I dimostranti protestano per la rimozione del giudice Tarek Bitar dall'indagine sulla tragica esplosione al porto. In un comunicato congiunto, i due gruppi che alimentano il dissenso dei manifestanti, Hezbollah e Amal, hanno anche parlato di "cecchini non meglio identificati" che hanno aperto il fuoco contro una "manifestazione pacifica"
Sono almeno 6 i morti e 30 i feriti negli scontri e nelle sparatorie che si sono scatenati durante una manifestazione a Beirut, in Libano, dove centinaia di sostenitori delle formazioni sciite Hezbollah e Amal si sono radunati, vestiti di nero, fuori dal Palazzo di Giustizia, per protestare contro il giudice Tarek Bitar riguardo all’indagine sull’esplosione al porto della capitale del 4 agosto 2020: l’accusa per lui è di essere uno “schiavo americano“, prevenuto contro i membri del partito islamista che ha tentato inutilmente di portare a processo. Dopo ore di sparatorie, esplosioni e violenze, l’esercito libanese fa sapere di aver ristabilito la calma, nonostante la tensione rimanga alta, nella rotonda Tayyune.
A tensioni ancora in corso e l’esercito aveva chiesto ai civili di lasciare le strade: le unità “apriranno il fuoco contro qualsiasi persona armata in strada e contro chiunque spari da qualsiasi direzione”. In un comunicato congiunto, i due gruppi organizzatori hanno parlato anche di “cecchini non meglio identificati” che hanno aperto il fuoco contro una “manifestazione pacifica”. Secondo i due partiti sciiti, vicini all’Iran e al governo siriano, “l’aggressione ha lo scopo di spingere appositamente il Paese verso la sedizione su base religiosa“.
Non è ancora chiaro cosa abbia fatto scattare la violenza. Un giornalista di Associated Press ha riferito di aver visto un uomo aprire il fuoco con una pistola, altri che tiratori sparavano in direzione dei dimostranti, forse per disperderli, dai balconi e dai tetti nel vicino quartiere di Tayyoune. Durante gli scontri sono stati usati anche Kalashnikov, pistole, Rpg e granate.
L’attuale premier libanese, Najib Miqati ha invitato alla calma, riferisce l’agenzia Nna. Ha detto di essere in costante contatto con il comandante dell’Esercito, il generale Joseph Aoun e con il capo del Parlamento e di Amal, Nabih Berri, e i ministri di Interni e Difesa. Insieme al presidente Michel Aoun sta continuando a sostenere pubblicamente il giudice Bitar: il Paese non può sopportare, secondo lui, la rimozione di un secondo giudice dall’inchiesta sull’esplosione al porto di Beirut. Gli scontri potrebbero però mettere seriamente a rischio la tenuta del suo governo, nato solo lo scorso settembre dopo uno stallo politico di 13 mesi. La protesta è stata innescata dal leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah: due giorni fa ha ha accusato Bitar di “prendere di mira politicamente” i suoi funzionari e alleati nelle indagini.