Ambiente & Veleni

Rinnovabili, l’impianto-simbolo di San Giovanni a Teduccio bloccato dalla burocrazia. Che allontana gli obiettivi del Recovery plan

La partenza della prima comunità energetica in Italia era prevista per aprile e simboleggiava il riscatto di un intero quartiere, dove la cronaca quotidiana parla di spaccio, abbandono, sparatorie ed emarginazione. Ma ancora è tutto fermo. E il resto del Paese non va meglio: andando avanti così raggiungerà l'obiettivo di installazioni tra 68 anni. Cingolani: "3 gigawatt di impianti fermi, anche se hanno la Valutazione di impatto ambientale favorevole. Bloccati dalle Soprintendenze con motivazioni incomprensibili”

A San Giovanni a Teduccio, Napoli, sette mesi fa è stata annunciata la partenza (prevista per aprile 2021) della prima comunità energetica in Italia, simbolo del riscatto di un intero quartiere, dove la cronaca quotidiana parla di spaccio, abbandono, sparatorie ed emarginazione. Eppure, dopo un percorso a ostacoli con protagonisti Comune, Sovrintendenza e Regione, il progetto non è ancora partito. E quello che è accaduto a Napoli non è molto diverso da ciò che accade in tutta Italia ai progetti legati alle rinnovabili.

Ne ha parlato lo stesso ministro della Transizione energetica, Roberto Cingolani, nel corso di un’audizione alle Commissioni Ambiente di Camera e Senato. “Abbiamo 3 gigawatt di impianti di rinnovabili fermi, anche se hanno la Valutazione di impatto ambientale favorevole, bloccati dalle Soprintendenze (del ministero della Cultura) per l’impatto paesaggistico”, ha spiegato, annunciando di volerli portare in Consiglio dei ministri per farli passare con i poteri sostitutivi del governo. “Ma spero – ha aggiunto – che non si dovrà fare questo per i cinque anni del Pnrr”. Davanti l’obiettivo che così rischia di saltare: “Dobbiamo installare 8 gigawatt di rinnovabili all’anno, per raggiungere l’obiettivo del 72% di fonti pulite al 2030. Questi impianti sono bloccati con motivazioni incomprensibili”.

LA COMUNITÀ ENERGETICA MAI PARTITA – E a Legambiente, promotrice del progetto di San Giovanni a Teduccio, sembrano incomprensibili anche le ragioni che hanno fatto rinviare la partenza di quella che avrebbe dovuto essere la prima comunità energetica d’Italia. L’impianto solare da 53 kilowatt realizzato dall’impresa 3E con un investimento di circa 100mila euro finanziato da Fondazione con il Sud, si trova sul tetto della sede della Fondazione Famiglia di Maria, che è parallelo alla strada (quindi non visibile). “Il Comune di Napoli ha bloccato il progetto – spiega a ilfattoquotidiano.it Mariateresa Imparato, presidente di Legambiente Campania – sostenendo che vi fossero una serie di vincoli e che avremmo dovuto rivolgerci alla Sovrintendenza”. Eppure c’è una legge, il decreto del Presidente della Repubblica 31 del 2017, che consentirebbe l’istallazione di impianti fotovoltaici non visibili all’esterno senza autorizzazioni. “Il punto è che non tutti i Comuni e le Sovrintendenze la conoscono e la applicano”, aggiunge. Di fatto, dopo il blocco del Comune “la Sovrintendenza ci ha chiesto di far riferimento alla Regione che, solo in questi giorni ci ha autorizzato ad andare avanti”. A quel punto è stata inviata la nota della Regione a Comune e, per conoscenza, alla Sovrintendenza. Ed ora si è in attesa del via libera definitivo da parte del Comune.

