Se la pandemia aveva portato, nel 2020, un calo del 6 per cento delle emissioni di CO2 legate all’energia, nel 2021 tra i Paesi del G20 ci sarà in media un aumento del 4 per cento, con Argentina, Cina, India e Indonesia che si prevede supereranno i rispettivi livelli del 2019. E mentre la dipendenza dai combustibili fossili dei Paesi più ricchi del mondo rimane forte (e anche l’Italia non fa eccezione), Stati Uniti, Cina e India stanno guidando la crescita del consumo di carbone. Su 1,8 trilioni di dollari, i governi hanno speso solo 300 miliardi per la ripresa verde. Sono alcuni dei dati presenti nel Climate Transparency Report, la revisione annuale più completa al mondo sull’azione per il clima dei Paesi del G20. Il verdetto è che sono in ritardo, anche sulla finanza climatica. Il dossier 2021 rivela come, nonostante gli impegni di zero emissioni nette al 2050, e alcuni obiettivi climatici di medio periodo aggiornati, proprio queste potenze (che rappresentano il 75% delle emissioni globali di gas serra) stanno contribuendo ad avvicinare il pianeta alla soglia di riscaldamento di 1,5°C. Anche l’Italia non è sulla strada giusta per rimanere entro quel limite, pur riuscendo su alcuni fronti a portare a casa dati meno disastrosi rispetto a quelli di altri Paesi del G20. “L’obiettivo nazionale è di ridurre le emissioni del 38% al di sotto dei livelli del 2005 entro il 2030, ma per rimanere sotto 1,5 ̊C dovrebbero scendere di almeno il 72% a livello nazionale” scrivono gli autori del rapporto. Eppure l’Italia è particolarmente vulnerabile rispetto al cambiamento climatico con 997 vittime e un danno economico di quasi 1,65 miliardi di dollari all’anno a causa di eventi meteorologici estremi. Ragion per cui le misure di adattamento sono una necessità. Anche e soprattutto quelle che riguardano l’agricoltura, dato che è il settore dove sono più alte le possibilità di impatti già con un aumento della temperatura di 1,5 gradi.
Il Climate Transparency Report 2021 – Sviluppato da esperti di 16 organizzazioni partner della maggior parte dei paesi del G20, il rapporto si basa su 100 indicatori per le misure di adattamento, la mitigazione e il finanziamento. Quest’anno il G20 si è impegnato a presentare nuovi obiettivi climatici. Quattro giorni prima della scadenza finale del 12 ottobre, 16 membri (tra cui Francia, Germania e Italia nell’ambito degli Ndc europei) hanno consegnato i loro piani aggiornati. Gli obiettivi attuali, però, limiteranno il riscaldamento solo a 2,4°C. Con il vertice dei leader del G20 a Roma, il 30-31 ottobre, sotto la presidenza Italiana e il vertice COP26 a Glasgow dal primo novembre, il rapporto sottolinea la necessità che i leader delle principali economie mondiali passino nelle loro politiche dal livello della retorica all’azione. D’altro canto, tra il 1999 e il 2018 ci sono stati quasi 500mila decessi e quasi 3,5 trilioni dollari di costi economici dovuti agli impatti climatici in tutto il mondo, con Cina, India, Giappone, Germania e Stati Uniti particolarmente colpiti nel 2018.
