Cronaca

Morto Angelo Licheri: tentò di salvare Alfredino calandosi nel pozzo di Vermicino

Aveva 77 anni ed era ricoverato in una clinica a Nettuno, vicino a Roma. Volontario, nella notte fra il 12 e il 13 giugno 1981 si fece calare a testa in giù e parlò con il bambino per 45 minuti

È morto Angelo Licheri, il primo a calarsi nel pozzo di Vermicino per tentare di salvare Alfredino Rampi. Licheri, 77 anni, era ricoverato in una clinica a Nettuno, vicino a Roma. I funerali si terranno intorno alle ore 15 nella parrocchia San Apostolo di Tre Cancelli, sempre a Nettuno. Licheri, volontario, si era diretto a Vermicino (Frascati) dopo aver letto del caso di Alfredino sui giornali. Si fece calare a testa in giù a una profondità di 60 metri nella notte fra il 12 e il 13 giugno del 1981. Parlò con con lui per 45 minuti e rimase nel pozzo a lungo, ma alla fine non riuscì a salvarlo. Intervistato da Fanpage per i 40 anni dall’episodio, si era espresso così: “Non mi sento un eroe, mi sento una persona che ha fatto di tutto per aiutare un bambino. Leggendo sul giornale di un bambino caduto in un pozzo, il mio unico pensiero è stato quello di andare in suo soccorso”. “Se c’è un eroe di tutta quella brutta storia, una vicenda sovrumana, è Angelo Licheri”, ha detto a LaPresse Tullio Berbanei che con Licheri, fu tra i primi a soccorrere il bimbo di 5 anni. “Sapevo che non stava bene, ma la sua morte è stata inaspettata lo stesso per me. Ho il rimpianto di non aver condiviso più momenti delle nostre vite, non ho coltivato la sua amicizia, nonostante il legame creato tra noi dal destino”.

L’intervento dei soccorsi durò tre giorni e fu oggetto di un’ampia e discussa copertura mediatica. Il pozzo era stato scavato da poco ed era ricoperto da una pesante lastra, un particolare che spinse, in un primo momento, a non credere che Alfredino ci fosse caduto. Fu un agente di polizia a ispezionarlo e a trovare il bambino: le operazioni si rivelarono subito molto complicate, dato che il pozzo aveva un’apertura al di sotto del metro di diametro e andava poi a restringersi man mano che scendeva. Secondo le stime, Alfredino era scivolato a 36 metri di profondità. Licheri, piccolo di statura e molto magro, iniziò la discesa poco dopo la mezzanotte fra il 12 ed il 13 giugno. Tentò di allacciargli l’imbracatura per poi tirarlo fuori, senza successo. Cercò inoltre di prenderlo per le braccia, ma Alfredino scivolò ancora più in profondità e si spezzò il polso sinistro. Licheri rimase a testa in giù 45 minuti, contro i 25 considerati soglia massima di sicurezza in quella posizione. Tra i primi tentativi fu calata una tavoletta di legno legata a delle corde: si bloccò. Divenne un ulteriore ostacolo per i soccorritori. Fu all’alba dell’11 giugno che arrivò una telefonata a Tullio Bernabei, caposquadra del soccorso speleologico del Lazio. Ventidueanni, Bernabei arrivò a Vermicino con la sua squadra. Bernabei si calò nel pozzo due volte, a testa in giù, dopo di lui si calarono anche Isidoro Mirabella, ribattezzato ‘l’uomo ragno’ e Maurizio Monteleone. Anche il presidente della Repubblica, Sandro Pertini, arrivò a Vermicino, dove si fece dare il microfono per parlare con Alfredino. Il 13 giugno, al terzo giorno, non arrivavano più segni di vita da parte del bimbo. Il suo corpo fu recuperato da tre squadre di minatori, 28 giorni dopo la sua morte.