“A Roma si aspettano qualcosa”. Messi da parte giri di parole e allusioni, il messaggio era chiaro: bisognava pagare qualcuno al ministero per far sì che i terreni espropriati venissero valutati a un prezzo maggiore rispetto a quello di mercato. L’inchiesta che ha scosso l’Aeronautica militare, con l’arresto per induzione alla corruzione del tenente colonnello Matteo Mazzamurro e del luogotenente Giuseppe Laera nell’ambito di una procedura di esproprio legato a lavori alla base Nato di Sigonella a Catania, potrebbe allargarsi.
Il sospetto della procura di Catania è che quello denunciato dal commercialista Michele Massimiliano Micale, legale rappresentante della Sater, società dell’editore de La Sicilia Mario Ciancio Sanfilippo, possa essere soltanto una delle manifestazioni di un sistema che prometteva condizioni economiche migliori a chi avrebbe dovuto cedere i propri terreni per fini di pubblica utilità. A patto, s’intende, di sapere essere riconoscenti, ovvero di pagare le mazzette.
“Ci dovete dare una mano se dobbiamo raggiungere quell’obiettivo. È opportuno supportare una serie di situazioni”. A pronunciare queste parole, senza sospettare che l’interlocutore avesse azionato il registratore, è il luogotenente Laera. Il 58enne originario di Putignano (Bari), a fine aprile, si presenta negli uffici della Sater per un incontro informale. Con sé ha una buona notizia: al ministero hanno trovato il modo per estendere l’area da espropriare da 60 ettari a 76. Una condizione questa che era stata posta dallo stesso Ciancio per rinunciare a un ricorso al Tar contro quello che altrimenti avrebbe considerato un danno: cedere a 17.800 euro a ettaro dei terreni agricoli in un momento in cui, grazie alla corsa verso il fotovoltaico, le quotazioni erano già lievitate in alto.
Quello del prezzo, tuttavia, resta al centro della trattativa tra il militare dell’Aeronautica e la Sater. Ed è a questo obiettivo che Laera fa riferimento quando parla dell’esigenza di avere un supporto. “Mi sono sentito con una persona che conosci, consiglierei di rivolgersi a lui perché ha delle dritte a livello ministeriale”, dice il luogotenente al legale rappresentante di Sater. Che poi aggiunge: “Lui ha i sistemi e i mezzi per fare da trait d’union”. Il nome segnalato da Laera a Micale è quello di un commercialista e docente dell’Università di Catania. Il professionista, nel prosieguo della vicenda, si tirerà indietro, portando il luogotenente dell’Aeronautica a commentare: “Ha paura, con molta onestà ce l’ho anche io”.
Passano poche settimana e Laera torna a Catania. In agenda c’è un nuovo colloquio con Micale. I due si confrontano su tanti aspetti fino al momento in cui, parlando di valutazione dei terreni, il militare mostra un foglietto su cui sono riportate cifre e formule matematiche. Si tratta del prezziario delle tangenti: per l’ulteriore sforzo che bisognerà fare al ministero bisognerà corrispondere una mazzetta che potrà andare dall’uno al tre per cento, in base alla quotazione che verrà data ai terreni di Ciancio. Anche in questo caso Micale va a riferire tutto agli uomini del nucleo di polizia economico-finanziaria delle Fiamme Gialle di Catania.
L’argomento verrà tirato fuori da Micale anche in una terza occasione, stavolta a essere presente sarà anche il tenente colonnello Matteo Mazzamurro, il superiore di Laera. Seduti al tavolo di un ristorante di Catania con vista sul mare, i tre parlano dell’iter in corso al ministero fino a quando il rappresentate di Sater chiede come la società dovrà comportarsi con le somme da corrispondere per oliare i rapporti a Roma. Mazzamurro risponde con quello che la giudice per le indagini preliminari Marina Rizza definisce “elusivo e scostante”. Il tenente colonnello ne parla con il luogotenente il giorno dopo la cena: “Ci ha scassato il cazzo. A me ha dato fastidio. Dico: una volta, poi chiudi il discorso, non lo ripetere. Vedi che non c’è feeling, non lo ripetere di nuovo”. Per la gip, tuttavia, Mazzamurro sarebbe stato pienamente coinvolto nella trattativa per la mazzetta ed è per questo che anche per lui, così come per Laera, ha disposto la custodia in carcere.
Come detto, però, l’intera operazione sarebbe stata possibile grazie all’impegno di qualcuno al ministero della Difesa. “Il referente a Roma che tratta queste pratiche va in pensione il 31 dicembre e c ‘è il vuoto. Il vuoto in amministrazione pubblica vuol dire burocrazia immensa”, dice Laera al collaboratore di Mario Ciancio Sanfilippo. Per la procura, la garanzia offerta dal dipendente del ministero sarebbe andata ben oltre la celerità nella conduzione degli iter. Stando a quanto appreso da ilfattoquotidiano.it, la Guardia di Finanza è già andata a bussare alla porta di Angelo Mastrangeli. Capo della sezione Espropriazioni del ministero della Difesa, al 65enne i militari delle Fiamme Gialle hanno sequestrato documenti, computer e telefonino. Nella convinzione che al loro interno potrebbero essere custoditi elementi fondamentali per ricostruire la portata del sistema illecito.