di Elena Dragagna, avvocato; Maurizio Rainisio, statistico; Sara Gandini, epidemiologa/biostatistica

Massimo Cacciari ha ragione e non ha ragione quando, criticamente, pone quesiti su green pass e vaccini (il riferimento è all’articolo apparso su La Stampa, il 3 settembre scorso). Ha ragione sulle questioni giuridiche, mentre le domande scientifiche sono poste male. Ma non è colpa sua. Sia i giornalisti che gli scienziati hanno fatto e continuano a fare una gran confusione.

La prima domanda ai giuristi è: “È o non è in contraddizione col regolamento Ue 2021/953, che vietava ogni discriminazione, l’istituzione del Green Pass, nei termini in cui diventerà legge in Italia?”. La risposta a tale domanda è affermativa. La contraddizione c’è ed evidente.

Infatti, il Regolamento Ue n.953 precisa (al “considerando” 36): “È necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti Covid-19 è attualmente somministrato o consentito, come i bambini, o perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere vaccinate o hanno scelto di non essere vaccinate” (nella prima traduzione italiana del Regolamento, poi rettificata, era stata omessa la precisazione “o hanno scelto di non essere vaccinate”).

Anche il “considerando” 11 del Regolamento Ue n.954 precisa: “Il presente regolamento… non dovrebbe essere inteso come un’agevolazione o un incentivo all’adozione di restrizioni alla libera circolazione o di restrizioni ad altri diritti fondamentali…”.

I regolamenti, così come la precedente risoluzione del Consiglio d’Europa (n. 2361/2021 del 27 gennaio 2021), nelle considerazioni di principio preliminari, i “considerando”, escludono quindi espressamente che possano farsi discriminazioni tra cittadini vaccinati e non vaccinati, anche quando questi ultimi non si siano vaccinati semplicemente per propria scelta.

Su questo punto è evidente la contraddizione della normativa italiana, per la quale i cittadini vaccinati possono liberamente partecipare alla vita sociale, lavorativa, ecc… mentre quelli non vaccinati per partecipare alla vita sociale, per lavorare o anche in alcuni casi per studiare – gli studenti universitari hanno obbligo di green pass per le attività universitarie in presenza – devono sottoporsi ad un tampone ogni 48 ore (tampone che in Italia non è gratuito), rispetto ai principi di non discriminazione posti dalla normativa europea.

Di fatto riteniamo che il green pass violi anche il principio di uguaglianza e di pari dignità sociale, a prescindere da qualsiasi condizione personale, entrambi posti dall’art. 3 della Costituzione.

La seconda domanda giuridica (che si articola in più quesiti), è se la possibilità di obbligare a trattamenti sanitari dipenda dal “rispetto della persona umana” e se “condicio sine qua non perché di rispetto per qualcuno si possa parlare è che costui venga correttamente informato”.

Anche in questo caso la risposta ad entrambi i quesiti è affermativa.

Le disposizioni sul green pass sono uno strumento di pressione finalizzato ad incentivare una vaccinazione che, ad oggi, non è obbligatoria, stravolgendo il disposto dell’art. 32, comma 2, della Costituzione, che garantisce il diritto a non prestare il consenso ad un trattamento sanitario a meno che l’obbligo sia previsto da una legge. E che stabilisce che, nel caso in cui la legge preveda l’obbligo, non possa violare i limiti imposti dal rispetto della dignità della persona. Stravolge inoltre le previsioni della l. n. 219/2017 che richiede, per i trattamenti sanitari, un consenso libero – non viziato da violenza, minaccia o inganno – e informato.

Ben altri strumenti sono stati previsti dalla legge Lorenzin sui vaccini obbligatori al fine di informare i cittadini e convincerli, appunto, con l’informazione e non con indebite pressioni, lesive della dignità umana (il green pass è stato esteso addirittura all’ambito lavorativo) alla vaccinazione.

Per quanto riguarda le questioni scientifiche, Massimo Cacciari si domanda se i vaccini siano efficaci, citando dati non chiari che riguardano Israele. Per valutare l’efficacia è più utile fare riferimento a pubblicazioni scientifiche serie come quelle recenti sul New England Journal of Medicine che confermano l’efficacia, anche con la variante delta, rispetto alla Covid-19 (meno rispetto ai contagi da Sars-CoV-2, che non coincidono con la malattia, è importante ribadirlo). È ovvio che l’efficacia deve essere analizzata principalmente considerando che i rischi di malattia grave variano enormemente per età.

Purtroppo anche i report italiani sono spesso confusi e difficilmente interpretabili. Nella figura 14 del bollettino ISS aggiornato al 13 ottobre 2021, si rischia di far intendere che il vaccino sia praticamente inutile.

Il grafico corretto dovrebbe mettere in evidenza come per i grandi anziani (80 anni o più) negli ultimi 30 giorni il rischio di morire se vaccinati è stato di 1/10.222 (infatti ne sono morti 412 su 4.211.381), mentre se non vaccinati è stato di 1/791 (ne sono morti 324 su 256.190). Tredici volte tanti; un altro paio di maniche.

La scelta dei denominatori ci porta a rispondere a domande differenti:

A) Se la domanda fosse stata: “Qual è la probabilità di morire di Covid 19 per un over 80 vaccinato?”, la risposta corretta dovrebbe essere: “La probabilità di morire di Covid-19 tra il 20 agosto e il 19 settembre per un grande anziano vaccinato è stimata in 10 per milione (0,010%).

B) Se la domanda fosse stata: “Qual è la probabilità che un grande anziano deceduto sia deceduto per Covid-19?”, allora la risposta corretta dovrebbe essere: “La probabilità che un grande anziano deceduto sia deceduto per Covid-19 tra il 20 agosto e il 19 settembre sia stata vaccinata è stimata in 54,2%. Quello che cambia è il denominatore. Prendendo il denominatore sbagliato cambia il senso delle risposte.

La domanda A risponde a un quesito che interessa a molti: “Se mi vaccino, qual è la mia probabilità di morire?”. La risposta a questa domanda va unita alla sua complementare: “… e se non mi vaccino?”, la cui risposta per un grande anziano è 126/milione, cioè 0,126%, cioè 13 volte più alta. Questo andrebbe detto perché interessa a moltissime persone, ne va della loro vita.

La domanda B risponde a un quesito meno interessante: “Se ho davanti un grande anziano deceduto (per Covid-19) e non so se sia stato vaccinato, qual è la probabilità che lo sia stato?”. Questa risposta può interessare il necroforo o l’anatomopatologo. Per il cittadino resta una semplice statistica priva di interesse. Purtroppo i dati vengono presentati per rispondere a questa seconda domanda.

Concludiamo dicendo che siamo certi che Cacciari sappia che la scienza non è una e non può offrire verità assolute, universalmente valide, d’altronde anche il pensiero filosofico non è uno. Poi certo, ci sono gli scienziati truffatori ma anche scienziati molto competenti nel loro campo e ignoranti in epidemiologia e biostatistica. Altri invece spacciano per scienza quello che invece è fede, anche perché non sono realmente indipendenti e hanno quindi bisogno di banalizzare le critiche e il dissenso.

Come possano gli scienziati recuperare autorevolezza in questa confusione comunicativa non lo sappiamo. Ma questo probabilmente è solo il sintomo della crisi in cui siamo, non la causa.

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