L’ex commissario straordinario all’emergenza Covid-19, l’ad di Invitalia Domenico Arcuri, è indagato dalla Procura di Roma per corruzione, peculato e abuso d’ufficio nell’ambito dell’inchiesta sull’acquisto per 1,25 miliardi di euro di 801 milioni di mascherine irregolari dalla Cina durante la prima ondata. Lo comunica il suo ufficio stampa, confermando la notizia già pubblicata lo scorso aprile da alcuni quotidiani e ricordando che per l’accusa di corruzione i pubblici ministeri Fabrizio Tucci e Gennaro Varone (coordinati dall’aggiunto Paolo Ielo) hanno già chiesto l’archiviazione, su cui si dovrà esprimere il gip Paolo Andrea Taviano. Arcuri è stato ascoltato sabato scorso dai magistrati, rendendo possibile – si legge nella nota – “un confronto e un chiarimento che si auspicava da molto tempo con l’autorità giudiziaria, rispetto alla quale sin dall’origine dell’indagine il dottor Arcuri ha sempre avuto un atteggiamento collaborativo, al fine di far definitivamente luce su quanto accaduto”. La Procura ha inoltre ordinato al Nucleo speciale valutario della Guardia di finanza di sequestrare le mascherine oggetto del reato presso la struttura commissariale nazionale e le sedi regionali della Protezione civile: molte, però, sono già state distribuite nella fase “calda” dell’emergenza. Su alcuni tipi di FFP2 le analisi di laboratorio danno un giudizio lapidario: “Attenzione! Dispositivo molto pericoloso!”, si legge nella nota corrispondente.
“Le indagini documentali – recita il decreto di sequestro datato 15 ottobre – hanno dimostrato come una considerevole porzione dell’intera fornitura sia stata validata sulla base di una sistemica sostituzione dei test-report, i quali inizialmente le accompagnavano, con altri”, che riportavano però “una data non già successiva ai primi, come sarebbe accaduto se si fossero ripetute le prove di laboratorio, ma antecedente la fornitura“. È singolare, notano i pm, il fatto che tale validazione abbia “quasi sempre seguito, e non anticipato, i pagamenti delle forniture, cosicchè le strutture Inail e Iss a supporto del Cts si sono trovate nella scomoda condizione di dover sconfessare, in caso di giudizio negativo, pagamenti con denaro pubblico già erogati”, scrivono. “Singolare, altresì, che sulle medesime forniture e sui medesimi documenti, mentre l’Inail a supporto del Cts ha ratificato le autocertificazioni, l’Inail centrale, investito della richiesta di validazione per la distribuzione privata dei medesimi dispositivi di protezione, l’ha respinta”. Le strutture della Protezione civile, conclude il provvedimento, “sono invitate, nel termine di 30 giorni dalla notificazione del presente decreto, a richiamare presso i propri depositi regionali tutti i Dpi e le mascherine in circolazione nei territori di rispettiva competenza”.
L’indagine della Procura capitolina ha ad oggetto le commissioni “indebite” per oltre 77 milioni di euro intascate dai mediatori che trattarono le maxi-commesse a tre consorzi cinesi tra marzo e aprile 2020. Oltre ad Arcuri e al suo vice Antonio Fabbrocini – responsabile unico del procedimento d’acquisto – sono indagate a vario titolo per traffico di influenze illecite, ricettazione, riciclaggio, auto-riciclaggio e frode in pubbliche forniture altre sei persone. Sono il giornalista Rai in aspettativa Mario Benotti (presidente del consorzio Optel e dell’azienda Microproducts) la sua compagna Daniela Guarnieri (ad della stessa azienda), l’imprenditore Andrea Vincenzo Tommasi (patron della Sunsky srl) il banchiere sammarinese Daniele Guidi, il trader ecuadoriano Jorge Solis e Antonella Appulo, ex segretaria al ministero delle Infrastrutture. Per gli inquirenti costituivano un “comitato d’affari”, un “sodalizio” composto da “freelance improvvisati desiderosi di speculare sull’epidemia” e “capace di interloquire e di condizionare le scelte della Pubblica amministrazione”.
La ricostruzione dei pm è contenuta, tra l’altro, nella rogatoria internazionale inviata lo scorso aprile a San Marino, dove risiede Daniele Guidi, uno dei presunti beneficiari dell’affare. “Mario Benotti, sfruttando le sue relazioni personali con Arcuri – si legge – si faceva prima promettere e quindi dare indebitamente da Andrea Vincenzo Tommasi, il quale agiva in concorso previo concerto con Daniele Guidi e Jorge Solis, la somma” di circa 12 milioni di euro, il profitto della “remunerazione indebita della sua mediazione illecita, siccome occulta e fondata sulle relazioni personali con il Commissario, in ordine alle commesse di fornitura dispositivi di protezione individuali ordinate dal detto Commissario alle società cinesi Whenzou Light, Whenzou Moon-Ray e Luokay”. Tommasi, Guidi e Solis, secondo gli inquirenti, si erano occupati di individuare e contattare quelle tre aziende, e per quel lavoro hanno ricevuto in cambio circa 65 milioni di provvigioni. Resta da capire se di questo guadagno illecito Arcuri fosse a conoscenza: per questo la Procura ha acquisito i tabulati telefonici da cui tra l’ex commissario e Benotti risultano, fra il 2 gennaio e il 6 maggio 2020, 2.529 tra telefonate (buona parte a vuoto) ed sms, 1.780 dal cellulare di Benotti.