Televisione

Anna Valle a FQMagazine: “Sono molto più rock di quello che si pensa e non vedo l’ora che sia giugno per vedere i Metallica live. ‘Luce dei tuoi occhi’? Ecco perché funziona”

Nella fiction di Canale 5 prodotta da Banijay Studios Italy, di cui è protagonista con Giuseppe Zeno, interpreta una star della danza contemporanea che dopo aver conquistato i successo mondiale torna a Vicenza per insegnare in un’accademia e cercare la figlia che credeva morta. Intervista a tutto tondo per un ritratto inedito

di Francesco Canino

Dici Anna Valle e pensi all’eleganza. Merito, o colpa, dipende dai punti di vista, dell’immagine raffinata da diva degli anni ’60 e della sfumatura malinconica del suo sguardo. E anche dei ruoli composti e perbene che in venticinque anni di carriera e oltre trenta serie tv le hanno cucito addosso. «Ma io sono molto più stropicciata e rock di quello che la gente pensa. E se Quentin Tarantino mi chiama, sono pronta a spiazzare tutti», racconta a FqMagazine alla vigilia della penultima puntata di Luce dei tuoi occhi, in onda mercoledì 20 ottobre. Nella fiction di Canale 5 prodotta da Banijay Studios Italy, di cui è protagonista con Giuseppe Zeno, interpreta una star della danza contemporanea che dopo aver conquistato i successo mondiale torna a Vicenza per insegnare in un’accademia e cercare la figlia che credeva morta. E intanto sogna un futuro da produttrice.

Prima che il successo le esplodesse tra le mani, a 19 anni s’iscrisse a Giurisprudenza. Che avvocato sarebbe stata?
(ride) Difficile dirlo. Forse mi sarei battuta al fianco delle donne. L’ingiustizia sociale e le discriminazioni di genere mi mandano in bestia. E mi piace che mia figlia Ginevra, che ha 12 anni, difenda a spada tratta le donne e, per quanto non abbia ancora la piena consapevolezza di ciò che capita nel mondo, detesti le disparità tra uomo e donna.

Alla sua età era battagliera come Ginevra?
Forse meno idealista e più sognatrice. Da piccola volevo fare l’astronauta, perché mi piaceva l’idea di stare con la testa tra la luna e le stelle, subivo il fascino del cosmo. Poi è esplosa la voglia di viaggiare: non avevo le idee chiare ma mi piaceva l’idea di trasformare quella passione in lavoro. In parte ci sono riuscita.

Del viaggio cosa le piace?
La scoperta, la conoscenza. Prima del Covid ero una da viaggio all’improvviso, anche senza programmare tutto nel dettaglio. La staticità non mi è mai interessata.

E la stabilità?
La famiglia è stabilità. Sia quella di origine che quella che ci costruiamo. La stabilità per me non è stare fermi sempre nello stesso posto, vivere e lavorare tutta la vita nella stessa città. Quell’idea di stabilità non mi è mai appartenuta.

A proposito di lavoro e vita nella stessa città, Luce dei tuoi occhi è girata a Vicenza, dove lei vive da dieci anni con suo marito e i suoi figli. Lì la trattano come una star?
(ride) Si figuri, i vicentini sono super discreti. Certo, ora che va in onda la serie qualche saluto in più è capitato ma dopo tanti anni ormai sono una di loro, sono abituati a vedermi in città.

Perché avete scelto restare a vivere in provincia, nella città di suo marito?
Per diversi fattori. Quando scoprono che vivo in una cittadina di provincia mi dicono: «Ma come fai?». Io non lo trovo affatto limitante. Vicenza è molto civile, per me è perfetta: ci si muove in maniera leggera, ci si sente più protetti che in una metropoli. Certo, poi io vivo benissimo anche a Roma, dove ho casa, perché la sento come la mia città.

Luce dei tuoi occhi viaggia intorno ai 3 milioni di spettatori a puntata, numeri buoni per la fiction Mediaset. Se li aspettava?
No, perché è sempre un’incognita quando va in onda un progetto totalmente nuovo. Ma ci ho creduto da subito perché la sceneggiatura era bella, stimo molto il regista Fabrizio Costa, il mondo della danza contemporanea è affascinante, le sei ragazze che interpretano le ballerine cui insegno sono bravissime.

Qual è l’elemento che secondo lei è piaciuto al pubblico?
L’intreccio tra il giallo, che è il filo rosso che porta avanti la storia, e il modo in cui Emma, il mio personaggio, entra nella vita delle sei coprotagoniste per scoprire se quella lettera che ha squarciato la verità sulla morte della figlia nasconde o meno un imbroglio.

I suoi figli sono venuti a trovarla sul set?
Visto che giravamo in città sì. Sono interessati al mio lavoro ma per loro è un mestiere come un altro. Come non dicono «non vedo l’ora di andare in un ufficio da papà», non smaniano per venire sul set.

Lei invece era molto legata al lavoro di sua mamma e nel suo negozio di abbigliamento intimo ci è cresciuta. Qual è il primo ricordo che le viene in mente ripensando a quel luogo?
Il rumore ovattato. C’erano tante scatole che contenevano l’intimo, i collant, la lingerie. Quando arrivavano, aiutavamo mamma ad aprirle e sistemare le cose sugli scaffali. Io e mia sorella giocavamo a fare le commesse. Per me quel negozio è stato un punto di riferimento.

