“Non posso attraversare con il semaforo rosso solo perché sono in grado di farlo. Sarei di intralcio al traffico, rischierei di causare incidenti, provocherei disordine. Questa non è libertà“. Giovanna Cosenza, professoressa ordinaria di filosofia e teoria del linguaggio all’università di Bologna, usa un esempio quotidiano per spiegare il detto celebre: “La mia libertà finisce dove inizia la tua”. Lo usa anche per spiegare l’origine del testo Non solo Agamben, firmato insieme a un centinaio di colleghi fra filosofi e intellettuali italiani. Nasce per rispondere all’intervento del collega e accademico Giorgio Agamben, tenuto il 7 ottobre durante la seduta della Commissione Affari costituzionali. Alcuni punti: i vaccini sono ancora in fase sperimentale, le restrizioni imposte dal Green Pass – per la prima volta dopo l’istituzione delle leggi razziali del 1938 – instituiscono cittadini di seconda classe, la democrazia parlamentare è “erosa”. “Il nostro testo vuole mettere in luce la volontà, il pensiero e le intenzioni di una maggioranza, fra studiosi di comunicazione e filosofi, che si distanziano da queste idee, esposte da una minoranza”, prosegue Cosenza. “La nostra lettura è diversa e vogliamo che sia chiaro. Secondo noi, l’istituzione del Green pass e i vaccini sono semplicemente gli unici mezzi cui può ricorrere il governo per cercare di farci uscire dalla pandemia”.
Il testo prende in considerazione quattro aspetti centrali dell’intervento del professor Agamben e propone un’antitesi per ciascuno. Prima di tutto, il contributo della filosofia nei confronti della scienza: “Sebbene la filosofia debba certamente assumere un ruolo critico in relazione alla scienza”, si legge, “questo ruolo critico non può mancare di rispettare i risultati scientifici riportandoli non correttamente”- È perciò falso sostenere “Come ha fatto Agamben nell’audizione di qualche giorno fa al Senato, che i vaccini anti-Covid19 siano in una fase sperimentale: sono stati testati”. Secondo, la relazione dello Stato nei confronti dei cittadini. Agamben sostiene, nella sua audizione, che si è già verificato un passaggio dalla “società della disciplina” alla “società del controllo”, operato con il digitale e con le restrizioni di cui sopra. “E noi non siamo d’accordo”, specifica Cosenza, che rimanda all’intervento firmato da lei e gli altri colleghi: “È improprio sostenere che i troviamo in un’epoca in cui l’eccezionalità è diventata la regola, e che l’obbiettivo sia il controllo dello Stato sulla cittadinanza”. Si tratta invece di “un’emergenza sanitaria. che non ha nulla a che fare con altre forme di emergenza (come la lotta al terrorismo). Tale emergenza richiede procedure che sempre sono state adottate in questi casi a tutela degli interessi della comunità”, prosegue l’articolo. Terzo, la discriminazione tra cittadini. Secondo Agamben, “il vaccino è un mezzo per costringere le persone ad avere il Green pass, cioè un dispositivo che permette di tracciare in una misura che non ha precedenti i loro movimenti”. Il filosofo sostiene che il certificato verde sia perciò colpevole di creare cittadini di prima e di seconda classe. Da qui si snodano i paragoni e le “analogie giuridiche” compiute dal professore con l’Unione sovietica di Stalin e le leggi fasciste del 1938. Nell’articolo firmato anche da Cosenza si legge con chiarezza che “tale adozione non induce nessuna discriminazione tra classi di cittadini, avendo come suo scopo semplicemente la protezione della società nel suo complesso, riducendo la possibilità di contagio nell’incentivare le vaccinazioni. Sostenere il contrario sarebbe come sostenere che l’istituzione della patente di guida, fatta per limitare il più possibile il numero e l’entità degli incidenti stradali, determini una distinzione tra cittadini di serie A e cittadini di serie B”. Infine, quattro: la libertà individuale. “L’istituzione del Green Pass non comporta nessuna repressione della libertà individuale, essendo una condizione arcinota nelle comunità sociali che la libertà di una persona finisce quando lede la libertà di un’altra o le reca danno”. Ritenere l’opposto, quindi, “Sarebbe ancora una volta equivalente a sostenere che l’adozione di regole di circolazione sia lesiva della libertà individuale di movimento”, prosegue il testo.
Secondo Giovanna Cosenza, invece, è necessario lavorare sulla rassicurazione. Da mettere in atto con il linguaggio e con la comunicazione. “Perché una grande parte di chi ancora non vuole vaccinarsi in realtà ha molta paura. Io cercherei di agire sulle persone loro più vicine: chiederei a queste ultime di rassicurare i loro cari. È un problema che affonda le radici nell’emotività“. I timori vanno perciò dissipati “con un lavoro anche affettivo, non solo razionale. Si tratta naturalmente di un interventi difficili e delicati”. Intanto, la cronaca recente racconta le manifestazioni contro l’introduzione del Green pass obbligatorio sul posto di lavoro e restituisce, finora, un quadro meno grave del previsto. Il suggerimento proposto da Cosenza vale per tutti? “No. Resta, e resterà, un gruppo di irriducibili. Ma a mio avviso sono pochi e saranno sempre meno”.