L’introduzione del green pass non è bastata per scalfire lo zoccolo duro di popolazione non intenzionata a vaccinarsi contro il Covid. Lo dimostrano anche i dati dell’ultima settimana (6-12 ottobre), analizzati nel monitoraggio della Fondazione Gimbe: il numero di nuovi vaccinati, ovvero delle persone che hanno deciso di effettuare la prima dose, è sceso da 493mila a 378mila. È il secondo calo settimanale consecutivo: un -23,2% in 7 giorni. Gimbe stima che i lavoratori senza protezione siano ancora 3,8 milioni: pertanto, da venerdì 15 ottobre il fabbisogno settimanale stimato di tamponi antigenici rapidi è compreso tra 7,5 e 11,5 milioni: un numero molto lontano dai 1,2 milioni effettuati nell’ultima settimana. Inoltre, secondo Federfarma, circa due terzi dei test vengono eseguiti nelle farmacie private, ma di queste meno della metà (8.331 su circa 19mila), oltre a 327 centri privati, hanno aderito all’accordo che garantisce i test a prezzo calmierato. “Per far fronte all’aumento del fabbisogno di test – spiega il presidente Nino Cartabellotta – è urgente sia ampliare il numero di farmacie e altre strutture autorizzate che aderiscono all’accordo, sia potenziare l’attività per aumentare il numero di tamponi”.
Alla vigilia dell’entrata in vigore dell’obbligo di green pass per entrare nei luoghi di lavoro, dunque, il rischio caos non riguarda soltanto le proteste e gli scioperi, ma anche il numero di tamponi che saranno necessari per garantire ai non vaccinati il certificato verde. Una situazione che però, sottolinea Cartabellotta, era prevedibile già da tempo. Con la progressiva estensione del green pass, infatti, il numero dei tamponi antigenici rapidi è aumentato del 57,7% in un mese, documentando indirettamente l’esistenza di una fascia di popolazione non intenzionata a vaccinarsi. Viceversa, la media mobile a 7 giorni dei nuovi vaccinati, dai quasi 172mila del 12 agosto è progressivamente calata fino a quota 54mila il 10 ottobre. “Già da fine settembre doveva essere visibile una netta risalita dei nuovi vaccinati, ma così non è stato”, commenta il presidente di Gimbe.
Al 13 ottobre (aggiornamento ore 10.33) il 77,5% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+402.786 rispetto alla settimana precedente) e il 73,3% ha completato il ciclo vaccinale (+534.900 in 7 giorni). Però nell’ultima settimana scende ancora il numero di somministrazioni (1.040.938). Il numero di vaccinati con almeno una dose cresce dell’1,2% nelle fasce 20-29 e 30-39, dello 0,9% nelle fasce 12-19 e 40-49, dello 0,7% nella fascia 50-59, mentre negli over 60 l’incremento non supera lo 0,3%. In particolare, per le categorie a maggiore rischio di malattia severa, sono ancora 3,2 milioni (11,8%) gli over 50 che non hanno completato il ciclo vaccinale, di cui 2,48 milioni non hanno ricevuto nemmeno una dose di vaccino.
“In assenza di dati ufficiali – spiega Cartabellotta – è possibile effettuare solo stime indirette del numero di lavoratori non ancora vaccinati”. Sono poco più di 6 milioni le persone in età lavorativa non vaccinate e secondo i dati Istat il tasso di occupazione in Italia nella fascia 20-64 anni è del 62,9%, quindi la Fondazione Gimbe stima circa 3,8 milioni di lavoratori senza protezione. “Alla vigilia del 15 ottobre – conclude quindi Cartabellotta – la politica e il mondo del lavoro devono fare i conti con alcune ragionevoli certezze. Innanzitutto l’attuale sistema che punta su farmacie e centri autorizzati non potrà garantire, almeno nel breve termine, un’adeguata offerta di tamponi antigenici rapidi a prezzo calmierato. In secondo luogo le proposte avanzate negli ultimi giorni (estendere validità dei tamponi a 72 ore, tamponi “fai da te”), oltre a non avere basi scientifiche presentano rischi di tipo sia sanitario, sia medico-legale e assicurativo. Infine, il numero dei nuovi vaccinati già da alcune settimane lasciava presagire un consistente ‘zoccolo duro‘ di lavoratori che, nonostante l’approssimarsi del 15 ottobre, non intende vaccinarsi volontariamente“. Secondo il presidente di Gimbe, quindi, “il governo deve prendere in considerazione l’obbligo vaccinale“.
Le buone notizie invece arrivano dall’andamento della pandemia. Per quanto riguarda il primo aspetto, Gimbe rileva nella settimana 6-12 ottobre, rispetto alla precedente, una diminuzione di nuovi casi, decessi, ma anche di ricoveri e terapie intensive. Scendono a 12 le Province con incidenza pari o superiore a 50 casi per 100mila abitanti. La media di 38 morti al giorno è inferiore rispetto ai 44 della settimana precedente. “A livello ospedaliero – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione – si registra un ulteriore calo dei posti letto occupati dai pazienti COVID-19: del 10,2% in area medica e del 14,5% in terapia intensiva”. “Continuano a scendere anche gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – spiega Marco Mosti – con una media mobile a 7 giorni di 19 ingressi/die rispetto ai 22 della settimana precedente”.
L’efficacia del vaccino sulla diagnosi di coronavirus, dopo essersi ridotta dall’88,5% (periodo 4 aprile-11 luglio) al 77,2% (periodo 4 aprile-26 settembre) – verosimilmente per l’aumentata socialità durante il periodo estivo – ora è risalita al 77,6% (periodo 4 aprile-3 ottobre). L’efficacia vaccinale si conferma, invece, molto elevata nel ridurre i decessi (94,6%) e le forme severe di malattia che necessitano di ricovero in area medica (92,5%) e in terapia intensiva (94,8%). Tuttavia, a partire da metà agosto, pur rimanendo superiore al 90%, il trend è in lieve riduzione per ospedalizzazioni (-2,4%), ricoveri in terapia intensiva (-2,2%) e decessi (-2,6%). Complessivamente nelle persone vaccinate con ciclo completo, rispetto a quelle non vaccinate, nelle varie fasce d’età si riduce nettamente l’incidenza di diagnosi (del 78,8%-84,6%) e soprattutto di malattia grave (dell’87,7-96% per ricoveri ordinari; del 90,4-98% per le terapie intensive) e decesso (dell’81,5-97,1%).