attesa dell’ufficialità, non esito a definire incoraggiante”.
Alcamo, roccaforte del M5s – “È stato premiato un sindaco bravo, che non ha inseguito l’opinionismo nazionale ma ha invece dato risposte concrete al territorio”, dicono dal comitato elettorale di Domenico Surdi, appena rieletto sindaco di Alcamo coi 5 stelle. Avvocato di 38 anni, aveva ottenuto la prima vittoria cinque anni fa, sostenuto dalla sola lista del M5s: all’epoca, però, la soglia per l’elezione al primo turno era ancora fissata nel 50% più uno dei voti. Nel 2016, dunque, Surdi era dovuto passare dal ballottaggio. Adesso, invece, la Regione ha abbassato quella cifra al 40%: quorum superato agevolmente, col 44% e circa dieci punti di vantaggio rispetto allo sfidante del centrodestra. D’altra parte già alle politiche del 2013 Alcamo era risultato il comune più grillino d’Italia col 48,1 percento dei voti al M5s. “Differenziata oltre il 70 per cento, crisi idrica risolta”, sono i primi risultati di buona amministrazione che elencano dal comitato elettorale. Dove i sindaco rieletto tarda ad arrivare: “Volevo che il risultato fosse più consolidato”, spiega. “Io il primo sindaco grillino rieletto? Pare sia così, è una cosa a cui non avevo pensato, di sicuro una doppia gioia per la mia città, abbiamo lavorato tanto e vincere al primo turno ci dà un po’ di vento in poppa”. Cresciuto nei ranghi della Sinistra giovanile, Surdi viene da un gruppo di giovani che da molti anni s’impegna per la città. Prima con la fondazione di un periodico locale – l’Isola – poi con l’apertura del primo circolo Arci nella zona, quindi con un festival musicale che ha scovato alcuni cantautori indipendenti, poi divenuti noti a livello nazionale. Surdi entra nel M5s nel 2015 e poco dopo, nel giugno del 2016, è già alla guida della sua città. “Negli ultimi giorni forse si percepiva un po’ questa vittoria – continua lui – ma è stata molto combattuta”. Ad Alcamo, infatti, l’asse M5s e Pd non si è concretizzato. I dem, che qui hanno governato per un ventennio, hanno preferito allearsi con i renziani e con l’Udc, sostenendo l’ex verde Giusy Bosco. Il vero pericolo, però, per i pentastellati era rappresetatato dal candidato del centrodestra Massimo Cassarà, sostenuto da 8 liste, tra cui quella della Lega e quella di Forza Italia. Surdi ha vinto sostenuto da due liste civiche e dal simbolo ufficiale dei 5 stelle. Consapevole che Alcamo poteva regalare al M5s il primo sindaco rieletto, è la città in provincia di Trapani che Giuseppe Conte ha scelto per chiudere la campagna elettorale.
Caltagirone, avanza l’asse Pd-M5s –Il risultato è netto anche lì dove era più atteso. Nel cuore della Sicilia, nella città delle ceramiche che ha dato i natali a don Luigi Sturzo, si attendeva la risposta più “politica” di questa tornata elettorale siciliana. Da un lato c’era Fabio Roccuzzo, sostenuto dall’asse M5s-Pd e dalla lista di Claudio Fava. Dall’altro il centrodestra compatto, compreso il simbolo della rinata Democrazia Cristiana di Totò Cuffaro, che dopo aver scontato la condanna per favoreggiamento ha presentato una sua lista a Favara e Caltagirone: il candidato sindaco era Sergio Gruttadauria, il vice del sindaco uscente Ioppolo, amico fidato di Musumeci, nonché coordinatore del suo movimento, Diventerà Bellissima. È finita con una vittoria al primo turno per Roccuzzo e un duro colpo per il centrodestra, che rischia di influenzare anche la tenuta della maggioranza di Musumeci, già traballante. Il presidente siciliano è al suo ultimo anno di legislatura e punta a una rielezione che appare sempre più lontana: anzi, persino la sua candidatura sembra tutt’altro che scontata. Soprattutto ora che il centrodestra perde una sua roccaforte. Roccuzzo, già tre volte consigliere provinciale, viene dal Pci e ha seguito tutte le fasi evolutive fino al Pd. Ha poi rotto con i dem alle scorse amministrative, in contrasto con il candidato scelto dal Partito democratico: “Abbiamo fatto tesoro degli errori passati e abbiamo trovato un’ampia coesione: adesso il modello Caltagirone sia da esempio per le regionali”.
Gli altri comuni – L’asse giallorosso non vince al primo turno, invece, a San Cataldo, provincia di Caltanissetta: qui Gioacchino Comparato risulta primo sotto la soglia del 40 percento. Non ottengono la rielezione gli uscenti dei Cinquestelle Ida Carmina a Porto Empedocle e Giuseppe Purpura a Grammichele, città natale di Raffaele Lombardo: l’ex governatore torna a vincere a casa sua con l’elezione di Pippo Greco. Nel centro in provincia di Agrigento, invece, in testa c’è l’uomo scelto da Forza Italia, Calogero Martello, sostenuto anche da due liste civiche. A Gioiosa Marea (Messina) e Ferla (Siracusa), intanto, risultano eletti gli unici 2 candidati in lizza nei rispettivi comuni: nel primo caso vince Giusy La Galia, nel secondo Michelangelo Giansiracusa che si riconferma alla guida dell’amministrazione comunale per il terzo mandato. Entrambi i candidati sono stati votati da più del 50% dei votanti. Mentre a Mistretta, sempre nel peloritano, si va verso una vittoria schiacciante il candidato sindaco Sebastiano Sanzarello che, con lo spoglio non ancora completato, sarebbe al 70% dei voti. Politico di lunghissimo corso, consigliere provinciale, deputato regionale, senatore, europarlamentare, Sanzarello era stato inserito tra gli “impresentabili” da Nicola Morra: la sua candidatura, ha spiegato il presidente della commissione Antimafia, viola il Codice di autoregolamentazione in quanto risulta a giudizio per concussione – in concorso con altri – per aver intascato, tra il 1999 e il 2004, tangenti per oltre mezzo milione di euro da un ente di assistenza agli spastici. “Io non sono impresentabile e potevo candidarmi”, ha replicato il diretto interessato, che è stato condannato in primo grado a 4 anni ma nel 2018 ha incassato la prescrizione in appello. Rimane aperto un altro troncone del processo. “Nel mio casellario giudiziario, che ho avuto neanche una settimana fa – sostiene Sanzarello – non risulta nulla”. Gli elettori, in ogni caso, lo hanno eletto. Bassissima, infine, l’affluenza a San Cipirello, comune sciolto per infiltrazioni mafiose, dove ha votato solo il 39,51% degli aventi diritto, con un calo del 28,85%: l’unica candidata sindaco non è stata eletta perchè non è stato raggiunto il quorum. Nel resto dei comuni, invece, l’affluenza media era del 56,66 per cento, in calo rispetto alle precedenti amministrative in cui si era votato solo un giorno.