I servizi erano ottenuti anche a scapito della sicurezza dei trasportati in ambulanza: così, secondo la Gdf, la cooperativa First Aid One, si aggiudicava appalti in tutta Italia "con conseguenti gravi disservizi". Dalle videoriprese effettuate in alcune ambulanze, è risultato che venivano raramente eseguite le sanificazioni prescritte dopo il trasporto di ogni paziente soprattutto in tempo di pandemia
“Gravi disservizi”, ambulanze quasi mai sanificate dopo il trasporto dei pazienti, lavoratori sfruttati e pochi mezzi utilizzati rispetto a quanto stabilito dai contratti con conseguenze sull’efficienza dei concorsi. Per questo motivo la Guardia di finanza di Pavia ha sequestrato la cooperativa operante nel settore dei trasporti sanitari, la First Aid One Italia, con sede legale a Pesaro e sede operativa a Bollate (Milano) affidataria di appalti pubblici per il servizio ambulanze in tutta Italia. L’inchiesta – diretta dal sostituto procuratore Roberto Valli e coordinate dal procuratore aggiunto Mario Venditti – che ipotizza i reati di caporalato e appalti truccati per un valore complessivo di circa 11 milioni di euro è un secondo filone dell’indagine che, già nel marzo scorso aveva portato all’arresto di 4 persone, tra le quali anche l’allora direttore generale di Asst Pavia.
La gip del Tribunale di Pavia Maria Cristina Lapi ha disposto un sequestro preventivo dell’intero compendio aziendale della cooperativa il cui patrimonio è di circa 5 milioni di euro oltreché il sequestro per equivalente di circa 200mila euro. Il pubblico servizio svolto dalla cooperativa non verrà comunque interrotto in quanto lo stesso Tribunale ha incaricato un amministratore giudiziario per la gestione e la corretta continuazione delle attività di soccorso.
I servizi erano ottenuti anche a scapito della sicurezza dei trasportati in ambulanza: così, secondo la Gdf, la cooperativa First Aid One, si aggiudicava appalti in tutta Italia “con conseguenti gravi disservizi”. Dalle videoriprese effettuate in alcune ambulanze, è risultato che venivano raramente eseguite le sanificazioni prescritte dopo il trasporto di ogni paziente soprattutto in tempo di pandemia: “In una delle ambulanze monitorate, in 20 giorni di lavoro con trasporto di 92 pazienti è stata sanificata solo in 4 occasioni mentre un’altra, in 9 giorni di servizio ed 86 pazienti trasportati, è stata sanificata un’unica volta”.
Stando alla ricostruzione dei finanzieri, sono risultate turbate gare vinte da First Aid One Italia a Pavia, Roma, Milano, Perugia, Ancona e Pescara. “In primo luogo – spiegano le Fiamme Gialle – la cooperativa agiva tramite prestanomi, al fine di occultare la costante presenza ed effettiva direzione aziendale da parte di uno degli indagati già condannato in via definitiva nel 2017 per turbata libertà degli incanti, ed aveva escogitato un metodo infallibile per aggiudicarsi tutti gli appalti a cui partecipava: proporre prezzi talmente bassi che talvolta superavano il limite della anti-economicità e assicurare, solo formalmente, una folta flotta di mezzi”.
Ma i prezzi bassi prezzi, spiega ancora la Guardia di Finanza, erano “ottenuti dallo sfruttamento dei lavoratori e dal numero dei mezzi impiegati che era sensibilmente inferiore a quello previsto da contratto”. La cooperativa – stando all’accusa – pagava i propri dipendenti con stipendi molto inferiori ai minimi salariali previsti dal contratto collettivo nazionale costringendo, di fatto, i propri lavoratori a prestare anche attività come volontari, traendone un enorme vantaggio concorrenziale. I volontari-lavoratori, costretti a turni di lavoro massacranti (per oltre 12 ore continuative e senza pause), spesso non avevano altra scelta se non quella di mangiare o dormire, quando possibile, all’interno della cabina sanitaria dell’ambulanza che sarebbe dovuta rimanere sterile.
Se ciò non fosse sufficiente erano anche costretti ad effettuare trasporti che esulavano dal loro impiego (come il trasporto di un motore all’interno dell’ambulanza). In tal modo il servizio – sempre secondo i magistrati – veniva espletato, nel pieno della pandemia in corso, in condizioni igienicamente precarie e pregiudizievoli per la salute degli ammalati, violando le più elementari norme sanitarie imposte dalla normativa anti Covid-19. Il numero “esiguo” di mezzi invece “comprometteva l’efficienza dei soccorsi a disposizione della collettività”. La “qualità del servizio” richiesto dall’appalto “era molto al di sotto di quanto pattuito”, creando “numerose e continue inefficienze unite a sensibili ritardi e mancate prestazioni sanitarie”, spesso “confermate” anche dalle “segnalazioni pervenute dai pazienti trasportati e dai medici in servizio presso i presidi ospedalieri”.