Così come nel Regno Unito, l’immunità calerà anche in Italia ed è proprio per questo che la terza dose di vaccino anti-Covid è necessaria per tutti. Questa in sostanza la tesi sostenuta dal microbiologo Andrea Crisanti in un’intervista a La Stampa: “Studi solidi – ha detto – dimostrano come dopo sei mesi la schermatura contro l’infezione cali dal 95% al 40% e dal 90% al 65% contro la malattia grave”. Una circostanza che, secondo il professore ordinario di Microbiologia all’Università di Padova, impone anche di tenere il punto su misure di protezione individuale come le mascherine e sul green pass.

“Il richiamo è il completamento della protezione mentre le cure sono palliative ed empiriche, tanto che si muore ancora di Covid“, ha spiegato Crisanti al quotidiano torinese. “I vaccini evitano malattia grave, ospedalizzazione e morte”, ha ricordato lo scienziato, convinto che la fine dell’emergenza il 31 dicembre “dipende dalla tenuta dell’immunità e da quanti morti vengono ritenuti accettabili”. “Il picco della campagna vaccinale è stato tra aprile e luglio, dunque da novembre a febbraio potremmo avere problemi”, ha aggiunto. Da qui l’evidenza: “Se l’Inghilterra non rappresenta la nostra situazione ideale, bisogna mantenere le mascherine al chiuso e fare il richiamo a tutti“.

Per Crisanti la spinta giusta in questo senso non può che venire dal green pass: “L’importante è non regalare ai pochi contestatori le persone psicologicamente fragili, che vanno invece recuperate senza obblighi e imposizioni”. Quanto ai tamponi, ha spiegato il microbiologo, “devono restare a pagamento, ma lascerei le aziende libere di offrirli ai dipendenti per non esasperare il conflitto. Poi sarebbe preferibile fare più molecolari che antigenici, dato che questi ultimi sono meno affidabili e con l’influenza che fa confusione bisogna mettere in sicurezza i luoghi chiusi”.

E sull’indagine nei confronti del virologo Massimo Galli per i concorsi universitari truccati, il professore ha commentato: “È una vicenda che mi addolora per la grande stima che provo per lui. Difficile esprimersi perché nel valutare i candidati entrano tante componenti: il valore scientifico, l’esperienza didattica, la capacità gestionale e l’interazione con i colleghi”. “Il sistema italiano è ipocrita e non permette di muoversi facilmente tra questi ambiti”, ha concluso Crisanti.

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