“Gli elettori di centrosinistra sono stati più avanti di noi, si sono saldati e fusi con una vittoria trionfale”. Enrico Letta è convinto, o almeno così vuole farci credere: per il segretario dem l’unica strada per sopravvivere alle destre è la rinascita dell’Ulivo. Lo ha detto due settimane fa, lo ha ripetuto dopo i ballottaggi: serve una coalizione forte che metta insieme tutti, dal Pd ai 5 stelle fino a Carlo Calenda o addirittura l’arci-nemico Matteo Renzi. Anche per questo oggi ha scelto la Piazza Santi Apostoli, luogo simbolo del centrosinistra da Romano Prodi in poi, per i festeggiamenti. “Perché i simboli contano”, ha detto poco prima che in piazza partisse “Bella ciao”. Il leader neo-eletto deputato si gode la vittoria alle amministrative, anzi il cappotto di 8 a 2, e cerca di mettere un altro mattoncino al progetto di coalizione unitaria. Ma al di là delle parole di circostanza, l’impresa appare ancora titanica. E a ricordarglielo, senza mezzi termini, non è stata solo la freddezza di Giuseppe Conte che si è limitato a un drastico “ha vinto l’astensione”. Ma soprattutto uno che per il centrosinistra ha appena vinto le elezioni (e tra l’altro guadagnando +50mila preferenze rispetto a cinque anni fa): Beppe Sala. “Invito me stesso e tutti gli esponenti di centrosinistra a considerare questo un grande successo ma anche a immaginare che non è che c’è una strada tracciata e per il 2023 siamo a cavallo. C’è da essere felici e al contempo molto molto cauti“. Ecco quel “molto molto cauti”, pronunciato dal riconfermato sindaco di Milano che osserva dalla Lombardia i festeggiamenti nel centro di Roma, interpreta i dubbi di tanti. Perché servono le analisi delle sconfitte come quelle delle vittorie e i dem dovranno tenere conto di molti aspetti: dalla ferita dell’astensione all’alleanza ancora troppo ambivalente con il M5s. Insomma la festa c’è e ci sta tutta, ma, lo ha detto una sponda amica come può essere Sala, per il 2023 la strada è molto complicata e festeggiare prima del tempo può fare male il doppio.
La ferita e le conseguenze dell’astensione – Meno di un elettore su due è andato a votare per i ballottaggi. E’ una delle prime accuse fatte dal centrodestra: “Sindaci eletti da una minoranza di una minoranza”, ha sentenziato Matteo Salvini. Non che il leader del Carroccio, tra i principali sconfitti di questa tornata elettorale, abbia molti altri appigli a cui aggrapparsi, ma è chiaro che gli eletti dovranno affrontare il problema della scarsissima partecipazione. Farsi qualche domanda, chiedersi a chi parlano e come. In attesa dei flussi di voto, che spiegheranno nel dettaglio dove sono o non sono finite le preferenze in questo secondo turno, risulta chiaro che c’è una parte consistente degli elettori che ha preferito non scegliere. E tra questi, i principali indiziati, sono gli elettori che negli ultimi dieci anni hanno scelto e votato convintamente per i 5 stelle. Non a caso Giuseppe Conte, nelle poche righe di commento alle elezioni, ha dichiarato: “Il vero protagonista di questa tornata è in modo drammatico l’astensionismo“, ha scritto su Facebook. “Un astensionismo che sfiora il 60% è un dato che deve farci riflettere e dovrebbe allarmare tutte le forze politiche. Il Movimento 5 stelle ha il dovere di dare una risposta a chi non crede più nella politica come soluzione”. Una riflessione urgente per i 5 stelle che hanno perso completamente l’appeal (e spesso la credibilità) nelle periferie e tra chi diserta le urne, ma anche per il Partito democratico che progetta una coalizione giallorossa unitaria. E i vertici dem lo sanno bene, anche se oggi a dirlo sono i pochi: “La politica faccia i conti con l’astensione”, ha azzardato Piero Fassino da Torino. Senza dimenticare, che solo il sabato prima del voto, il centrosinistra ha riempito la piazza di Roma con quasi 100mila persone in solidarietà della Cgil presa di mira da Forza Nuova e neofascisti: una piazza politica che ha saputo mobilitare tutto il centrosinistra (compresi i 5 stelle) e il suo elettorato come non si vedeva da tempo. Anche quella mobilitazione è stata altamente “evocativa di simboli”: è sembrata una prova generale per mettere d’accordo tutte le forze a sinistra e per farlo su un pilastro come quello dell’antifascismo. Ma dopo quella prova di partecipazione, ora la sfida sarà dare un seguito e darlo in modo compatto.
Il rapporto ambivalente con i 5 stelle, le spinte di Letta e il gelo di Conte – Letta ci ha provato dopo il primo turno, ci ritenta ora: invoca l’Ulivo e dall’altra parte risponde il gelo. Perché la verità è che dentro i 5 stelle, anche con la gestione dell’ex premier, convivono almeno decine di anime ed è difficile dare risposte precise sul futuro. Gli esponenti 5 stelle della prima ora non possono che guardare con terrore a quello che è successo in questo turno di amministrative: un Movimento 5 stelle praticamente sparito in alcune zone, leader nazionali che cercano di preservare un’identità che nessuno sa più veramente dov’è e due sindache che erano i simboli di una ribalta, archiviate tra malumori e passi falsi. Sul fronte opposto, i “contiani” rispondono che per andare avanti lo choc era inevitabile e da oggi in poi si inizia a “riorganizzare” e “ricostruire”. Finora “si è seminato” e solo due settimane fa c’è stata la vittoria di Napoli con un primo banco di prova importante per i giallorossi. Senza dimenticare la buona tenuta alle amministrative in Sicilia e le piazze piene che Conte ha collezionato in tutta Italia (e ai dem la cosa non è sfuggita). Certo la rifondazione interna, già più volte annunciata, ora deve concretizzarsi prima che il gruppo si sfaldi definitivamente. E’ presto per dare sentenze e due anni, quelli che ci separano alle Politiche 2023, sono davvero molto lunghi. Ma anche con questo rapporto ambivalente tra Pd e M5s, dovrà fare i conti il centrosinistra vincitore. E le difficoltà si vedranno già nei primi passi concreti: Conte ha già annunciato che a Trieste, Torino e Roma il Movimento si metterà all’opposizione. Eppure se la coalizione vuole iniziare a fare sul serio a livello nazionale, dovrà prima o poi abbandonare i rancori locali. Trovare oggi un commento dei 5 stelle post elezioni sembra quasi impossibile: qualcuno rilancia le parole di Conte, altri festeggiano per le vittorie in Comuni come Noicattaro o Pinerolo, tutti gli altri lasciano trapelare commenti di “grande preoccupazione” senza esporsi in prima persona. “Noi come M5s dobbiamo riflettere e ripartire a pieno supporto di Giuseppe Conte“, ha detto il deputato Stefano Buffagni andando leggermente oltre. “Errori ne abbiamo fatti; io li considero esperienza fondamentale per non rifarlo in futuro e continuare a stare in mezzo alle persone ad ascoltarle e confrontarci con loro, stando lontano dalle logiche di palazzo”.