Il ruolo dell’Italia – La emissioni di gas serra pro capite in Italia (escluse quelle dovute al consumo di suolo) sono al di sotto della media del G20 (6,5 rispetto a 7,5 tCO2 pro capita) e sono diminuite dello 0,94% tra il 2013 e il 2018 (la media degli altri Paesi è dello 0,71%), ma appena del 17% tra il 1990 e il 2018. “Le proiezioni attuali – si legge nel rapporto – mostrano che le emissioni raggiungeranno il 64% al di sotto dei livelli del 1990 entro il 2050”, mentre entro quella data bisognerebbe arrivare alla neutralità climatica”. Il settore dei trasporti ne è la principale causa con il 29%, seguito da quello energetico, dagli edifici e dall’industria rispettivamente al 25%, 22% e 17%: “Nel 2018, il 91% del trasporto passeggeri e l’85% di quello delle merci è stato su strada e i veicoli elettrici hanno rappresentato solo il 4,3% delle vendite di auto nel 2020”. Il mix energetico italiano è ancora dominato dai combustibili fossili (77%), leggermente inferiore alla media del G20 dell’81% nel 2020, mentre “l’intensità di carbonio è cambiata di poco”. Il consumo di carbone e petrolio è in diminuzione, ma la quota di gas naturale rimane stabile (42%) ed è un’importante fonte di emissioni, mentre la quota di rinnovabili nel mix è solo del 18%. Cresciuta solo del 9% tra il 2015 e il 2020, rispetto a una media del 24% (Paesi G20). Mentre l’Italia punta al 30% del consumo finale lordo di energia da fonti rinnovabili entro il 2030, come fissato nel Piano nazionale per l’energia e il clima (Pniec). Questo, però, non si allineerebbe con gli obiettivi europei di riduzione delle emissioni, così come il Piano nazionale di ripresa e resilienza non sarebbe il linea con gli obiettivi climatici al 2030. Solare, eolico, geotermico e biomasse rappresentano poco meno del 13% dell’energia italiana offerta (ma la media del G20 è del 7%).
Sussidi e finanza climatica – Nel 2019, l’Italia ha speso 9,6 miliardi di dollari in sussidi ai combustibili fossili per petrolio e gas. Non sono ancora disponibili dati completi per il 2020, ma secondo Energy Policy Tracker, lo scorso anno l’Italia ha impegnato almeno 3,8 miliardi di dollari per l’energia da combustibili fossili, buona parte (3,4) per la nazionalizzazione di Alitalia. Per quanto riguarda la finanza climatica l’Italia è al settimo posto, davanti a Canada e Australia, per flussi finanziari bilaterali e quinto per i contributi ai fondi multilaterali per il clima nel 2017-18, in valori assoluti. Si è parlato anche di questo nei recenti vertici italiani in vista della COP 26, con l’annuncio del ministro della Transizione, Roberto Cingolani, di proporre un aumento (fino a un miliardo di euro) per la finanza climatica in favore dei Paesi in via di sviluppo.
Uno sguardo globale – A livello globale emergono alcuni sviluppi positivi, come la crescita dell’energia solare ed eolica tra i membri del G20, con nuovi record di capacità installata nel 2020. La quota di rinnovabili nell’approvvigionamento energetico dovrebbe passare dal 10% nel 2020 al 12% nel 2021. E nel settore energetico, le rinnovabili sono aumentate del 20% tra il 2015 e il 2020 e si prevede arrivino a quasi il 30% del mix energetico del G20 nel 2021. Tuttavia, gli esperti osservano che, a parte il Regno Unito, i membri del G20 non hanno né a breve né a lungo termine strategie in atto per raggiungere il 100% di rinnovabili nel settore energetico ben entro il 2050. Allo stesso tempo, però, la dipendenza dai combustibili fossili non sta diminuendo. Al contrario, si prevede che il consumo di carbone aumenterà di quasi il 5% nel 2021, mentre il consumo di gas è già aumentato del 12% in tutto il G20 dal 2015 al 2020. Se le energie rinnovabili stanno contribuendo a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili del Regno Unito, qui la notevole produzione di gas naturale rimane un problema. Il rapporto rileva che la crescita del carbone è principalmente concentrata in Cina (con il 61%), il più grande produttore e consumatore mondiale di carbone, seguita da Stati Uniti (18%) e India (17%).
I combustibili fossili – Stati Uniti e Australia fanno registrare le emissioni pro capite più alte del G20 (4,9 e 4,1 tCO2 contro una media di 1,4) per l’elevata quota di combustibili fossili, in particolare gas naturale e petrolio, utilizzati per la generazione di calore. Tra il 2018 e il 2019, i membri del G20 hanno fornito 50,7 miliardi di dollari (soldi pubblici) all’anno all’industria dei combustibili fossili. I maggiori fornitori sono stati Giappone (10,3 miliardi di dollari l’anno), Cina (poco più di 8 miliardi di dollari) e Corea del Sud (poco meno di 8 miliardi). E solo 13 membri del G20 hanno in atto un sistema nazionale per il prezzo del carbonio. Ergo: non sono in linea con la soglia di 1,5° gli Usa, a meno che non si fermi l’espansione delle infrastrutture petrolifere e del gas, mentre nel suo complesso l’Ue deve fare di più, dato che (nonostante il pacchetto ‘Fir for 55’) alcuni Stati (come l’Italia) stanno ancora investendo molto nel gas. Non sono in linea neppure la Francia (che dovrebbe aumentare la sua riduzione delle emissioni del 40% entro il 2030) e l’Argentina (dove l’esplorazione di gas naturale attraverso il fracking ha continuato ad aumentare nei giacimenti Vaca Muerta, dopo che la domanda di energia è ripresa nel 2021), mentre il Sudafrica ha presentato un nuovo ambizioso obiettivo climatico.
