Il centrodestra, per salvare l’unico capoluogo di regione di questa tornata amministrativa, ha dovuto aggrapparsi a un vecchio-nuovo sindaco di 69 anni, un sempreverde della politica, che appare moderato, ma strizza l’occhio alle destre. Roberto Dipiazza, infatti, è sbocciato cinque lustri fa, dopo aver avuto un notevole successo come imprenditore nel settore della grande distribuzione alimentare. Nel 1996 era diventato sindaco di Muggia, Nel 2001, forte di quel successo, si era candidato per il centrodestra a Trieste e a sorpresa aveva vinto al ballottaggio. Un astro nascente. Aveva fatto il bis nel 2006, sempre al ballottaggio (51 per cento di voti), con una lista civica, Dipiazza per Trieste. E’ la dimostrazione che vince sempre, ma non stravince mai, neppure quando ha l’onda favorevole di essere un uscente. Nel 2011 aveva dovuto accontentarsi di essere eletto consigliere comunale, perché non poteva ricoprire per la terza volta l’incarico. Si era consolato nel 2013 diventando consigliere regionale, ma nel 2014 era passato al Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano candidandosi alle Europee, senza essere eletto. A quell’epoca sembrava finito. Invece nel 2016 era rientrato in Forza Italia e si era candidato ancora a rifare il sindaco di Trieste, risultando eletto con il 52,63 per cento al secondo turno. Cifre simili a quelle uscite dallo spoglio di oggi, quando è stato eletto per la quarta volta, sicuramente un record per una città capoluogo di Regione.
Un sindaco in apparenza moderato, ma che ha spesso fatto l’occhiolino alle destre. Nel 2016 aveva cominciato il mandato cacciando i mendicanti dalle piazze. Nel 2017 durante la diretta della trasmissione Ring, su Telenova, si era lasciato andare al saluto romano, accompagnandolo col canonico “A noi!”. Poi aveva tenuto distinte le sale (e le sedi) per i matrimoni civili e le unioni civili tra persone dello stesso sesso. E aveva cacciato gli artisti di strada dal centro. Per non parlare di ordini e contrordini per non dare il dovuto risalto alle celebrazioni contrarie alle leggi razziali volute da Mussolini. In questa terra sensibile, che ancora porta dentro di sé tante ferite della storia, adesso Dipiazza ha fatto poker.
La rielezione è avvenuta in una città diventata negli ultimi giorni capitale delle manifestazioni no vax e no pass fino ai blocchi dei portuali e alle polemiche degli sgomberi con getti d’acqua e lacrimogeni della polizia e l’occupazione per tutta la giornata in Piazza dell’Unità. Probabilmente il dibattito i no vax non hanno condizionato l’esito del voto, visto che Dipiazza e anche il suo sfidante Francesco Russo, del centrosinistra, avevano assunto un profilo istituzionale. Entrambi avevano sottolineato il rischio di gravi danni all’economia della città in caso di blocco ad oltranza del porto. Dipiazza ha sfruttato, invece, ma senza grandi entusiasmi, cinque anni di amministrazione priva di particolari sussulti e ha goduto dell’appoggio del governatore leghista Massimiliano Fedriga. Eppure la sua rielezione non è un successo della Lega, con cui Dipiazza non ha nulla da spartire. Casomai il primo turno ha delineato – anche qui – una forte crescita di Fratelli d’Italia, diventato primo partito del centrodestra in città. Con 10.337 voti di lista, pari al 15,5 per cento, il partito della Meloni ha dettato le gerarchie nel centrodestra giuliano, visto che Salvini con soli 6.831 voti pari all’10,3 per cento è stato surclassato. Basti pensare che nel 2018, quando Fedriga fu eletto presidente, il partito di Salvini arrivò al 30,44 per cento nella città capoluogo, il triplo di adesso. Fratelli d’Italia aveva allora il 6,6 per cento, che ora si è moltiplicato di due volte e mezza.
“Ho vinto e questa è una cosa che non dimenticherò mai e farò sempre di tutto per la mia città con grande amore” ha detto Dipiazza. Aveva chiuso il primo turno con un promettente 46,9 per cento dei voti (38.847 consensi), lasciando lo sfidante del centrosinistra, Russo – vicepresidente del consiglio regionale, ex parlamentare, con origini nella Margherita – al 31,7 per cento (26.273). Li dividevano 12.610 voti. Difficile colmare il divario con un numero così basso di votanti, anche se Russo ci è arrivato vicino. Dipiazza ha chiuso con il 51,3 per cento (38.816 voti) e una forbice di poco meno di duemila voti. Russo ha recuperato parecchio in termini percentuali (arriva a 48,7 punti) e assoluti (36.858 voti, 10mila in più rispetto al primo turno). Non gli è bastato, anche se ha fatto il pieno tra le liste rimaste fuori dal ballottaggio come i Cinquestelle. Dipiazza prende lo stesso numero di voti rispetto al primo turno, ma si riconferma.