Il governo valuta una nuova riduzione del prezzo dei tamponi per i lavoratori non vaccinati. Alla vigilia dell’introduzione dell’obbligo di green pass per entrare nelle aziende e negli uffici, l’esecutivo cerca una soluzione in extremis per evitare blocchi e proteste, un rischio sottolineato anche dal garante degli scioperi. Il tema è stato sottolineato al presidente del Consiglio Mario Draghi dai sindacati durante l’incontro di questa mattina a Palazzo Chigi: “Abbiamo colto l’occasione per segnalare al governo” la necessità di “un abbassamento molto forte del costo del tampone e che si potenzi il credito di imposta su tutte le spese di sanificazione che permetta alle imprese di affrontare questa questione”, ha detto il leader della Cgil, Maurizio Landini.

È proprio questa l’ipotesi che sarà analizzata domani (venerdì) in Consiglio dei ministri: la possibilità che siano le aziende ad anticiparne i costi dei tamponi, con un conseguente potenziamento del credito di imposta per le spese di sanificazione anti-Covid. Non ci sarà quindi nessun azzeramento dei costi per le aziende che vogliano pagare i tamponi ai dipendenti, ma il governo valuta in queste ore di introdurre ulteriori deduzioni per le imprese, che hanno già un credito d’imposta al 30%. “Draghi ci ha assicurato che il governo deciderà nelle prossime ore”, spiega Luigi Sbarra, segretario della Cisl. “Ne discuteranno domani in Cdm, ci ha spiegato il presidente del Consiglio – gli fa eco Pierpaolo Bombardieri (Uil) – e lì decideranno il da farsi”. Ma a stretto giro arriva la replica secca di Carlo Bonomi. Quella del presidente di Confindustria è una chiusura: “C’è una disposizione di legge che prevede che il costo dei tamponi sia a carico di chi lo deve fare. Questa è la posizione, non è cambiato nulla”. Bonomi ha parlato dopo l’incontro al Nazareno con il segretario Pd Enrico Letta, che sul punto è stato ancora più netto: “Il tampone gratuito è come il condono per chi non paga le tasse. Noi siamo contro questa logica. Deve essere premiato chi è fedele, chi paga le tasse e chi si è vaccinato”.

“Vorremmo che tutte le aziende, non solo alcune, si assumessero l’onere del costo dei tamponi”, spiega Landini. Un’iniziativa che per ora è stata assunta da diverse imprese: da Ducati all’ex Ilva, per citare due esempi. “Sarebbe un segnale molto importante”, sottolinea il segretario della Cgil. “Abbiamo chiesto di rinviare l’applicazione del green pass almeno fino alla fine di ottobre, ma la risposta è stata negativa. Il governo ritiene che sia uno strumento indispensabile“, svela il segretario generale della Uil Bombardieri intervenendo nel pomeriggio a Un giorno da pecora su Rai Radio 1. Su questo, il governo, ha ribadito Bombardieri, si è detto disponibile a “ragionare sul fatto che abbiano un prezzo calmierato. Verificheranno nelle prossime ore”.

Resterebbe però il problema del numero di tamponi che si renderanno necessari a partire dal 15 ottobre: la Fondazione Gimbe ha stimato che serviranno tra 7,5 e 11,5 milioni tamponi antigenici rapidi a settimana, mentre nel periodo tra il 6 e il 12 ottobre ne sono stati effettuati appena 1,2 milioni. Inoltre, ha sottolineato sempre Gimbe, secondo Federfarma circa due terzi dei test vengono eseguiti nelle farmacie private, ma di queste meno della metà (8.331 su circa 19mila), oltre a 327 centri privati, hanno aderito all’accordo che garantisce i test a prezzo calmierato.

Se la possibilità di porre a carico delle aziende il costo dei tamponi dei lavoratori “dovesse essere confermata dal Consiglio dei ministri, saremmo di fronte a una vergogna“, dichiara il presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. “È inaudito e intollerabile che questo governo scarichi la scelta scellerata di applicare il green pass come lasciapassare governativo per andare a lavorare sulle spalle delle imprese già in crisi e piegate dalla pandemia. Fratelli d’Italia ribadisce a chiare lettere che la spesa dei tamponi deve essere interamente coperta dallo Stato e non debba ricadere né sui lavoratori né sulle aziende”, aggiunge Meloni.

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