di Giorgio Ceriani
Che sia chiaro: il vero problema per lorsignori (quello decisivo, macroscopico, campale) non è tanto santificare Draghi. Il loro problema è silenziare Conte!
E quand’anche (e ne siamo certi) la prima cosa (ossia la santificazione di Draghi) procuri a costoro un istintivo quanto irrefrenabile piacere, bisogna ribadire che essa rileva in funzione della seconda (ossia il silenziamento di Conte), di cui è variabile dipendente, sia quanto a tempistiche che quanto ad intensità, modalità e spregiudicatezze varie.
Può apparire un’osservazione banale e pure ininfluente, visto che – come ci hanno insegnato – cambiando l’ordine dei fattori il risultato non cambia. Il punto è che qui cambia: eccome se cambia! Anzi, insisto a dire che se non capiamo bene questa cosa, se non la sviluppiamo in tutte le sue diramazioni e non agiamo di conseguenza, non ne usciamo.
Capisco, infatti, il livore, l’indignazione, la rabbia dei tanti “alternativi”, “ribelli”, “critici-critici” che vedono in Draghi il male assoluto, il grande restauratore. Io stesso lo vedo e lo denuncio: anzi, lo denunciavo già prima, quando appunto sostenevo fermamente e quotidianamente Conte e il suo governo da tutti gli attacchi e demonizzazioni varie. E questo anche quando i (soliti) critici-critici magari erano già lì a discettare sull’alleanza col Pd, sulla presenza di quel renzino lì, sulla nomina di quel colletto bianco là. Non capendo che quel governo, quella esperienza politica andava comunque sostenuta in tutti i modi e in tutti i suoi limiti, perché appunto, l’alternativa era Draghi: non certo il socialismo o chissà quale altra rivoluzione dal basso.
Il punto era, ed è tuttora, quello di bypassare l’elemento personalistico o nominalistico della questione (Draghi, Conte, Renzi…) e riportarla alla sua essenza materiale di rapporto di forza. Ebbene, da questo specifico punto di vista, lorsignori hanno bisogno di una sola ma chiarissima cosa: neutralizzare i 5stelle e Conte. E neutralizzarli già in questa legislatura, per azzopparli e annullarli in vista delle prossime elezioni del 2023. Questa è la missione, lo scopo, l’escatologia presente nella fenomenologia draghiana. Questo è il punto decisivo e tutta l’operazione Draghi vale per questo unico e fondamentale motivo.
Purtroppo, gran parte dei “critici” e degli opinionisti “critici”, e tanto più quelli che si ergono con maggior vigore e baldanza contro Draghi (e i suoi “complici”), non vedono questo lato della medaglia, ossia che la santificazione di Draghi serve unicamente a veicolare la dannazione di Conte, sia in quanto persona sia in quanto proposta politica per il futuro, sia in quanto ricordo di un’entusiasmante esperienza politica passata che però, stando a sondaggi, partecipazione popolare e energie diffuse, è ancora perfettamente competitiva e capace di ambire a indirizzare ancora la scena politica.
Per questo, il loro opposto demonizzare Draghi senza valorizzare Conte, senza ribadire con forza il suo essere l’unica e vera alternativa al draghismo – beninteso: la sua alternativa non astratta, ipotetica, retorica, demagogica ma reale, fattiva e forte (forte perché radicale e forte perché sostenuta da consenso e masse) – non serve a nulla. Anzi, paradossalmente serve solo a demoralizzare ulteriormente Conte e i 5stelle nel loro difficile posizionamento mediano di vigilanza critica dentro questo governo, di resistenza attiva dentro questo governo, per difendere il difendibile e non permettere che tutto il malloppo finisca nelle tasche e nelle redazioni (giornalistiche) dei soliti noti.
Criticare Draghi senza rilanciare la linea di Conte e il progetto contiano “è giardinaggio”, direbbe qualcuno. E io lo ripeto e lo ribadisco volentieri: “Criticare Draghi, senza sostenere Conte, è giardinaggio!”. Sì, è giardinaggio, se non peggio: complicità con gli alti profili nel processo di sabotaggio, silenziamento e neutralizzazione di Conte, il loro unico spettro.