Ambiente & Veleni
Climate Transparency Report: “Ancora in aumento le emissioni di Co2 nei Paesi del G20. E i governi non spendono per la ripresa verde”
Anche l’Italia non è sulla strada giusta per rimanere entro quel limite, pur riuscendo su alcuni fronti a portare a casa dati meno disastrosi rispetto a quelli di altri Paesi del G20. “L’obiettivo nazionale è di ridurre le emissioni del 38% al di sotto dei livelli del 2005 entro il 2030, ma per rimanere sotto 1,5 ̊C dovrebbero scendere di almeno il 72% a livello nazionale”
Se la pandemia aveva portato, nel 2020, un calo del 6 per cento delle emissioni di CO2 legate all’energia, nel 2021 tra i Paesi del G20 ci sarà in media un aumento del 4 per cento, con Argentina, Cina, India e Indonesia che si prevede supereranno i rispettivi livelli del 2019. E mentre la dipendenza dai combustibili fossili dei Paesi più ricchi del mondo rimane forte (e anche l’Italia non fa eccezione), Stati Uniti, Cina e India stanno guidando la crescita del consumo di carbone. Su 1,8 trilioni di dollari, i governi hanno speso solo 300 miliardi per la ripresa verde. Sono alcuni dei dati presenti nel Climate Transparency Report, la revisione annuale più completa al mondo sull’azione per il clima dei Paesi del G20. Il verdetto è che sono in ritardo, anche sulla finanza climatica. Il dossier 2021 rivela come, nonostante gli impegni di zero emissioni nette al 2050, e alcuni obiettivi climatici di medio periodo aggiornati, proprio queste potenze (che rappresentano il 75% delle emissioni globali di gas serra) stanno contribuendo ad avvicinare il pianeta alla soglia di riscaldamento di 1,5°C. Anche l’Italia non è sulla strada giusta per rimanere entro quel limite, pur riuscendo su alcuni fronti a portare a casa dati meno disastrosi rispetto a quelli di altri Paesi del G20. “L’obiettivo nazionale è di ridurre le emissioni del 38% al di sotto dei livelli del 2005 entro il 2030, ma per rimanere sotto 1,5 ̊C dovrebbero scendere di almeno il 72% a livello nazionale” scrivono gli autori del rapporto. Eppure l’Italia è particolarmente vulnerabile rispetto al cambiamento climatico con 997 vittime e un danno economico di quasi 1,65 miliardi di dollari all’anno a causa di eventi meteorologici estremi. Ragion per cui le misure di adattamento sono una necessità. Anche e soprattutto quelle che riguardano l’agricoltura, dato che è il settore dove sono più alte le possibilità di impatti già con un aumento della temperatura di 1,5 gradi.
Il Climate Transparency Report 2021 – Sviluppato da esperti di 16 organizzazioni partner della maggior parte dei paesi del G20, il rapporto si basa su 100 indicatori per le misure di adattamento, la mitigazione e il finanziamento. Quest’anno il G20 si è impegnato a presentare nuovi obiettivi climatici. Quattro giorni prima della scadenza finale del 12 ottobre, 16 membri (tra cui Francia, Germania e Italia nell’ambito degli Ndc europei) hanno consegnato i loro piani aggiornati. Gli obiettivi attuali, però, limiteranno il riscaldamento solo a 2,4°C. Con il vertice dei leader del G20 a Roma, il 30-31 ottobre, sotto la presidenza Italiana e il vertice COP26 a Glasgow dal primo novembre, il rapporto sottolinea la necessità che i leader delle principali economie mondiali passino nelle loro politiche dal livello della retorica all’azione. D’altro canto, tra il 1999 e il 2018 ci sono stati quasi 500mila decessi e quasi 3,5 trilioni dollari di costi economici dovuti agli impatti climatici in tutto il mondo, con Cina, India, Giappone, Germania e Stati Uniti particolarmente colpiti nel 2018.
