Il professore Giuseppe Remuzzi (Istituto Mario Negri) lo diceva già un anno fa ovvero l’esistenza della possibilità di curare a casa i pazienti con sintomi lievi di Covid evitando così i ricoveri utilizzando precocemente – anche prima del tampone positivo – un antinfiammatorio non steroideo. Lo studio Cover 1 aveva quindi dimostrato su un piccolo gruppo di pazienti l’efficacia di questo approccio che è entrato nelle linee guida lo scorso 26 aprile. Lo studio Cover 2 – pubblicato sulla rivista MedrXiv e quindi non ancora revisionato – ha messo a punto in un algoritmo l’intervento precoce con nimesulide. Otto medici di famiglia tra le Ats o Asl di Bergamo, Varese e Teramo – tra gennaio e maggio di quest’anno – hanno trattato così a casa 108 pazienti. In un solo caso c’è stata la necessità di ricovero ospedaliero, nell’altro gruppo di 108 pazienti malati di Covid, con le stesse caratteristiche anagrafiche e comparabili per età, sesso, patologie pregresse le persone che hanno avuto bisogno di essere trattate in una struttura ospedaliera sono state 12.
La premessa allo studio viene spiegata dagli stessi ricercatori, tutti italiani, che hanno firmato l’articolo: “Sebbene sia stato ottenuto un notevole successo nella gestione dei pazienti ospedalizzati con grave malattia da Covid… sono stati compiuti molti meno progressi con il trattamento ambulatoriale precoce. Abbiamo valutato se l’implementazione di un algoritmo di trattamento domiciliare – progettato sulla base di un razionale fisiopatologico e farmacologico – durante la fase iniziale e lieve della malattia potrebbe ridurre efficacemente i ricoveri ospedalieri”. E i dati sono stati quelli. L’algoritmo proposto, spiegano gli scienziati, ha ridotto dell’85%, la durata cumulativa delle degenze ospedaliere (da 141 a 19 giorni) e dei relativi costi (da 60,316 a 9,058 euro).
Il trattamento del protocollo ha anche ridotto “l’impatto” e accorciato “la durata dei sintomi, come la perdita di olfatto e gusto e la stanchezza, che al contrario possono persistere anche per diversi mesi. Gli antinfiammatori – somministrati precocemente – contrastano la sindrome iper-infiammatoria scatenata da Sars Cov 2. Il protocollo prevede che vengano eseguiti gli esami del sangue e, dopo aver valutato il quadro generale si possa procedere alla somministrazione degli altri farmaci previsti dalle linee guida. Il ricovero ospedaliero è previsto quindi alla fine di un percorso che non è stato risolutivo. Un protocollo efficace quindi, ma come aveva detto in una intervista al Fattoquotidiano.it il professor Remuzzi “vaccinarsi è l’unico modo per essere davvero protetti”. Naturalmente è importante continuare lavorare sugli approcci farmacologici e allo studio ci sono antivirali che sembrano promettenti. “Servono studi controllati, con grandi numeri di pazienti” perché in futuro “il medico di famiglia sarà di nuovo il protagonista delle cure e molti potranno guarire a casa senza bisogno dell’ospedale e della rianimazione”.