Non è d'accordo Massimo Ciccozzi, direttore dell’Unità di Statistica medica ed epidemiologia molecolare del Campus Bio-medico di Roma, con le proposte di Zaia sui tamponi fai da te: "Utilizzarli ai fini del green pass per il ritorno al posto di lavoro è inaccettabile". Secondo Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, si può ipotizzare "un Green pass diverso, perché c'è una parte significativa di persone che non si vaccinerà"
Dal 15 ottobre sarà necessario esibire il Green pass per andare al lavoro, come prevede il nuovo Dpcm. Mancano pochi giorni e arrivano proposte (da parte di alcune Regioni a guida Lega e dal leader del Carroccio Matteo Salvini) con le quali si punta ad andare incontro a chi sarà ancora sprovvisto di certificato verde. In testa il segretario della Lega: “Allungare la validità di tutti i tamponi da 48 a 72 ore e garantire tamponi gratuiti a lavoratrici e lavoratori senza Green Pass. Lo chiede la Lega, lo richiede il buon senso”. Interviene anche il governatore del Friuli Venezia Giulia e presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, in un’intervista a ‘Radio Anch’iò su Rai Radio 1: “Noi abbiamo sollevato la necessità che le misure possano essere applicate anche dal punto di vista organizzativo. Stiamo parlando di quasi 5 milioni di persone coinvolte, non vaccinate, che potrebbero chiedere il tampone. Io ho dei dubbi – ha aggiunto – Se ci sono strumenti alternativi come l’autosomministrazione, ovviamente controllata, ben vengano. Già oggi in farmacia vengono venduti tamponi nasali. Io propongo, poi non è mio compito, ma vanno valutate le alternative. Noi dobbiamo ridurre al massimo il rischio: servono misure utili, ma applicabili”, ha chiuso.
“Si prenda atto che il 15 ottobre ci sarà una marea di lavoratori che non potranno avere il Green Pass, e non perché non hanno voluto fare il tampone, ma perché non è stato possibile farlo fisicamente”, ha invece detto Luca Zaia, a capo della Regione Veneto. “I numeri sono chiari: in Veneto ci sono 590mila persone in età lavorativa non vaccinate che avranno bisogno di un tampone ogni 48 ore: il sistema pubblico e le farmacie sono in grado di arrivare a 120 mila”. Quindi, precisa: “la soluzione è una sola: riconoscere la validità del tampone fai da te, come avviene negli altri paesi europei, e quindi la possibilità da parte delle aziende di fare in autonomia lo screening ai loro dipendenti, avremmo così anche uno screening preciso della realtà dell’epidemia sul territorio. L’imprenditore è la prima persona ad avere interesse di non trovarsi un positivo nel suo sistema produttivo. Purtroppo, ad oggi è vietato a chiunque fare test fai da te nel mondo del lavoro”. Massimo Ciccozzi, direttore dell’Unità di Statistica medica ed epidemiologia molecolare del Campus Bio-medico di Roma, non è d’accordo: ” I test tampone ‘fai da te’ per la diagnosi della positività al virus SarsCoV2 hanno una affidabilità ridotta e non credo sia opportuno pensare di utilizzarli ai fini della certificazione del green pass”, ha detto interpellato dall’Ansa. In particolare, sottolinea che l’affidabilità di questi ultimi è fra pari al “50-51%, quindi è come il lancio di una moneta. Ovviamente sono utili in casi di emergenza in cui non si hanno alternative, ma utilizzarli ai fini del green pass per il ritorno al posto di lavoro è inaccettabile”. Quanto alla richiesta di alcuni esponenti politivi si estendere a 72 ore la validità anche del tampone antigenico rapido, “penso che anche 48 ore di validità siano troppe. Dunque, una validità a 72 ore ritengo non abbia validità dal punto di vista epidemiologico e rappresenti, al contrario, un rischio”. Il tampone infatti, chiarisce l’esperto, “fornisce un dato relativo a qual momento circa la positività o negatività al virus di un individuo, ma è ovvio che nell’arco delle successive 48 e ancora di più 72 ore ci si possa infettare. A 72 ore, naturalmente, le probabilità di infettarsi sono ancora maggiori. Capisco che si tratti di un problema economico e di costi per i lavoratori non vaccinati che devopno sottoporsi a tali test, ma dal punto di vista epidemiologico l’estensione della durata della validità del test non è opportuna”.
Sul tema si esprime anche Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova: “C’è una parte significativa di persone che non si vaccinerà. Forse occorre pensare ad un Green pass diverso, alla francese, in cui è previsto solo per i vaccinati o i guariti, oppure così non serve. Meglio allora congelarlo per i luoghi di lavoro e ripartire tra un po’ di tempo. Un conto è usare il certificato verde al ristorante, al teatro o allo stadio, ma per entrare a lavoro è diverso”, ha detto all’Adnkronos Salute. “Secondo me a questo punto è meglio che si decida per l’obbligo vaccinale perché così diventa un tamponificio, mentre l’unico modo per avere la sicurezza è fare un tampone il giorno stesso, 2-3 giorni dopo non è la stessa cose e aumentano i rischi”.