Un pregiudicato di sessant’anni, Paolo Salvaggio, è stato ucciso da colpi d’arma da fuoco sparati a Buccinasco, comune al confine sud-ovest di Milano. Siciliano, noto broker della droga con precedenti penali fin dal 1992 (già attivo nei quartieri di Chiesa Rossa e Gratosoglio), Salvaggio si trovava agli arresti domiciliari, da cui poteva uscire ogni giorno dalle 10 alle 12 grazie a un permesso. Mentre pedalava in bici, l’aggressore – a bordo di uno scooter T-Max, forse insieme a un’altra persona – lo ha colpito da distanza ravvicinata con tre spari, l’ultimo dei quali esploso mentre si trovava già a terra. Nel 2013, Salvaggio era stato citato nei verbali del pentito Franchino Petrelli (raccontati sul fattoquotidiano.it da Davide Milosa) che fotografavano il business della cocaina nel capoluogo lombardo. Cliente dei trafficanti montenegrini, teneva contatti con pezzi da novanta della ‘ndrangheta e della Sacra corona unita: da un lato la cosca Papalia di Buccinasco, dall’altro la famiglia Magrini di Baggio legata al superboss di Bari Savinuccio Parisi.

La sparatoria è avvenuta poco dopo le 10 non lontano da casa di Salvaggio, in via della Costituzione all’incrocio con via Rodolfo Morandi, accanto al parco Spina Azzurra, una delle zone più frequentate del paese. Ferito alla testa, al volto e alla spalla, Salvaggio è stato trasportato in arresto cardiocircolatorio all’ospedale Humanitas di Rozzano, dov’è morto dopo pochissimo tempo. Sul luogo dell’aggressione sono giunti il Nucleo investigativo dei Carabinieri di Milano e il pubblico ministero di turno, Carlo Scalas, che hanno ascoltato la moglie e il figlio della vittima. Una esecuzione “plateale”, l’ha definita la presidente della Commissione regionale Antimafia, Monica Forte: “È evidente – dice – come la scelta del luogo e dei tempi sia anche una dimostrazione di potere e impunità“.

“A Buccinasco si sta consumando una nuova guerra di mafia, un cambio di potere ed evidentemente era necessario mandare un messaggio ben chiaro e alla luce del sole”, dice il sindaco Rino Piuri, spiegando che Salvaggio era una sorta di “ponte fra la ‘ndrangheta e altre famiglie di mafia”. “Da anni denunciamo la presenza sul nostro territorio di pregiudicati e famiglie legate alla criminalità organizzata e gridiamo la necessità di tenere sempre alta l’attenzione”, aggiunge. “I killer non si sono preoccupati di poter ferire altre persone né di essere visti da passanti ed eventuali testimoni. La preoccupazione è altissima. L’ultimo morto ammazzato risale alla fine degli anni ’80“.

“Sul territorio – prosegue il sindaco – la nostra amministrazione ha installato una serie di telecamere che già in passato sono state risolutive per risalire agli autori di crimini e che mettiamo a disposizione delle forze dell’ordine. Ho voluto chiamare la ex moglie per porgere a lei e alla figlia le mie condoglianze, ora mi aspetto dalle forze dell’ordine e dalla magistratura inquirente azioni immediate e una maggiore presenza sul nostro territorio, così come avevamo già richiesto più volte. Nelle prossime ore decideremo quali iniziative intraprendere come amministrazione comunale”. Per il senatore milanese Franco Mirabelli, vicecapogruppo Pd a palazzo Madama e capogruppo in commissione Antimafia, l’agguato “deve spingere le istituzioni a tenere alta la guardia, tutti dobbiamo convincerci che le mafie al Nord sono insediate e vanno combattute. Chi pensava che la scelta di aggredire l’economia legale per riciclare il denaro sporco avesse spinto le mafie a rinunciare alle armi, si sbagliava”.

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