Se già al primo turno l’affluenza era stata da record negativo, il dato del ballottaggio – come prevedibile – è ancora più povero. Nei 65 Comuni al voto si è recato alle urne appena il 43,94% degli aventi diritto, un crollo di oltre dieci punti dal 54,64% di due settimane fa (ma in tutte le grandi città, esclusa Bologna, il dato era stato inferiore al 50%). Ai ballottaggi di cinque anni fa aveva votato il 50,52%, a quelli del 2011 il 60,21%. In tutti e tre i capoluoghi di Regione al voto (Roma, Torino e Trieste) il dato è stato inferiore alla media nazionale.

Roma – La maglia nera spetta alla Capitale, dove il dato dei votanti è fermo al 40,68%, otto punti in meno del primo turno (48,54%). A scegliere il sindaco sono stati meno di un milione di romani, appena 959.832 su 2.359.248 aventi diritto: cinque anni fa, per la sfida tra Roberto Giachetti e Virginia Raggi, erano stati 1.147.499 (duecentomila in più). A disertare le urne, come già osservato al primo turno, sono stati quei Municipi che nel 2016 avevano votato in massa per la sindaca M5s e due settimane fa hanno preferito Enrico Michetti a Roberto Gualtieri: salta agli occhi il misero 32,48% del Municipio VI (Tor Bella Monaca, Torre Maura, Torre Angela), l’unico in cui il candidato di centrodestra ha superato l’ex ministro al ballottaggio (53% contro 47%). Urne vuote anche nel Municipio X (Ostia e Acilia, 37,70%) e nel XV (Prima Porta, 37,92%), dove Michetti era andato meglio al primo turno (e adesso perde di poco). Il dato più alto, invece, è il 47,96% del Municipio II (Parioli, Flaminio, Trieste) in cui Gualtieri aveva già vinto prima e ora stravince 66% a 34%. Ma il nuovo sindaco a conti fatti è stato eletto con poco più di mezzo milione di voti, meno di un quarto dell’elettorato.

Torino – Nel capoluogo piemontese l’affluenza definitiva è stata del 42,14%, sei punti in meno del primo turno (48,08%) e 12 in meno rispetto al secondo turno del 2016, quando Chiara Appendino si impose su Piero Fassino (54,41%). La fuga dalle urne è stata tale che il nuovo sindaco, Stefano Lo Russo, è stato eletto con gli stessi voti ottenuti cinque anni fa da Fassino sconfitto (168.997 contro 168.880). Ancora una volta, a votare di meno sono state le suddivisioni che raccolgono i quartieri più difficili: appena il 35,66% in Circoscrizione 6 (Barriera di Milano, Falchera, Rebaudengo), il 35,86% in Circoscrizione 5 (Borgo Vittoria, Madonna di Campagna, Vallette). Proprio la 5 e la 6 erano le uniche due Circoscrizioni in cui al primo turno il candidato di centrodestra, Paolo Damilano, era arrivato sopra il rivale: quei voti mancanti sono stati decisivi per l’esito finale. Lo Russo a questo giro ha vinto ovunque, ma con un margine molto maggiore nelle zone in cui l’affluenza è stata più alta (il centro e i quartieri benestanti di Crocetta e Borgo Po).

Trieste – Nella città giuliana hanno votato in 77.816 su 184.489 aventi diritto, il 42,18%. Al primo turno erano stati 85.380, il 46,28%, cinque anni fa (al ballottaggio) 87.891 su 185.312, il 47,43%. Il calo dei votanti ha messo in difficoltà il sindaco uscente Roberto Dipiazza, del centrodestra, che due settimane fa staccava lo sfidante di centrosinistra Francesco Russo di oltre 12mila voti (38.847 contro 26.237), mentre al secondo turno ha guadagnato al rielezione soltanto al fotofinish (38.816 contro 36.858). Insomma, Dipiazza ha mantenuto gli stessi voti del primo turno (anzi, ne ha persi 31), mentre Russo ne ha guadagnati più di diecimila, che però non sono stati sufficienti a ribaltare l’esito.

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