Rischioso come può esserlo qualunque classico alla sua ennesima edizione - il cinema si prodiga in remake dello spadaccino poeta dal lungo naso fin dall’anno 1900 - il film di Wright è comunque “nato con la camicia”, in quanto già meta-adattamento dell’opera di Rostand per tramite del musical teatrale firmato dalla drammaturga Erica Schmidt, interpretato, peraltro, dagli stessi principali performer, ovvero Peter Dinklage e la Bennett
Dal gigante Depardieu al minuscolo Dinklage. Cyrano de Bergerac può cambiare dimensioni, forme e lingua ma quando la sostanza profonda dell’eroe creato da Edmond Rostand resta intatta ecco che l’eloquenza poetica dell’amore ritrova le sue identità e identificazione con il proprio pubblico. Così anche il musical cinematografico firmato da Joe Wright ha una sua ragion d’essere (visto), specie sul grande schermo. Prezioso, sontuoso e confezionato sul gusto “classicamente” patinato e politicamente corretto delle esigenze contemporanee, Cyrano è l’opera di punta della giornata odierna alla 16ma Festa del Cinema di Roma, con il suo regista (e la di lui compagna Haley Bennett, attrice protagonista nel ruolo di Roxanne) ad accompagnarlo anche in un Incontro Ravvicinato con il pubblico. “Sono stati i personaggi a scegliere me e non io a scegliere loro. Il punto da cui sono partito era capire se aveva senso relazionare il Cyrano con il mondo contemporaneo. La proposta è in questo film, la risposta la daranno gli spettatori” ha dichiarato il regista di pellicole celebri e premiate come Espiazione, Anna Karenina e L’ora più buia.
Rischioso come può esserlo qualunque classico alla sua ennesima edizione – il cinema si prodiga in remake dello spadaccino poeta dal lungo naso fin dall’anno 1900 – il film di Wright è comunque “nato con la camicia”, in quanto già meta-adattamento dell’opera di Rostand per tramite del musical teatrale firmato dalla drammaturga Erica Schmidt, interpretato, peraltro, dagli stessi principali performer, ovvero Peter Dinklage e la Bennett. A far sentire l’operazione il più possibile famigliare, va rivelato che la Schmidt è la moglie di Dinklage. Doppia coppia al lavoro, quindi, dentro a una sinfonia di ineluttabile impatto spettacolare, dall’elevato production value (a produrre sono i colossi MGM e Working Title) e dai talenti davanti e dietro lo schermo ben sortiti (fra cui l’eccellenza italiana di Massimo Cantini Parrini ai costumi e di Valerio Bonelli al montaggio) i cui nomi con molte probabilità si ritroveranno nelle nomination dei prossimi Oscar, a partire dal prodigioso protagonista finalmente sceso dal suo Trono di spade.
“Cyrano è’ una grande opera letteraria che parla a noi, è una storia che ci tocca intimamente e universalmente” ha sottolineato l’interprete in collegamento streaming dagli Stati Uniti durante la conferenza stampa. “Io sono un attore ma questo non mi vieta di nascondermi dietro a molti sipari, anche quando non recito, è ovvio che c’è qualcosa di me in tutto quello che faccio. La cosa eccezionale di Cyrano è che si colloca a stretto contatto con il tipo di comunicazione da cui siamo ormai travolti: egli è la versione antica di noi stessi quando siamo online, solo che Cyrano usa l’identità di qualcun altro. Oggi siamo più consapevoli del nostro aspetto che non nel passato, e abbiamo per questo più facilità a star bene nel nostro corpo” ha aggiunto Dinklage.
E, si diceva, c’è anche molta Italia nel Cyrano di Wright. Anzitutto per le riprese realizzate quasi interamente in Sicilia (Noto, Siracusa ed Enna) lo scorso ottobre in piene restrizioni da Covid, e poi per la partecipazione di Bonelli, già sodale col regista britannico, e Cantini Parrini, il quale non ha nascosto l’estrema difficoltà nella lavorazione ai costumi del film dal momento che “non arrivavano i tessuti e i vestiti a causa della chiusura delle frontiere”. In uscita italiana il 21 gennaio prossimo per Eagle Pictures, Cyrano convoglia la tipica esperienza spettacolare insita in questo genere teatral-cinematografico, evitando accuratamente di sorprendere chi ben la sa riconoscere. A valere, quindi, è soprattutto l’auspicabile capacità di divulgare un grande classico alle nuove generazioni cresciute, loro malgrado, proprio con Il trono di spade.