Erika ed Emanuele, 19 e 23 anni, sono stati curati con una "correzione del Dna molto precisa e senza i sia pur rari effetti collaterali della tecnica precedente, la gene therapy" ha spiegato Franco Locatelli. Il metodo è stato elaborato dalla francese Emmanuelle Charpentier e dall'americana Jennifer Doudna, vincitrici del Premio Nobel per la Chimica.
Curati dalla talassemia grazie all’editing genetico. Erika ed Emanuele Guarini, due fratelli di Pistoia di 19 e 23 anni, sono stati i primi pazienti in Italia a sottoporsi, tra novembre 2020 e agosto 2021, a una tecnica sperimentale di autotrapianto del midollo. Si tratta di “correggere il Dna con grande precisione e senza i sia pur rari effetti collaterali della tecnica precedente, la gene therapy” ha spiegato Franco Locatelli, direttore del Dipartimento di Oncoematologia e terapia cellulare e genica del Bambino Gesù di Roma e portavoce del Comitato tecnico scientifico per il Covid, ora tornato in corsia. Il metodo è stato elaborato dalla francese Emmanuelle Charpentier e dall’americana Jennifer Doudna e, lo scorso anno, è valso alle due biochimiche il Premio Nobel per la Chimica.
“Prima vivevo con il senso di colpa per avergli trasmesso quel gene sbagliato, anziché dargli il meglio come tutti i genitori vorrebbero fare ” ha spiegato la madre Rosa Ilardo a Repubblica. Poi è arrivata la chiamata del dottor Mattia Algeri, che ha annunciato che c’era posto per i suoi figli nella sperimentazione, dopo cinque anni d’attesa. I primi esami dopo l’intervento sono però andati bene e ora Erika ed Emanuele, che si sono dati coraggio a vicenda, possono vivere. Prima erano costretti a ricevere una trasfusione di sangue ogni 20 giorni lui e ogni 15 giorni lei. I due fratelli hanno subito anche l’asportazione della colecisti lei e della milza lui.
L’editing genetico prevede l’uso di Crispr e funziona come una sorta di “taglia e incolla” del Dna, senza i vettori virali previsti dalla gene therapy. Il Bambino Gesù di Roma è stata la prima struttura a importarlo in Italia per la cura di talassemia e anemia falciforme. Finora sono stati eseguiti 10 trattamenti, sui 13 previsti per i pazienti arruolati nella prima fase della sperimentazione promossa dalle aziende Vertex Pharmaceuticals e Crispr Therapeutics. “Quel che realizziamo è in pratica un ritorno all’infanzia – ha chiarito Locatelli – Dopo la nascita, un gene chiamato BCL11A disattiva la forma di emoglobina chiamata fetale, che normalmente quando nasciamo viene sostituita da altre due forme. Noi, inattivando questo gene, riusciamo a ripristinare la produzione di emoglobina fetale, di fatto correggendo la talassemia”.
Il Crispr dovrebbe comportare anche costi minori rispetto alla gene therapy, ma non è l’unico vantaggio della nuova tecnica: “Con la tecnica precedente abbiamo avuto una brutta esperienza – ha dichiarato il professore – La ditta americana ha deciso di interrompere la commercializzazione in Europa”. Due giovani, che hanno fatto in tempo a curarsi, stanno per sposarsi. Invece un paziente di Brindisi di 33 anni, rimasto fuori dopo i casi avversi, “l’ultima volta che l’ho sentito, voleva sospendere cure e trasfusioni. Il rischio è che – lui e altri – siano costretti ad andare negli Stati Uniti a curarsi. Lì possono chiedere anche tre milioni“.
L’alternativa, per curare la talassemia, era il trapianto di midollo da un donatore, ma solo se compatibile al 100%. In quel caso però, l’intervento “non si esegue in genere dopo i 14 anni e ha un rischio di mortalità associata alla procedura basso, attorno al 3-5%, però non nullo” ha spiegato Locatelli. L’editing del genoma invece supera questi limiti. Così, per Erika ed Emanuele dopo l’attesa in ospedale – 38 giorni lui e 30 lei – la chemio, finalmente la svolta: “Per tutti il 2020 è stato l’anno del Covid – ha affermato la madre – Per loro è stato l’anno della rinascita“.