IN ATTESA 40 FAMIGLIE – Solo se il progetto andrà in porto l’energia pulita prodotta sarà condivisa da Fondazione Famiglia di Maria e da 40 famiglie del quartiere, in attuazione del Decreto Milleproroghe 2020, che aveva recepito la Direttiva 2001/2018 sulle comunità energetiche per progetti fino a 200 kW. Come proposto da un emendamento di Legambiente e Italia Solare (votato da tutti i partiti). Ma nel frattempo queste famiglie ancora aspettano. “E se per un impianto piccolo, per il quale si sarebbe dovuta seguire una procedura semplificata, abbiamo dovuto affrontare questo percorso a ostacoli, cosa si farà con le grandi opere del Pnrr?”, si domanda la presidente di Legambiente Campania. Presentando il progetto di San Giovanni a Teduccio, a marzo scorso, il vicepresidente nazionale di Legambiente Edoardo Zanchini ha ricordato che in Italia ci sono oltre due milioni di famiglie in condizione di povertà energetica: “Oggi possiamo aiutarle con l’autoproduzione e condivisione di energia da rinnovabili e attraverso interventi che riducono i consumi delle abitazioni”.

GLI OSTACOLI BUROCRATICI E IL RECEPIMENTO DELLA DIRETTIVA – A fine maggio, nel rapporto Comunità rinnovabili 2021 di Legambiente, si ricordavano i casi delle due comunità energetiche in via di realizzazione. Oltre a quella di Napoli, anche quella di Magliano Alpi (Cuneo). E poi l’esperienza di autoconsumo collettivo di Pinerolo e le altre 16 comunità energetiche in progetto, sette delle quali ancora nelle primissime fasi preliminari. Ma si chiedeva anche la semplificazione degli iter burocratici e regole certe. Come è andata a finire? “A Magliano Alpi la comunità energetica è stata avviata, diventando la prima del Paese. Ma ce ne sono anche altre già avviate – aggiunge Zanchini – e altre ancora che stanno aspettando il decreto legislativo con cui si recepisce anche la direttiva europea RED II (2018/2001) sulla promozione dell’uso dell’energia rinnovabile. Alcune non sono partite, perché il perimetro previsto dal Milleproroghe è molto ristretto. Le prospettive sono molto buone, anche grazie ai miglioramenti che ci saranno con il recepimento”. Una rivoluzione che dovrebbe portare le utenze dalle attuali 80 a circa 18mila, superando le questioni ancora aperte e le criticità emerse a partire dal dimensionamento del perimetro delle comunità energetiche, la potenza degli impianti, i problemi legati alle cabine secondarie, la definizione degli incentivi.

COME SI RALLENTA LA CORSA ALLE RINNOVABILI – Ma restano una serie di problemi: “Per esempio le autorizzazioni per gli impianti sui tetti degli edifici che si trovano nelle aree con vincolo paesaggistico, che sono tantissime e spesso poco chiare, come a Napoli. Andrebbe chiarito che se un pannello sul tetto è parallelo alla copertura, e quindi invisibile dalle strade intorno, non c’è bisogno del parere della soprintendenza a meno che lo stesso edificio non sia sottoposto a vincolo. È necessario fissare criteri per la valutazione da parte delle Soprintendenze oppure non si va da nessuna parte e ognuna potrà decidere in modo arbitrario”.

Rallentando la corsa alle rinnovabili. Ancora una volta, come mostrano i dati dell’ultimo report di Legambiente: non si arriva al GW di potenza complessiva con i 765 MW di solare fotovoltaico installati nel 2020 (appena 15 MW in più rispetto al 2019) e i 185 di eolico (73 MW in più rispetto al 2019). Di questo passo, gli obiettivi di decarbonizzazione risultano irraggiungibili al 2030, ma anche al 2040. Considerando un obiettivo complessivo di 70 GW di potenza al 2030 tra solare fotovoltaico ed eolico e la media di installazione degli ultimi tre anni per le stesse fonti (circa 513 MW), il nostro Paese raggiungerà il proprio obiettivo di istallazioni tra 68 anni.