Diritti

I resti dei migranti morti nel naufragio del 3 ottobre 2013 finiscono nelle fosse comuni di Sciacca. La sindaca: “Grave, non sapevamo”

Nella tragedia del 2013 morirono 368 persone che volevano raggiungere Lampedusa. Dieci di queste erano state seppellite al cimitero del Comune agrigentino, ma i familiari di alcune di queste - arrivate dalla Svizzera - non le hanno trovate nelle rispettive tombe. La denuncia del sacerdote eritreo don Mussie Zerai

La macabra sorpresa è arrivata proprio il 3 ottobre, anniversario della tragedia del naufragio del 2013, quando morirono 368 persone che volevano raggiungere Lampedusa con un barcone. Due donne, sorelle di una delle vittime della tragedia, arrivate dalla Svizzera a Sciacca (Agrigento) per rendere omaggio alla loro congiunta, l’unica delle dieci persone seppellite nel paese ad essere stata riconosciuta, hanno trovato la tomba con un altro nome, occupata da un altro defunto di una famiglia del posto. Allo stesso modo anche le tombe vicine, dove erano state seppellite altre vittime della tragedia del Mediterraneo, ancora senza nome, erano vuote o occupate da altri corpi, di persone morte da poco. Quei loculi, che come altri dei cimiteri della provincia agrigentina accolgono le vittime della tragedia, sono stati svuotati per far spazio ad altre persone. A denunciare l’accaduto è don Mussie Zerai, prete eritreo da sempre attento alle vicende che riguardano i migranti e i rifugiati, con la sua agenzia Habeshia: “Appena mi hanno detto della triste scoperta ho chiamato il sindaco che non sapeva quello che era accaduto – spiega – le due donne non tornavano a Sciacca dal 2018, e adesso hanno trovato il loculo, l’unico dove c’era un nome, occupato da un’altra persona, cosa che le ha lasciate senza parole sbalordite”.

I resti della donna sono stati trasferiti nella fossa comune, senza alcuna autorizzazione dei familiari, così come quelli di dieci migranti morti nel 2013 e seppelliti a Sciacca. “Abbiamo scoperto così che tutti coloro che erano stati seppelliti lì, tra cui coloro che non sono stati mai riconosciuti, sono finiti nella fossa comune del cimitero – denuncia ancora don Mussie Zerai – Ho presentato una segnalazione alla prefettura di Agrigento chiedendo che vengano anche controllati gli altri cimiteri della provincia, per constatare lo stato delle salme dei migranti”. Molte di queste non sono mai state riconosciute e nei vari cimiteri ci sono soltanto dei numeri e qualche foto sbiadita messa dai parenti impegnati in una ricerca che ancora continua: “Questo accade mentre è in corso il processo di identificazione delle vittime – dice ancora don Zerai – attraverso il Dna”. Il prete eritreo ha detto che sarà lui stesso, prossimamente, a fare una ricognizione di tutti i cimiteri dove sono state seppellite le salme del naufragio, cominciando da Agrigento dove, nel cimitero di Piano Gatta, le tombe sono in stato di abbandono e degrado.

Di quanto accaduto a Sciacca non ne sapeva nulla la sindaca Francesca Valenti, che non aveva mai autorizzato lo spostamento: “Si tratta di un gravissimo episodio – ha spiegato – sarà nostro impegno riportare le salme negli stessi loculi dove erano stati seppelliti. Non sapevamo che erano state spostate le salme e cercheremo di capire come è potuto accadere”. La sindaca ha avviato una indagine interna per capire chi possa aver autorizzato lo spostamento delle salme nelle fosse comuni, mentre la prefettura di Agrigento si occuperà di una rendicontazione delle salme a 8 anni dalla più grande tragedia della storia recente della migrazione nel Mediterraneo. Le salme sono state seppellite in quasi tutti i cimiteri della provincia di Agrigento, molti dei quali sono però saturi o in attesa di lavori: capita così che per far posto ad altre persone, i primi a venire “sfrattati” sono coloro che, nella maggior parte dei casi, sono rimasti dei numeri senza nome.