L'imputato, il 29 maggio 2016, fece fermare la processione di San Giovanni Evangelista davanti casa della famiglia Riina, a Corleone, e suonò la campanella facendo fermare tutti i fedeli
Era il giugno del 2016 quando la notizia dell’inchino durante una processione davanti alla casa di Totò Riina innescò prima una polemica e poi una inchiesta. Per quell’azione che indignò per le modalità è stato condannato in via definitiva Leoluca Grizzaffi. È stato infatti bocciato dalla Cassazione il ricorso del confrate che il 29 maggio 2016 fece fermare la processione di San Giovanni Evangelista davanti casa della famiglia Riina, a Corleone, e suonò la campanella facendo fermare tutti i fedeli. L’episodio ebbe una eco anche più ampia perché avvenuto dopo l’intervista televisione a Salvo Riina, figlio del boss, e perché era fresco il ricordo di altri due “inchini”, uno a Paternò e l’altro a San Michele di Ganzeria, nel Catanese.
La IIIsezione penale della Suprema Corte ha rigettato il ricorso di Grizzaffi che la corte di appello di Palermo aveva condannato perché nel corso della processione, dirigendo i portatori del fercolo del Santo, aveva per due volte ordinato la sosta del fercolo, per pochi secondi, davanti casa della famiglia Riina. Il confrate in primo grado era stato condannato a sei mesi. Per la Cassazione la condotta tenuta da Grizzaffi rientra nel reato di turbamento di funzioni, cerimonie o pratiche religiose del culto di una confessione religiosa, articolo 405 del codice penale.