Avevano favorito la latitanza del boss Bernardo Provenzano e affermato il proprio potere sul territorio. Per questo il Tribunale di Palermo ha stabilito nei loro confronti la confisca di beni per un valore complessivo di oltre quattro milioni di euro, di cui tre milioni e mezzo appartenenti a Mario Salvatore Grizzaffi e Gaetano Riina, rispettivamente nipote e fratello di Totò Riina; a Rosario Salvatore Lo Bue, soprannominato ‘Saro Chiummino’, e al figlio Leoluca. Gli altri seicentomila euro sono stati sequestrati invece a Giampiero Pitarresi, arrestato nel dicembre del 2015 nell’ambito dell’operazione “Panta Rei” dei carabinieri di Palermo e attualmente detenuto perché condannato – in secondo grado – a anni 14 di reclusione con l’accusa di essere affiliato alla famiglia di Villabate. Già nel 2009 aveva subito una condanna per associazione mafiosa per aver fatto parte del gruppo che, in più occasioni, aveva fornito ausilio al boss latitante Bernardo Provenzano.

I provvedimenti di sequestro sono stati attuati questa mattina dai carabinieri dei Ros: l’operazione è arrivata al termine di un lungo percorso investigativo che aveva già consentito di assicurare allo Stato i patrimoni illeciti acquisiti nel tempo da Salvatore Riina e da Calogero Giuseppe Lo Bue, già colpiti da decreti di confisca e quest’ultimo anche già condannato in via definitiva per aver favorito la latitanza di Bernardo Provenzano. “Ai Lo Bue risultavano riconducibili una serie di beni, intestati fittiziamente a terzi, acquistati in assenza di redditi leciti compatibili nonché in condizioni di sperequazione”, spiegano gli investigatori dell’Arma. La confisca, riguardante abitazioni, conti correnti, libretti di risparmio, terreni e beni aziendali, colpisce persone con numerosi precedenti penali e “acclarati legami con la mafia”.

In particolare Rosario Salvatore Lo Bue ha avuto storicamente un ruolo attivo quale uomo d’onore e membro apicale della famiglia di Corleone, inserita nell’omonimo mandamento mafioso, negli anni in contatto con esponenti di spicco quali Salvatore Riina e Leoluca Bagarella. Mario Salvatore Grizzaffi è stato definitivamente condannato per aver commesso un’estorsione con metodi mafiosi, nell’ambito delle indagini che avevano fatto luce sulla rete di sostegno del boss Bernardo Provenzano nonché sulla riorganizzazione dell’associazione dopo la cattura del capo mafia avvenuta nel 2006 in località Montagna dei Cavalli a Corleone. In precedenza fu condannato anche per il favoreggiamento della latitanza di Giovanni Brusca.

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