Il ruolo dell’Italia – La emissioni di gas serra pro capite in Italia (escluse quelle dovute al consumo di suolo) sono al di sotto della media del G20 (6,5 rispetto a 7,5 tCO2 pro capita) e sono diminuite dello 0,94% tra il 2013 e il 2018 (la media degli altri Paesi è dello 0,71%), ma appena del 17% tra il 1990 e il 2018. “Le proiezioni attuali – si legge nel rapporto – mostrano che le emissioni raggiungeranno il 64% al di sotto dei livelli del 1990 entro il 2050”, mentre entro quella data bisognerebbe arrivare alla neutralità climatica”. Il settore dei trasporti ne è la principale causa con il 29%, seguito da quello energetico, dagli edifici e dall’industria rispettivamente al 25%, 22% e 17%: “Nel 2018, il 91% del trasporto passeggeri e l’85% di quello delle merci è stato su strada e i veicoli elettrici hanno rappresentato solo il 4,3% delle vendite di auto nel 2020”. Il mix energetico italiano è ancora dominato dai combustibili fossili (77%), leggermente inferiore alla media del G20 dell’81% nel 2020, mentre “l’intensità di carbonio è cambiata di poco”. Il consumo di carbone e petrolio è in diminuzione, ma la quota di gas naturale rimane stabile (42%) ed è un’importante fonte di emissioni, mentre la quota di rinnovabili nel mix è solo del 18%. Cresciuta solo del 9% tra il 2015 e il 2020, rispetto a una media del 24% (Paesi G20). Mentre l’Italia punta al 30% del consumo finale lordo di energia da fonti rinnovabili entro il 2030, come fissato nel Piano nazionale per l’energia e il clima (Pniec). Questo, però, non si allineerebbe con gli obiettivi europei di riduzione delle emissioni, così come il Piano nazionale di ripresa e resilienza non sarebbe il linea con gli obiettivi climatici al 2030. Solare, eolico, geotermico e biomasse rappresentano poco meno del 13% dell’energia italiana offerta (ma la media del G20 è del 7%).
Sussidi e finanza climatica – Nel 2019, l’Italia ha speso 9,6 miliardi di dollari in sussidi ai combustibili fossili per petrolio e gas. Non sono ancora disponibili dati completi per il 2020, ma secondo Energy Policy Tracker, lo scorso anno l’Italia ha impegnato almeno 3,8 miliardi di dollari per l’energia da combustibili fossili, buona parte (3,4) per la nazionalizzazione di Alitalia. Per quanto riguarda la finanza climatica l’Italia è al settimo posto, davanti a Canada e Australia, per flussi finanziari bilaterali e quinto per i contributi ai fondi multilaterali per il clima nel 2017-18, in valori assoluti. Si è parlato anche di questo nei recenti vertici italiani in vista della COP 26, con l’annuncio del ministro della Transizione, Roberto Cingolani, di proporre un aumento (fino a un miliardo di euro) per la finanza climatica in favore dei Paesi in via di sviluppo.
Uno sguardo globale – A livello globale emergono alcuni sviluppi positivi, come la crescita dell’energia solare ed eolica tra i membri del G20, con nuovi record di capacità installata nel 2020. La quota di rinnovabili nell’approvvigionamento energetico dovrebbe passare dal 10% nel 2020 al 12% nel 2021. E nel settore energetico, le rinnovabili sono aumentate del 20% tra il 2015 e il 2020 e si prevede arrivino a quasi il 30% del mix energetico del G20 nel 2021. Tuttavia, gli esperti osservano che, a parte il Regno Unito, i membri del G20 non hanno né a breve né a lungo termine strategie in atto per raggiungere il 100% di rinnovabili nel settore energetico ben entro il 2050. Allo stesso tempo, però, la dipendenza dai combustibili fossili non sta diminuendo. Al contrario, si prevede che il consumo di carbone aumenterà di quasi il 5% nel 2021, mentre il consumo di gas è già aumentato del 12% in tutto il G20 dal 2015 al 2020. Se le energie rinnovabili stanno contribuendo a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili del Regno Unito, qui la notevole produzione di gas naturale rimane un problema. Il rapporto rileva che la crescita del carbone è principalmente concentrata in Cina (con il 61%), il più grande produttore e consumatore mondiale di carbone, seguita da Stati Uniti (18%) e India (17%).
