Ancora una volta i Paesi Bassi si confermano al primo posto nella difesa dei diritti Lgbt dando il via libera ai matrimoni fra persone dello stesso sesso anche all’interno della famiglia reale. Di recente l’erede al trono, la 17tenne principessa Catharina Amalia di Orange-Nassau, aveva pubblicato un libro intitolato Amalia, duty calls che ha fatto molto discutere perché definiva la monarchia olandese obsoleta e non al passo con i tempi, soprattutto in relazione al diktat che prevedeva la rinuncia al trono per i membri della famiglia reale che intendessero contrarre un matrimonio omosessuale.
Sebbene non si conosca quasi nulla della vita privata della principessa Amalia, figlia di re Guglielmo Alessandro, è noto a tutti il suo impegno sociale in difesa dei diritti Lgbt e le critiche contenute nel suo libro hanno spinto il Parlamento olandese ad affrontare una volta per tutte la questione che era già sorta all’inizio degli anni Duemila. Nei giorni scorsi il premier olandese Mark Rutte ha dichiarato: “Il governo crede che l’erede al trono possa anche sposare una persona dello stesso sesso e quindi non si ritiene che un erede al trono o un re debba abdicare se intende sposare una persona dello stesso sesso”. Parole chiare che non lasciano più ombra di dubbio, dato che Rutte le ha messe nero su bianco in una lettera con la quale ha risposto ad un’interrogazione parlamentare di due deputati liberali che sollevavano la questione delle tematiche di genere anche per i reali.
Un passo di civiltà che difficilmente verrà emulato da altri paesi in cui è presente una monarchia, se pensiamo, solo per fare un esempio recente, a quanto accaduto nella metà degli anni Duemila in India al principe omosessuale Manvendra Singh Gohil: costretto a sposare una donna, è caduto in depressione, è stato diseredato e ripudiato dalla famiglia dopo la decisone di divorziare e di fare coming out ed è stato colpito persino da minacce di morte. Il principe dello stato indiano di Rajpipla, che in tempi recenti ha confidato la propria storia al New York Times, era arrivato a tentare il suicidio per la volontà di affermare la propria libertà e la propria identità sessuale, e oggi, dopo essersi finalmente sposato con il suo compagno, porta avanti insieme a lui una fondazione dedicata all’educazione e alla prevenzione dell’Aids, decidendo di aprire le porte della sua grande dimora a chiunque si trovi in difficoltà dopo aver fatto coming out.
Anche rimanendo in Occidente, è altamente improbabile che altre famiglie reali vogliano aprire la strada al riconoscimento e alla legittimazione dei matrimoni gay. Pensiamo alla storia della monarchia britannica e ai tentativi di negare, nascondere o relegare al chiacchiericcio da tabloid le tendenze omosessuali o bisessuali di tanti aristocratici ed eredi al trono: dalle lettere che testimoniavano i due anni di relazione fra una giovane principessa Margaret, sorella della regina Elisabetta, e la sua coetanea Sharman, figlia dell’ambasciatore americano a Londra; alla bisessualità mai nascosta di Antony Armstrong Jones, marito di Margaret; dalla bisessualità del duca di Kent, zio della regina Elisabetta e di lord Mountbatten, cugino dei Windsor e ultimo vicerè d’India, ad almeno altri otto sovrani bisessuali che si sono seduti sul trono di Inghilterra lasciando testimonianza dei loro amori segreti in alcuni frammenti scritti o addirittura vere e proprie confessioni, come Riccardo Cuor di Leone che ammise di aver commesso “atti impuri con altri uomini”.
Per dovere di cronaca va detto che di recente Ivar Mountbatten, cugino della regina Elisabetta, ha contratto un matrimonio gay con il proprio compagno dopo aver divorziato dalla moglie con la quale aveva avuto tre figlie, ma non si tratta certo di un successore al trono di sua maestà. Ora resta da capire se i Paesi Bassi, compiuto questo grande passo in avanti, daranno il benestare anche all’adozione o alla fecondazione assistita per i membri della famiglia reale che si sposeranno con persone dello stesso sesso: secondo il premier Rutte è una questione “spaventosamente complicata” perché la costituzione olandese stabilisce che al re o alla regina possa succedere solo un discendente legittimo. Chi vivrà vedrà.