Due accuse cadute, ma un altro rinvio a giudizio per Luca Palamara. L’ex presidente dell’Anm sarà processato a Perugia per un episodio di presunta rivelazione di segreto d’ufficio, in relazione alla quale è stato comunque prosciolto per una parte del capo d’accusa. Il giudice per l’udienza preliminare ha deciso il processo nell’ambito dell’inchiesta che coinvolge l’ex magistrato romano Stefano Rocco Fava. L’ex pm e ex consigliere del Csm – già a giudizio per corruzione – ha annunciato il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo per tutta la sua vicenda.
Palamara e Fava saranno processati (prima udienza il 19 gennaio) per avere rilevato ai giornalisti di due quotidiani “notizie d’ufficio che sarebbero dovute rimanere segrete”. Secondo la ricostruzione accusatoria, infatti, Fava, “con l’aiuto e l’istigazione” di Palamara, portava a conoscenza dei cronisti di avere predisposto una misura cautelare, in un procedimento a lui assegnato, “nei confronti di Amara” (Piero, ex legale esterno di Eni indagato da più procure e già condannato per corruzione in atti giudiziari) per autoriciclaggio e che “il procuratore della Repubblica “non aveva apposto il visto”.
I due sono invece stati prosciolti dall’addebito di avere rivelato che nel corso delle perquisizioni dello stesso procedimento “Fava aveva recuperato documentazione” che coinvolgeva la società Napag, l’Eni e Amara. Palamara è stato inoltre prosciolto dall’accusa di avere istigato l’ex procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio (già assolto con il rito abbreviato) a rivelargli “l’arrivo al Comitato di presidenza del Consiglio superiore della magistratura” di un esposto presentato da Fava riguardante comportamenti “asseritamente scorretti” dell’ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone.
Nello stesso troncone d’inchiesta, invece, Fava sarà processato per essersi abusivamente introdotto in un applicativo del ministero della Giustizia per la digitalizzazione degli atti acquisendo i verbali d’udienza e della sentenza del procedimento 62278/2012 “per ragioni estranee” a quelle per le quali aveva facoltà. Il suo obiettivo – sempre in base all’accusa – era di avviare una campagna mediatica ai danni di Pignatone, che da poco aveva lasciato la procura di Roma, e dell’aggiunto Paolo Ielo, anche con “l’ausilio” di Palamara (al quale comunque questo reato non è contestato). Il gup ha poi disposto il rinvio a giudizio di Fava per avere acquisito atti per far avviare un procedimento disciplinare nei confronti di Pignatone e operato una raccolta di informazioni volte a screditare Ielo.
Palamara ha invece sottolineato che “sono cadute le principali accuse” nei suoi confronti. “Sulla residua imputazione – ha aggiunto – il dibattimento servirà a fare luce sulla mia totale estraneità ai fatti”. “Una parte consistente dell’imputazione è già caduta in udienza preliminare, sia a causa della modifica dell’imputazione stessa fatta dal pubblico ministero, il quale ha riconosciuto la non corrispondenza al vero di due delle quattro notizie che sarebbero state oggetto di rivelazione, sia per la sentenza di non luogo a procedere emanata dal gup in relazione a una terza notizia” il commento dei difensori di Fava, gli avvocati Luigi Castaldi e Luigi Panella. “Quindi – hanno aggiunto – si ridimensiona complessivamente l’imputazione nei confronti del dottor Fava”.