I combustibili fossili – Stati Uniti e Australia fanno registrare le emissioni pro capite più alte del G20 (4,9 e 4,1 tCO2 contro una media di 1,4) per l’elevata quota di combustibili fossili, in particolare gas naturale e petrolio, utilizzati per la generazione di calore. Tra il 2018 e il 2019, i membri del G20 hanno fornito 50,7 miliardi di dollari (soldi pubblici) all’anno all’industria dei combustibili fossili. I maggiori fornitori sono stati Giappone (10,3 miliardi di dollari l’anno), Cina (poco più di 8 miliardi di dollari) e Corea del Sud (poco meno di 8 miliardi). E solo 13 membri del G20 hanno in atto un sistema nazionale per il prezzo del carbonio. Ergo: non sono in linea con la soglia di 1,5° gli Usa, a meno che non si fermi l’espansione delle infrastrutture petrolifere e del gas, mentre nel suo complesso l’Ue deve fare di più, dato che (nonostante il pacchetto ‘Fir for 55’) alcuni Stati (come l’Italia) stanno ancora investendo molto nel gas. Non sono in linea neppure la Francia (che dovrebbe aumentare la sua riduzione delle emissioni del 40% entro il 2030) e l’Argentina (dove l’esplorazione di gas naturale attraverso il fracking ha continuato ad aumentare nei giacimenti Vaca Muerta, dopo che la domanda di energia è ripresa nel 2021), mentre il Sudafrica ha presentato un nuovo ambizioso obiettivo climatico.
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L’Agenzia internazionale dell’energia striglia i governi sulla lotta ai cambiamenti climatici: Troppo poco, troppo piano
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Economia & Lobby
Caro bollette, a due settimane dagli annunci di Giorgetti il decreto slitta ancora: cdm rinviato a venerdì
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Io sono un artista libero, non mi sono mai schierato politicamente". Così Simone Cristicchi, ospite a 'Maschio Selvaggio' su Rai Radio 2, risponde alla conduttrice Nunzia De Girolamo quando fa notare al cantautore romano come la canzone sanremese 'Quando sarai piccola' sia piaciuta tanto a Elly Schlein quanto a Giorgia Meloni.
"Si tende sempre a identificare gli artisti politicamente, la musica invece non ha fazioni, non ha colori. Devo dire che tu hai messo insieme la destra e la sinistra", ha detto De Girolamo al cantautore arrivato quinto nella classifica finale. "Questo mi fa sorridere - ha confessato Cristicchi - sono molto contento di questo apprezzamento bipartisan, o anche super partes, che ha generato la mia canzone. Io sono sempre stato un artista libero, non mi sono mai schierato politicamente, proprio perché volevo che la mia musica e la mia arte potesse arrivare a tutti ed è giusto che sia così".
"Ovviamente ho le mie idee, come tutti, non le rinnego e non mi vergogno di esternarle quando è il momento e quando ho voglia, però - ha concluso il cantautore - sono veramente contento di aver fatto questa canzone che sia piaciuta più o meno a tutti".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Il caro bollette è un problema sempre più grave, che non possiamo più far finta di non vedere. Paghiamo le bollette più care d’Europa, che a sua volta paga le bollette più alte tra i competitor internazionali. Siamo i più tartassati tra i tartassati, con un evidente danno alla competitività delle imprese e al potere di acquisto delle famiglie. I lavoratori, in particolare, pagano questi aumenti tre volte: la prima in casa quando arriva la bolletta, la seconda perché le aziende devono metterli in cassa integrazione poiché con l’energia alle stelle perdono produttività, la terza perché l’energia spinge a rialzo l’inflazione e i prodotti nel carrello della spesa costano di più". Lo dice Annalisa Corrado della segreteria del Partito Democratico.
"Agire è possibile e doveroso. Possiamo farlo subito, a partire dalla protezione dei soggetti vulnerabili, oltre 3 milioni e mezzo di utenti, per il quali il governo vuole bandire aste che sarebbero una iattura. Bisogna fermarle immediatamente e riformare piuttosto l’acquirente unico, che al momento gestisce il servizio di tutela della vulnerabilità, perché possa tornare a stipulare i contratti pluriennali di acquisto, agendo come vero e proprio gruppo d’acquisto".
