Tutti i lavoratori e tutte le persone che entrano nei luoghi di lavoro da venerdì 15 ottobre dovranno obbligatoriamente avere il green pass. Chi non avrà il certificato verde con il noto Qr code non potrà lavorare e la sua sarà considerata un’assenza ingiustificata. Il controllo spetta al datore di lavoro e la sanzione prevista per il dipendente che entra in azienda senza dichiarare di non avere il green pass va da 600 a 1.500 euro. A 72 ore all’entrata in vigore dell’obbligo, però, restavano ancora dei punti di chiarire: non solo sull’effettiva capacità del sistema di reggere il gran numero di tamponi che si renderanno necessari, ma anche l’effettiva modalità dei controlli. Per questo, Draghi ha firmato un nuovo Dpcm che prevede che il ministero della Salute renda disponibile ai datori di lavoro un’app – un’evoluzione di quella già usata nelle scuole e nelle attività commerciali – che consenta “una verifica quotidiana e automatizzata del possesso delle certificazioni verdi in corso di validità del personale effettivamente in servizio, di cui è previsto l’accesso ai luoghi di lavoro”. Il decreto che introduce l’obbligo, previsto almeno fino al 31 dicembre, potrebbe infine essere modificato dal Parlamento in sede di conversione in legge.
Il Dpcm traccia appunto il percorso dei software e delle applicazioni necessari per la verifica del passaporto vaccinali ai tornelli e all’ingresso degli uffici. Il provvedimento, messo a punto con il supporto dei tecnici della Sogei, è stato scritto da Mef, il ministero della Salute e ministero per l’Innovazione tecnologica. È previsto che “per far fronte a specifiche esigenze di natura organizzativa, come ad esempio quelle derivanti da attività lavorative svolte in base a turnazioni, o connesse all’erogazione di servizi essenziali, i soggetti preposti alla verifica” del Green pass “possono” richiederlo ai lavoratori “con l’anticipo strettamente necessario, ciò anche in relazione agli obblighi di lealtà e di collaborazione derivanti dal rapporto di lavoro”. Un sistema sul quale il Garante della Privacy, in via d’urgenza, si è espresso favorevolmente.
I vaccinati senza Qr code – Inoltre, le persone sprovviste di Qr Code, ma regolarmente vaccinati o in linea con quanto previsto per ottenere il green pass, potranno comunque accedere al luogo di lavoro, presentando i “documenti rilasciati, in formato cartaceo o digitale, dalle strutture sanitarie pubbliche e private, dalle farmacie, dai laboratori di analisi, dai medici di medicina generale e dai pediatri di libera scelta che attestano o refertano una delle condizioni” necessari.
I vaccinati all’estero – Anche i vaccinati all’estero, a lungo rimasti in un ‘limbo’ normativo, avranno garantito l’accesso tramite il sistema Tessera sanitaria che “acquisisce tramite apposito modulo online, reso disponibile sul portale nazionale della Piattaforma-DGC, i dati relativi alle vaccinazioni effettuate all’estero dai cittadini italiani e dai loro familiari conviventi nonché dai soggetti iscritti al Servizio sanitario nazionale che richiedono l’emissione della certificazione verde COVID-19 in Italia per avere accesso ai servizi e alle attività individuati dalle disposizioni vigenti”.
L’utilizzo del Qr code – Il Dpcm specifica inoltre che i qr code possono essere utilizzati dal datore di lavoro solo ed esclusivamente per verificare che il dipendente, a partire dal 15 ottobre, sia in regola per accedere al posto di lavoro, ovvero provvisto di passaporto vaccinale. Infatti, “è fatto esplicito divieto di conservare il codice a barre bidimensionale (QR code) delle certificazioni verdi COVID-19 sottoposte a verifica, nonché di estrarre, consultare, registrare o comunque trattare per finalità ulteriori rispetto a quelle previste” dalla legge “in esito ai controlli”.
Cosa rischia chi è senza pass – Chi è sprovvisto di certificato verde non può lavorare: la sua viene considerata assenza ingiustificata, con conseguente sospensione dello stipendio. La norma prevede anche che non verranno versati i contributi né si matureranno ferie. Non sono previste sanzioni disciplinari per chi dichiara di non avere il pass. Discorso diverso invece per chi entra nel luogo di lavoro senza ammettere di non avere il certificato: in questo caso scatta la sanzione amministrativa da 600 a 1.500 euro. Può avvenire nel caso in cui si utilizzi un green pass falso oppure perché quel giorno non si è stati controllati. Oltre alla multa, si rischiano anche sanzioni disciplinari.
Chi controlla il pass – Se il Dpcm in attesa di via libera disciplina le modalità dei controlli, la certezza è che sono i datori di lavoro a dover verificare il possesso del green pass, pena una sanzione da 400 ai 1.000 euro. L’azienda individua un responsabile dei controlli che tramite app scansiona il Qr code per accertarsi che sia valido, senza ottenere dati dal dipendente e senza sapere se il certificato sia “dovuto” al vaccino, alla guarigione o a un tampone. Nessuno infatti può richiedere una copia del pass.
Quanto spesso avviene il controllo – La verifica del green pass è ammessa anche a campione, ma devono riguardare almeno il 20% della forza lavoro. Tuttavia l’imprenditore è responsabile della salute dei suoi dipendenti e di conseguenza non è chiaro cosa possa accadere in caso di focolai in un’azienda. Allo stesso modo, il luogo dove si effettuano i controlli dovrebbe essere prima dell’ingresso, ma non è previsto un obbligo. Vale lo stesso ragionamento di cui sopra. Senza dimenticare, però, il rischio di assembramenti all’ingresso durante la verifica del pass.
Chi deve essere controllato – Non solo ai dipendenti, ma a tutte le persone che entrano in luogo di lavoro deve essere controllato il green pass. Sono compresi, ad esempio, anche i trasportatori. Allo stesso modo, le famiglie devono occuparsi della verifica per quanto riguarda colf o badanti. Deve essere invece il titolare di una ditta a controllare il certificato verde di muratori o idraulici che poi entrano nelle case per effettuare lavori.
Le altre regole – Con l’introduzione dell’obbligo di green pass non cambiano le altre regole previste dai protocolli aziendali per garantire la salute e sicurezza dei lavoratori. Laddove previsti, ad esempio, sia la distanza interpersonale che l’obbligo di mascherina devono rimanere garantiti.