Il premio Nobel per la fisica Giorgio Parisi nel suo intervento alla Camera dei Deputati ha fatto delle dichiarazioni blasfeme per tutti i governatori del mondo, per le istituzioni finanziarie e per i proprietari delle più grandi aziende al mondo. “Il prodotto interno lordo dei singoli Paesi sta alla base delle decisioni politiche, e la missione dei governi sembra essere di aumentare il Pil il più possibile, obbiettivo che è in profondo contrasto con l’arresto del cambiamento climatico”.

Non è il primo (è lo stesso Parisi che ricorda il discorso di Kennedy del 1968 a cui seguì la pietra miliare del report scientifico “The Limits to Growth” del 1972) e non sarà l’ultimo a contestare l’ideologia del Pil, ma è interessante osservare come appena tre giorni prima in Parlamento, alla notizia del Nobel per la Fisica 2021 assegnato a Parisi, tutte le forze politiche siano intervenute in elogio dell’Italia, della nostra grandezza e dei nostri ricercatori in mezzo a scroscianti applausi, tranne poi andare in direzione ostinatamente contraria rispetto alle dichiarazioni scientifiche.

Ora il Ministro Franco, il Ministro Cingolani, il Presidente del Consiglio Draghi e il Parlamento intendono ascoltare i maggiori esperti al mondo che fanno una dichiarazione così netta alla PreCop26 in quanto esperti della “comprensione dei sistemi complessi”? Vogliono continuare a perseguire una crescita cieca e a utilizzare il Pil come parametro unico e fondamentale delle politiche dell’Italia e dell’Europa intera? O ascolteranno Parisi e saranno alfieri del cambiamento di vincoli e parametri anacronistici presenti nel Patto di Stabilità europea che, in questo momento sospeso, resta in attesa di riforma?

Non siamo a corto di indici differenti dal Pil. Il nostro istituto di statistica nazionale, come quelli di tutto il mondo, è chiamato dalle Nazioni Unite a svolgere un ruolo attivo di misurazione dello sviluppo sostenibile e di monitoraggio dei suoi obiettivi e l’Istat lo fa con i Bes. L’Agenda globale ha definito 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile da raggiungere entro il 2030, articolati in 169 Target e oltre 240 indicatori, ma tutto questo diventa un esercizio inutile se poi il mondo gira in tutt’altra direzione.

Negli anni ’80 abbiamo avuto organizzazioni come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e l’Organizzazione Mondiale del Commercio che hanno sconquassato le economie dei paesi più poveri usando debito e aumento del Pil come leve per imporre privatizzazioni sfrenate. Tanto che oggi è sullo stesso sito del Ministero degli Esteri che si scrive “i limiti di un approccio spesso caratterizzato da eccessi delle politiche di liberalizzazione, talvolta avventate in economie ancora non del tutto mature e le manovre fiscali restrittive sono spesso critiche”.

Se l’approccio di Fmi, Bm e Omc è stato messo in discussione e abbiamo ottenuto l’arresto o la modifica di meccanismi malati è perché è nata la “Campagna per la riforma della Banca mondiale” con organizzazioni internazionali che hanno unito la loro forza nella lotta, nello studio e nelle proposte alternative provenienti dal variegato mondo del movimenti altermondialista o movimento dei movimenti. Oggi la Banca Centrale Europea, le regole economiche europee sui vincoli di bilancio e le agenzie di rating ripetono l’esperimento da tempo, con lo stesso schema, sui paesi ad economia avanzata come quelli europei imponendo la dottrina del Pil e del debito, che sta realizzando una politica ridistributiva dai più poveri ai più ricchi e una politica di inarrestabili crisi ambientali e climatiche che mettono a rischio il mondo così come lo conosciamo, coi suoi cicli naturali, le sue spiagge e i suoi boschi.

La conferenza sul clima di Glasgow, il pacchetto clima dell’Unione Europea Fit for 55 per ridurre le emissioni del 55% entro il 2030 e portarle a zero nel 2050 risulteranno inadeguate e insufficienti se non si affronta una riforma seria del Patto di Stabilità che dovrebbe diventare un Patto di Sostenibilità e della Bce. I vincoli del 3% sul deficit e del 60% sul rapporto debito/pil piegheranno ancora una volta i paesi europei a vendere i propri beni comuni e i loro enti locali indebitati a diventare incapaci di fornire servizi e benessere ai cittadini.

La meritevole mobilitazione per il clima del movimento globale Fridays for future sarà inefficace se non nascerà un fronte sociale internazionale che chieda la riforma del Patto di Stabilità in un Patto di Benessere e Sostenibilità, una riforma della Bce, delle banche, delle agenzie di rating, dando così forza ai governi europei che sostengono un vero processo rivoluzionario sui vincoli di bilancio.

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