Quando si dice “era destino”: la sua prima serie importante fu proprio Commesse.
Non so se fu il destino o semplicemente un’immensa fortuna. Fui scelta da Giorgio Capitani, il regista, che era un gran signore. Lui mi diede lo stesso spazio di Sabrina Ferilli, Nancy Brilli e Veronica Pivetti, nonostante fosse la mia prima vera esperienza tv. Quella è una storia che funzionerebbe ancora oggi.

Commesse superò il 41% di share e il successo le esplose letteralmente tra le mani a 25 anni. Come imparò a gestirlo?
In realtà non avevo la minima percezione di cosa significasse avere successo. Certo, finivo in copertina e se chiedevo a uno stilista di prestarmi un abito le porte si aprivano. Ma a me attraeva altro: in quel periodo studiavo recitazione e non vedevo l’ora di andare a scuola con i ragazzi della mia età, m’interessava soprattutto mettermi alla prova e superare i miei limiti. Il successo in sé non l’ho percepito più di tanto, anche oggi è qualcosa di astratto: se sono molto centrata è anche perché non è un qualcosa che mi ha stravolto la vita.

Pochi mesi fa è andata in onda La compagnia del cigno 2. Ci sarà una terza stagione?
Non lo so, non ne abbiamo parlato. I presupposti non ci sarebbero, visto come si è conclusa la stagione. Ma nelle mani di Ivan Cotroneo e Monica Rametta tutto può accadere.

Ha in ballo altri progetti con Mediaset dopo Luce dei tuoi occhi?
Per ora no, ma non lo escludo. Aspettiamo intanto di vedere i risultati complessi della fiction.

Tornerà a Rai 1?
Sì. Da poco ho finito le riprese di una nuova serie. È la storia di Lea, un’infermeria nel reparto pediatrico dell’ospedale di Ferrara. È un personaggio bello e complesso: ama i bambini, li segue con una amore sconfinato, al tempo stesso è un’impicciona ma se deve dire la sua non si tira mai indietro.

Corteggiamenti in atto da parte delle piattaforme?
In modo concreto per ora no. Ma con mio marito (il produttore Ulisse Lendaro, ndr) sto lavorando su diversi progetti e dopo aver prodotto un cortometraggio, ho in mente altre idee. Vediamo se qualcosa si realizzerà.

Ci vuole più fortuna o dedizione per avere una carriera lineare come la sua?
Entrambe ma non solo. Conosco decine di attori bravissimi che hanno carriere discontinue o alti e bassi inspiegabili. La determinazione, la volontà, il sacrificio sono indispensabili. Bisogna sapere gestire la propria vita privata, e non sempre è semplice, e sperare che scatti il feeling con il pubblico. Quella è un’alchimia inspiegabile.

Lei è notoriamente allergica al gossip, non ha i social ed è anti-mondana. Perché?
Perché sono cose che non mi appartengono caratterialmente. Per me pure le pubbliche relazioni sono una fatica: le faccio ma solo il minimo indispensabile.

Questo l’ha penalizzata nella sua carriera?
Sì. Sottrarre presenza e visibilità toglie qualcosa. Ed è una scelta consapevole. Faccio meno incontri, meno serate, non frequento i salotti e vivo in provincia. Forse faccio poco cinema anche per quello, perché non sono scattati gli incontri giusti. Ma le chiamate se devono arrivare arrivano comunque.

La proposta dei suoi sogni?
Se devo sognare, sogno in grande: Quentin Tarantino. Ha la capacità di far fare di tutto alle sue attrici. Sarebbe una sterzata che racchiuderebbe tanti desideri.

Una sterzata sarebbe: lei così composta e raffinata in mezzo allo splatter di Tarantino.
(ride) Ma guardi che nella vita privata non sono una da collana di perle. Mi immaginano così gli altri, chi non mi conosce. Mi dicono sempre: «Come sei elegante». Ma io di solito sono una stropicciata e pure rock.

Quanto rock?
Parecchio. Ho un lato maschile spiccato, il mio mito è Steve McQueen, amo le macchine potenti e ne ho avute diverse. Mi piace la guida sportiva, tanto che ho fatto diversi test in pista a Monza e pure dei campus di guida sicura sul ghiaccio organizzati da Porsche. E poi adoro la musica rock, sono fissa su Virgin Radio e non vedo l’ora che sia giugno per andare a vedere il concerto dei Metallica con mio fratello.

Il suo lato dark?
Non c’è. Al massimo ho un lato “fumino”. Sono una da incazzatura facile. I miei figli mi sfottono spesso per questo: «Davanti agli altri sorridi e sei paziente, con noi sei una iena».

Nel suo sguardo c’è spesso della malinconia.
Gli occhi non li possiamo controllare e raccontano involontariamente qualcosa di noi. La malinconia la coltivo, quando serve. Ma sono molto più solare di quanto il pubblico pensi: sul set sono quella da musica a palla al trucco, quella che incita gli altri a ballare per iniziare bene la giornata o che porta tutti a bere fino alle due del mattino.

E non si sente imbrigliata nel ruoli troppo per bene e puliti che le hanno affidato fino ad ora?Imbrigliata no perché ho sempre riflettuto, e tanto, su ogni ruolo che mi è stato proposto. E ho creduto in tutti i personaggi che ho fatto. Oggi avrei voglia di osare di più con un ruolo con un ruolo più “sporco”, più leggero o, perché no, anche più cattivo. Il filo di perle lo voglio lasciare nel cassetto.

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