La proposta di legge n. 43/2021, d’iniziativa dei deputati Manfred Schullian, Renate Gebhard e Albrecht Plangger, approvata all’unanimità dalla Camera dei deputati il 12 ottobre scorso, ha come obiettivo la modifica all’art. 142 del Testo unico di cui al R.D. n. 1592/1933, ovvero la “soppressione del divieto di iscrizione contemporanea a diverse università, a diverse facoltà o scuole della stessa università e a diversi corsi di laurea o diploma della stessa facoltà o scuola”.
Nel testo di accompagnamento della proposta di legge – che dovrà essere calendarizzata per l’approvazione del Senato – si spiega che la necessità di abrogare la norma risalente ai tempi del fascismo nasce dalla sua natura “anacronistica e non più giustificata nell’attuale contesto socio-culturale e politico”. Si aggiunge inoltre che l’abolizione del divieto di iscrizione a più corsi di laurea o post-laurea favorirebbe il “rientro dei cervelli” italiani e agevolerebbe il raggiungimento di “risultati migliori in tempi più rapidi per essere maggiormente competitivi sul mercato”. La legge sarebbe a costo zero per lo Stato. Il comma 2 dell’art. 2 specifica, infatti, che “dall’attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.
Come valutare questa iniziativa legislativa nel contesto delle università e del mercato del lavoro in Italia? In astratto, non vi possono essere obiezioni di principio a una decisione che amplia il perimetro della libertà individuale, fornendo la possibilità di iscriversi a più corsi di laurea o post-laurea contemporaneamente. In concreto, invece, la valutazione è più complessa. Il circuito virtuoso che si vorrebbe innescare appare di difficile realizzazione, se si tiene conto delle ultime statistiche: l’Italia occupa il penultimo posto nella graduatoria europea per il numero di laureati in rapporto alla popolazione e ha uno dei tassi più bassi di occupazione dei neolaureati in Europa, sia nella fase pre-Covid che dopo.
Come può risolvere questi due enormi problemi la riconquistata libertà di frequentare più corsi contemporaneamente? Se lo studente medio italiano – senza considerare i pochissimi Einstein in circolazione – fatica a conseguire un solo titolo di laurea, per effetto di quale magia dovrebbe essere in grado di ottenere più titoli? È evidente che la proposta di legge non introduce alcuna modifica sostanziale nella vita degli studenti universitari. Per questo servirebbero finanziamenti ingenti finalizzati a ridurre o eliminare le tasse, aumentare le borse di studio, costruire alloggi gratuiti per gli studenti, aumentare le biblioteche, sostenere la ricerca, etc. Né il numero degli iscritti può aumentare, a meno che non si voglia falsare la contabilità, contando più volte la stessa persona iscritta a più corsi.
Ciò che la proposta di legge può invece realizzare è l’aumento della pressione sociale sugli studenti, perché l’ideologia di fondo è quella neoliberale, che scarica ogni responsabilità di successo economico sull’individuo. Come si afferma nel testo di accompagnamento sopraccitato, l’obiettivo della legge è quello di ottenere “risultati migliori in tempi più rapidi per essere maggiormente competitivi sul mercato”. Spetta dunque al singolo studente essere all’altezza delle aspettative del mercato e dei suoi schizofrenici mutamenti: ti piace la filosofia, ma non ti dà da mangiare? Allora studia anche ingegneria e forse ce la puoi fare.
La competizione nel mercato del lavoro diventa in questo modo una intra-competizione, mettendo uno contro l’altro il futuro filosofo e il futuro ingegnere, rappresentate dalla medesima persona. Alla retorica mistificatoria sulla lifelong education – che nulla ha a che fare con il bisogno degli individui di continuare ad acquisire nuove conoscenze per meglio affrontare la vita e se stessi, ma che, al contrario, come dice Richard Sennett, vuole creare un individuo-lavoratore flessibile, mobile e sempre pronto per essere impiegato nei diversi settori della produzione – si aggiunge quella sulla multiple choice.
Gli studenti sicuramente ringraziano per le molteplici scelte astratte offerte loro dal Parlamento, ma al momento sono un po’ distratti dai problemi concreti, tipo pagare le tasse, trovare un alloggio che non li costringa a vendere un rene, seguire le lezioni in aule decenti, etc. etc.