"È necessario inoltre agire ad ogni livello possibile per disaccoppiare il prezzo dell’energia da quello del gas: occorre lavorare ad una riforma europea dei mercati, scenario non immediato, agendo però contemporaneamente ed immediatamente per un “disaccoppiamento di fatto”, come quello che si potrebbe attuare supportando i contratti pluriennali con i produttori di energia da fonti rinnovabili (PPA, Power purchase agreement). Dovremmo prendere esempio dalla Spagna di Sanchez, inoltre, che ha imposto un tetto al prezzo del gas, ottenendo risultati brillanti che hanno trainato la ripresa d’industria ed economia. Dobbiamo fare di più e meglio per la transizione energetica per liberarci dalla dipendenza del gas: oltre ad insistere su sufficienza energetica ed elettrificazione dei consumi, dobbiamo agire ad ogni livello perché la quota di energia da fonti rinnovabili nel nostro mix di produzione cresca: questo è l’unico modo strutturale di far penetrare il beneficio in bolletta del basso costo delle energie pulite".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - “Allarmano e inquietano gli atti violenti rivolti in questi giorni contro le Forze dell’Ordine, a loro va la nostra piena solidarietà”. Lo dichiara la deputata di Italia Viva Maria Elena Boschi dopo gli incendi dolosi che hanno coinvolto questa mattina il commissariato e la Polstrada di Albano Laziale e nei giorni scorsi il comando della Compagnia dei carabinieri di Castel Gandolfo.
“Auguriamo agli agenti intossicati una pronta guarigione. Nell’attesa che sia fatta chiarezza sulle dinamiche e che i responsabili siano consegnati alla giustizia, non possiamo che schierarci senza indugio al fianco di chi ogni giorno si impegna per la sicurezza delle cittadine e dei cittadini”, conclude.
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Le bollette energetiche di famiglie e imprese sono alle stelle. Meloni ha fischiettato per mesi, ignorando anche le nostre proposte. E oggi annuncia il rinvio di un Cdm promesso ormai due settimane fa. Non avevano detto di essere 'pronti'?". Lo ha scritto sui social Chiara Braga, capogruppo Pd alla Camera dei Deputati.
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - "Tutto quello che ha a che fare con le emergenze vere di cittadini, famiglie, imprese passa in secondo piano nell’agenda del governo Meloni. Così è stato ed è per le liste d’attesa e per il diritto alla salute negato a milioni di concittadini, così è per il caro-bollette che da troppi mesi penalizza le aziende italiane e mette in ginocchio le fasce sociali più disagiate". Così in una nota Marina Sereni, responsabile Salute e Sanità nella segreteria del Partito Democratico.
"Oggi la segretaria del Pd Elly Schlein ha presentato proposte molto chiare e concrete, che raccolgono peraltro l’interesse di imprenditori e associazioni degli utenti. Il Cdm sul problema del caro energia pare invece che slitti a venerdì. La presidente Meloni ne approfitti per raccogliere le nostre proposte sul disaccoppiamento del prezzo dell’energia da quello del gas e sull’Acquirente unico".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - La lotta alle mafie andrebbe portata avanti "in maniera trasversale. Ma non stiamo vedendo disponibilità all'ascolto e al lavoro comune da parte di questa destra". Lo ha detto Elly Schlein al seminario sulla legalità al Nazareno. "Noi continueremo a fare da pungolo costante, il messaggio che deve arrivare chiaro alle nuove generazioni è che la mafia è un male, e un freno al nostro Paese. Il Pd oggi più che mai è intenzionato a portare avanti questo lavoro con determinazione, mano nella mano con le realtà che affrontano il problema ogni giorno e ne sanno certamente più di noi".
Roma, 24 feb. (Adnkronos) - Nel contrasto alle mafie "il ruolo delle forze dell'ordine e della magistratura è fondamentale. Noi riconosciamo e sosteniamo il lavoro quotidiano delle forze dell'ordine. Vanno sostenute le forze dell'ordine, come la magistratura, che invece vediamo attaccata tutti i giorni da chi governa". Lo ha detto Elly Schlein al seminario sulla legalità al Nazareno.