“Hollywood è una macchina che sputa banalità, priva di comprensione e conoscenze, è perfetta per andare in vacanza. Io grazie al cielo ne ho preso le distanze, quello è un luogo dove andare in vacanza, ma è una macchina infernale”. Acclamato, idolatrato, letteralmente assediato da orde di teenager (da Fiumicino all’hotel con l’effetto di un ritardo monstre sulla scaletta romana..), “travestito” da se stesso ma con qualche (evidente) chilo di troppo, Johnny Depp è finalmente giunto nella Capitale. Il “colpaccio” di Alice della Città – la sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma – ha portato con sé l’inconfondibile aura di “divo maledetto”, qualcosa di così tangibile, potente e concreto che si sprigiona dal suo modo di essere e di porsi, al punto da poter a buon ragione dichiarare che Johnny “non ci fa, ci è proprio”. E non stupisce il fatto che Hollywood e la sua carriera abbiano preso la via del divorzio: il dibattito, semmai, è capire chi abbia veramente lasciato chi.
La sua partecipazione alla kermesse diretta da Gianluca Giannelli e Fabia Bettini si lega alla presentazione della web-serie animata Puffins prodotta dalla ILBE (Iervolino and Lady Bacardi Entertainment, già produttori di Waiting for the Barbarians di Ciro Guerra, interpretato dallo stesso Depp), per la quale ha prestato la propria voce al personaggio di Johnny Puff. Una serie totalmente Made in Italy (creata da 160 cartoonists italiani e già venduta in 90 Paesi nel mondo) costituita da episodi indipendenti della durata di 5’ l’uno. Ciascuno di essi è “portatore di un messaggio educativo” – spiega Andrea Iervolino – e, a quanto pare, è proprio tale elemento edificante che ha spinto il “pirata” più famoso della storia del cinema ad abbracciare il progetto. Depp si è inventato un linguaggio tutto nuovo da fornire al suo personaggio animato: trattasi di “versi” risultanti dallo studio del modo di esprimersi dei bambini ma anche di volumi sulla psicolinguistica infantile.
E indubbiamente Johnny coi ragazzi ci sa fare. Sarà la straordinarietà dei suoi personaggi, così spavaldi e teneri insieme, o sarà soprattutto il suo approccio quasi infantile a questi caratteri “che mi sono arrivati, e che ho sempre accolto con grande gioia”. “Quando ero bambino vedevo sempre un canale televisivo che programmava dei film muti. C’erano quei geniali incredibili di Chaplin e Keaton, c’era la lingua delle immagini che sfidava l’assenza di parole. Perché – continua Depp – è molto più facile dire ‘ti amo’ che farlo capire senza parole. Quando sono entrato nei panni di Jack Sparrow ho accolto la sfida di un personaggio che uscisse da ogni cliché, che sapesse in definitiva parlare a chiunque e rimanere nella memoria come un classico d’animazione”.
Balbettando come fosse alla sua prima apparizione davanti a un pubblico, colui che ha dato vita a creature che hanno cambiato l’immaginario collettivo come Edward Mani di Forbice e Willy Wonka, non ha esitato un secondo annunciando che il successo di cui va più fiero sono i suoi figli “nulla vi si avvicina minimamente. Mentre in relazione al lavoro, appartengo alla scuola di pensiero per cui un attore non è mai soddisfatto di se stesso, perché se così fosse è pronto per la morte: alla fine ti adagi e rilassi, perdendo la voglia di andare oltre”.
Quanto alla carriera, la star-rocker dall’immancabile bandana e cappello in testa si è levato qualche sassolino dagli stivali. “La mia carriera è sempre allo stesso punto per quanto mi riguarda. Finora è stata interessante, ancora mi piace fare i film, ma per fortuna ho preso le distanze da Hollywood. Ciò che vorrei fare d’ora in poi, anche grazie alla collaborazione con ILBE, è aiutare i nuovi talenti a fare dei film partendo dalla creatività pura, quella che ha qualcosa da dire anche solo usando la tecnologia dei telefonini. Voglio sostenere le idee dei giovani tenendoli lontane dai falsi miti”.