L'ex direttore della Protezione civile in una intervista ha spiegato di aver segnalato con un sms l'imprenditore Buini, il supertestimone che ha fatto partire l’inchiesta, all'ex commissario che avrebbe conosciuto nel 2007 insieme all'uomo considerato il procacciatore delle ragazze alle feste di Berlusconi
L’affaire Luca Di Donna, l’avvocato vicino di studio di Giuseppe Conte prima che quest’ultimo diventasse premier, indagato dalla procura di Roma per associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di influenze dalla procura di Roma insieme ad altre 13 persone, ha inglobato altri protagonisti eccellenti. Quello di Guido Bertolaso, attualmente commissario per l’emergenza Covid in Lombardia, e Domenico Arcuri, ex commissario per l’emergenza Covid con il governo Conte, indagato nell’ambito dell’inchiesta dei pm di Roma su un appalto per le mascherine cinesi.
Di Donna, insieme al professor Gianluca Esposito, al legale Valerio De Luca, secondo gli inquirenti chiedevano soldi in cambio di consulenze per far ottenere commesse con la struttura del Commissario per l’emergenza Covid, Domenico Arcuri, che invece in questa inchiesta non è indagato. Per l’accusa Di Donna vantava entrature ad alto livello istituzionale. Una accusa che arriva dall’imprenditore Giovanni Buini, il supertestimone che ha fatto partire l’inchiesta. Ieri Corriere e Repubblica hanno svelato che Buini avrebbe effettivamente fatto un nome per accreditarsi con Arcuri. Quello dell’ex numero della Protezione civile con Berlusconi premier. Bertolaso, intervistato, però respinge al mittente l’ipotizzata raccomandazione raccontando di aver conosciuto Buini, “cinque o sei anni fa su un bellissimo campo da golf in Umbria. Mi ha fatto subito un’ottima impressione“. Buini, stando al racconto di Bertolaso, lo avrebbe chiamato per dirgli di essere in grado di fornire “fornire mascherine a norma, perfette, certificate, però Arcuri non lo conosco’”. Bertolaso, questo il suo racconto, gli fornisce la mail istituzionale “…scrivigli, spiegagli tutto e poi sarà lui a valutare, a decidere se è utile”. Ad Arcuri poi Bertolaso avrebbe inviato un sms: “Ti chiamerà questo ragazzo che forse può aiutarvi con le mascherine“. Una segnalazione in un momento in cui le mascherine erano introvabili e l’epidemia riempiva gli ospedali e mieteva centinaia di vittime. Quanto ad Arcuri “lo conobbi a palazzo Chigi nel 2007, quando un alto funzionario della Presidenza del consiglio, governo Prodi, mi convoca e mi presenta due persone: Arcuri, allora già capo di Invitalia, e Giampi Tarantini (l’imprenditore considerato procacciatore di ragazze per le feste di Berlusconi, ndr). In quella occasione mi dicono che avrebbero voluto realizzare un grande centro di Protezione civile in Puglia.
Arcuri con una lettera a la Repubblica replica e smentisce l’incontro con Tarantini: “Bertolaso, e gliene do atto, non smentisce di avermi introdotto il signor Buini, cosa peraltro perfettamente lecita. Sono invece esterrefatto nell’apprendere che io lo avrei incontrato, nel 2007 a palazzo Chigi, nell’ufficio di un alto funzionario della Presidenza del Consiglio, peraltro non identificato, dove era presente il signor Tarantini o peggio, che in quella sede io gli avrei presentato il signor Tarantini. Entrambe le notizie sono false, semplicemente perché non ho mai conosciuto, né incontrato in vita mia, il signor Tarantini”.
“Ho invece memoria dell’incontro, organizzato alla Presidenza del consiglio, cioè in una sede istituzionale, cui venni invitato, dei suoi contenuti e dei suoi partecipanti – aggiunge Arcuri – Sono certo che anch’essi ne avranno conservato il ricordo e che nessuno di loro definirebbe quella riunione né un tranello né una piccola imboscata. Così come ho memoria dei conseguenti, cordiali incontri che ebbi nell’ufficio del dottor Bertolaso. In nessuna di queste occasioni, mi preme ribadire, è mai stato presente il signor Tarantini”.
“Invito pertanto il dottor Bertolaso a un supplementare sforzo di memoria, in assenza del quale dovrò chiedere ai miei legali, a cui ho già dato mandato, di porre in essere ogni azione necessaria a tutelare la mia immagine e a ripristinare la verità dei fatti”.