“Se devo finire sul Fatto Quotidiano e infangare la mia azienda che dà 150 paghe tutti i mesi, io mi dimetto domani”. Le dimissioni promesse (e presto rimangiate) nel bel mezzo della telefonata da Marco Colombo sono quelle da consigliere comunale e capogruppo di maggioranza a Sesto Calende, in provincia di Varese, ruolo che ricopre dal 2018 dopo essere stato per nove anni sindaco della cittadina sulle rive del Ticino, poco sotto il punto in cui il fiume defluisce dal Lago Maggiore. Esponente della Lega, Colombo siede pure nel Consiglio regionale della Lombardia, dove è vicepresidente della commissione Bilancio. Ma è anche un importante imprenditore della zona: socio e amministratore delegato della Enrico Colombo spa, un’azienda che realizza impianti industriali con un fatturato nel 2020 da oltre 43 milioni di euro. E che dal 2009, pochi mesi dopo l’elezione di Colombo a sindaco, ha aggiunto tra le proprie attività anche le operazioni immobiliari. Ma quando gli interessi dell’imprenditore incrociano l’attività del politico, non si può che finire a sbattere contro il più classico dei conflitti d’interesse.
È proprio quello che sta accadendo in questi mesi a Sesto Calende, dopo che a maggio la Enrico Colombo spa ha presentato in comune uno studio di fattibilità per recuperare la cubatura di un fabbricato incompiuto di quattro piani e in pieno centro realizzando un palazzo di ben 12 piani e 40 metri di altezza. Più degli edifici intorno e molto più di quanto consentirebbe il piano regolatore in quella zona. Per questo è necessaria una variante urbanistica che la giunta di centrodestra guidata da Giovanni Buzzi di Forza Italia si è già detta disponibile a concedere, seppur chiedendo di abbassare l’edificio di due piani e di non superare i 33 metri. In ogni caso più degli edifici intorno, come i tre accanto che di piani ne hanno otto, e più dei quattro del fabbricato incompiuto, il cui progetto era stato approvato anch’esso in deroga al piano regolatore. Così l’altezza della “torre” rimane uno dei punti contestati: “La legge approvata da Regione Lombardia proprio per il recupero di aree dismesse fissa nel 20% il limite delle deroghe possibili rispetto alle norme esistenti”, fa notare con un post su Facebook la lista d’opposizione Insieme per Sesto, secondo la quale il progetto dovrebbe “integrarsi in maniera coerente e sostenibile con l’ambito circostante. In pratica l’altezza non dovrebbe superare i 5-6 piani”.
Ma perché fare un edificio così alto? “Se ci alziamo di un po’ di piani il valore commerciale chiaramente aumenta, non c’è dubbio – ammette al telefono Marco Colombo – Ma se costruiamo in altezza riusciamo anche, e soprattutto, a fare un parco verde di 2.000-2.500 metri quadri in pieno centro”. Con una superficie da realizzare di circa 4.400 metri quadri in tutto, supponendo di arrivare a vendere gli alloggi a 5mila euro al metro quadro, come stima una recente indagine di Tecnocasa per il nuovo in centro, fan più di 20 milioni di euro di ricavi a cui aggiungere posti auto e box. Di interessi ce ne sono, anche grossi. “È un’area bruttissima che stiamo sistemando con cuore e coraggio. Abbiamo dovuto sanare degli abusi edilizi che erano stati fatti e mettiamo lì circa 1,5 milioni tra demolizioni e acquisto delle aree”.
Acquisto dell’area fatto a prezzo di saldo: in tutto 637mila euro, si legge sul bilancio dell’azienda. La metà per rilevare una parte che era proprietà di una famiglia di Sesto: due porzioni acquisite a gennaio 2020 all’asta e una porzione attraverso un rogito siglato qualche giorno dopo. Mentre tutto il resto è stato preso dal fallimento della Pietro Raso srl: dopo anni di aste andate deserte, un anno fa la Enrico Colombo spa ha presentato al curatore fallimentare un’offerta da 330mila euro, l’immobile è stato rimesso a gara con questa base d’asta, ma non ha partecipato nessun’altro. E la società di Colombo se l’è aggiudicato per 330mila euro. Più di dieci volte meno del valore stimato in 4,1 milioni da una perizia del 2012 e meno di un terzo del valore a cui il bene era stato messo a bando nel 2018, con base d’asta di oltre 1,1 milioni. Un buon affare: “Un buon affare che poteva fare chiunque, perché le aste sono pubbliche”, risponde lui.
La lista Insieme per Sesto accusa Colombo di non aver mai promosso, quand’era sindaco, alcun atto di indirizzo a livello urbanistico che attraesse qualche operatore e favorisse il recupero dell’area e di “aver aspettato la condizione più favorevole e aver comprato al prezzo più basso un’area abbandonata”. Ribatte Colombo: “Nei miei anni da sindaco ho chiamato più volte il curatore fallimentare per chiedergli di trovare investitori a cui avremmo concesso quel che volevano pur di sanare quell’opera”. Cosa che però il curatore Riccardo Broggini smentisce: “Non ho mai sentito questa cosa. Mi sembra un’affermazione improbabile se rivolta a un pubblico ufficiale qual è il curatore fallimentare”, dice contattato da ilfattoquotidiano.it, pur ricordando che “il sindaco mi era parso preoccupato per la pericolosità di quello scheletro immobiliare e per l’aspetto estetico non felice”. Secondo Colombo, “tra i problemi presenti, la famiglia di Sesto proprietaria di una parte chiedeva per venderla una cifra spropositata che scoraggiava gli operatori. Poi quella famiglia è andata in difficoltà economica, un pezzo della sua proprietà è finto all’asta e sul resto ha dovuto fare numeri differenti rispetto ai desiderata”.
A quel punto, dice Colombo, la situazione si è sbloccata. E la sua società ha acquisito area e cubatura. Creando però un cortocircuito tra impresa e politica. Colombo detiene il 25% del capitale sociale dell’azienda, pari a 125mila euro, benché sulle dichiarazioni obbligatorie da pubblicare sul sito della Regione abbia indicato 30mila nel 2017 e non abbia aggiornato il dato dopo l’aumento di capitale dell’anno scorso. Il consigliere regionale detiene anche il 49% della holding di famiglia, che a sua volta ha un altro 50% della Enrico Colombo spa.
“Non c’è alcun conflitto di interessi”, assicura lui. La sua azienda ha aggiunto nell’oggetto sociale le attività immobiliari tre mesi dopo la sua elezione a sindaco, come mai? “Volevamo costruirci la nuova sede in house. Il progetto era stato approvato dalla precedente amministrazione di centrosinistra nel maggio del 2009, ma poi non lo abbiamo realizzato per il sopraggiungere della crisi”. Come può pensare che non abbia influenza sulla giunta uno che è stato sindaco per due mandati, è capogruppo in comune della maggioranza che sostiene la giunta stessa ed è anche consigliere regionale? “La giunta è composta da uomini liberi e intelligenti”. Però sarebbe meglio dimettersi da consigliere comunale, come ha detto prima. No? “Questo è provocatorio. Cosa cambia? Tanto non lo voto neanche, per ogni cosa che riguarda quel progetto io esco. Scappano tutti così, lo sa? Gli imprenditori devono per forza scappare. E prendiamo solo i peggiori a far politica”. Davvero poco lusinghiero verso i colleghi in Comune e al Pirellone. Quelli che fanno i politici senza fare anche gli imprenditori.