Il premio Sacharov per la libertà di coscienza è andato quest’anno ad Alexei Navalny. Il dissidente russo, che dal 17 gennaio scorso, giorno del suo ritorno in patria dopo il ricovero a Berlino in seguito all’avvelenamento da Novichok del 20 agosto 2020, non potrà ovviamente prendere parte alla cerimonia di premiazione al Parlamento europeo che gli ha riconosciuto l’impegno a favore dei diritti umani. Ma dal suo staff esultano parlando di un riconoscimento “pienamente meritato, grazie a tutti quelli che ci hanno sostenuto”, come scritto su Twitter da Leonid Volkov, il suo braccio destro ormai in esilio. “Urrà!”, ha commentato invece Ivan Zhdanov, direttore del Fondo anti-corruzione, sempre su Twitter.
“Il Parlamento europeo ha scelto Alexei Navalny come vincitore del Premio Sacharov di quest’anno. Navalny ha condotto una strenua campagna contro la corruzione del regime di Putin e, attraverso i suoi account social e le campagne politiche, ha contribuito a denunciare gli abusi interni al sistema riuscendo a mobilitare milioni di persone in tutta la Russia che hanno sostenuto la sua protesta. Per questo è stato avvelenato e imprigionato”, ha dichiarato il presidente dell’Eurocamera, David Sassoli, presentando le motivazioni del riconoscimento e tornando a chiedere, come fatto più volte nel corso di questo anno, “il rilascio immediato” dell’attivista oppositore di Vladimir Putin.
Il nome di Navalny, che nei mesi scorsi ha più volte denunciato dal carcere le cattive condizioni detentive e le sue precarie condizioni di salute, era tra i papabili anche per l’attribuzione del Premio Nobel per la Pace, andato poi alla giornalista filippina Maria Ressa e al russo Dmitry Muratov, direttore del giornale russo Novaya Gazeta, dove ha lavorato per anni Anna Politkovskaja. Proprio Muratov, parlando a poche ore dall’attribuzione dell’importante riconoscimento, aveva dichiarato che, se fosse stato nella giuria, avrebbe proposto di conferire il premio a Navalny.