Solo tre miliardi per la tanto attesa riforma degli ammortizzatori sociali, che quindi difficilmente potranno diventare “universali come annunciato dal ministro Andrea Orlando coprendo anche i dipendenti delle microaziende. Anche perché la Lega, strizzando l’occhio ai piccoli imprenditori, si oppone ad un aumento della contribuzione a loro carico. Solo 600 milioni per la “flessibilità del sistema pensionistico“, che resta a sua volta ostaggio del Carroccio contrario all’ipotesi di quota 102 (invisa pure ai sindacati). Otto miliardi complessivi (di cui 6 “nuovi”) per ridurre il carico fiscale, ma ancora non si sa quanto resterà in tasca ai dipendenti e quanto invece alleggerirà i conti dei datori di lavoro. Nessun dettaglio sulla proroga selettiva del Superbonus. Sono tanti i nodi lasciati irrisolti dal Documento programmatico di bilancio che il governo Draghi ha inviato a Bruxelles con un ritardo di cinque giorni rispetto alla tabella di marcia prevista dai regolamenti Ue. Problemi rinviati alla settimana prossima, quando – probabilmente martedì 26, anche se la scadenza sarebbe il 20 ottobre – il consiglio dei ministri varerà la manovra vera e propria. Il Dpb, che ne è la cornice numerica, aggira insomma tutti gli aspetti oggetto di tensione tra le forze di maggioranza.

Da questo punto di vista l’unica partita “chiusa”, in attesa della relazione del comitato di valutazione guidato da Chiara Saraceno, è quella relativa al reddito di cittadinanza per il quale arriva un rifinanziamento da 800 milioni: al miliardo annunciato martedì sera si arriva solo sommando anche lo stanziamento per l’ultimo trimestre 2021. Per il 2022 erano già stanziati 7,6 miliardi che salgono quindi a 8,4, un po’ meno rispetto agli 8,8 messi sul piatto per quest’anno. Restano poi da dettagliare i “correttivi alle modalità di corresponsione” – si parla di un taglio dopo la (eventuale) seconda offerta di lavoro rifiutata – e il “rafforzamento dei controlli” anticipati nel comunicato di Palazzo Chigi.

Sulle pensioni l’unica certezza è che quota 100 va in soffitta e nessuno – ovviamente non il Carroccio, ma nemmeno Pd e 5 Stelle – vuole il ritorno alla normativa Fornero senza ammorbidimenti. Al netto delle solite deroghe per chi fa attività usuranti e chi ha iniziato a lavorare da giovanissimo, la proposta di quota 102 (uscita dal lavoro con 64 anni d’età più 38 di contributi) seguita da quota 104 nel 2023, arrivata dal Tesoro, ha incassato il no del ministro Giancarlo Giorgetti e non piace nemmeno alla Cgil. Secondo cui sarebbe una “vera e propria presa in giro per i lavoratori” perché “con quei vincoli solo poche migliaia di persone nei prossimi anni potranno accedere alla pensione”. E resterebbe fuori chi, per motivi di età troppo bassa, è stato escluso dalla peraltro poco attrattiva quota 100. Per i sindacati è meglio Quota 41, nuovo cavallo di battaglia della Lega: tutti in pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età. Problema: secondo il presidente dell’Inps Pasquale Tridico costerebbe la bellezza di 4,33 miliardi solo l’anno prossimo e il conto poi salirebbe fino a 9,75 miliardi. Risorse che non ci sono perché la manovra – che arriva dopo il decreto Sostegni e il Sostegni bis, a loro volta due corpose “finanziarie” – non può andare oltre i 23 miliardi complessivi messi a disposizione dalla Nota di aggiornamento al Def, che ha fissato il deficit programmatico a un già generoso 5,6% del pil a fronte del 4,4% tendenziale (quello che si materializzerebbe senza la legge di Bilancio).

Insomma, anche stavolta la coperta è – relativamente – corta e il capitolo più sacrificato è quello della riforma degli ammortizzatori, cioè gli aiuti a chi resta disoccupato. Cruciale dopo che la pandemia ha messo in luce come mai era successo prima le disparità tra garantiti e non garantiti costringendo i governi a “inventarsi” la cassa Covid. Sul piatto c’è appena 1 miliardo e mezzo di nuovi fondi più altri 1,5 miliardi recuperati dallo stop, non si sa ancora se temporaneo, al cashback. Secondo le stime del ministero dell’Economia per ampliare alle piccolissime imprese la copertura dei trattamenti di integrazione salariale, superare la cig in deroga e ammorbidire il taglio dell’indennità di disoccupazione (Naspi) che oggi scatta dal quarto mese, oltre a rendere strutturale la (magra) cassa integrazione per gli autonomi, servivano 8 miliardi. Ce ne sono solo 3 e non è chiaro come se ne uscirà. Orlando continua a promettere un intervento in senso universalistico, ma Giorgetti ha fatto muro sull’ipotesi che i piccolissimi imprenditori debbano iniziare, anche se gradualmente, a pagare la contribuzione a fronte della quale si ha poi diritto ad attivare l’ammortizzatore. I saldi ormai sono scritti, impossibile attingere ai 4 miliardi che verranno destinati a prorogare una seria di incentivi fiscali per le imprese (da Transizione 4.0 al sostegno all’internazionalizzazione, dalla nuova Sabatini al fondo di garanzia pmi).

Meno risorse rispetto a quanto chiedevano i partiti – 8 miliardi contro 10 – anche per l’avvio della riforma fiscale, che dovrebbe prendere la forma di una riduzione del cuneo ma anche qui è tutto da decidere: nel Dpb non ci sono dettagli e Confindustria continua a spingere perché ci sia da subito un intervento sull’Irap. Una piccola dote aggiuntiva potrebbe derivare, non si sa in che tempi, dalla “revisione delle imposte ambientali e dei sussidi ambientalmente dannosi” di cui si parla da anni e i cui proventi, si legge nel Documento, “andranno utilizzati per ridurre altri oneri a carico dei settori produttivi”.

Tutto da decidere sulle detrazioni che dovrebbero migliorare l’efficienza energetica e antisismica del patrimonio immobiliare. L’unica certezza è che il Dpb non cita il bonus del 90% per rifare le facciate, che secondo fonti di governo non sarà prorogato – ma il ministro della cultura Dario Franceschini promette battaglia perché “fa lavorare le imprese e rende più belli borghi e città, dai centri storici alle periferie”. Si parla invece di proroga “dei bonus per ristrutturazioni edilizie, riqualificazione energetica, mobili, sisma, verde”. Il Superbonus però continuerà per tutti o solo per i condomini, come da indiscrezioni di martedì? Dal Pd alla Lega, tutti ne chiedono la prosecuzione senza modifiche per continuare a trainare il settore dell’edilizia. Che però, come spiegato dal ministro Daniele Franco, rischia la “bolla“.

Potrebbe non bastare, anche se ammonta a oltre 2 miliardi – dopo il pacchetto da 3,5 miliardi varato a fine settembre – lo stanziamento per contrastare il caro bollette limitando l’impatto sulle famiglie. Solo il capitolo sanità accontenta tutti: “E’ definitivamente finita la stagione dei tagli“, ha rivendicato il ministro della Salute Roberto Speranza. Il Fondo sanitario nazionale viene infatti incrementato di 2 miliardi l’anno (nel 2024 si arriverebbe a 128, salvo modifiche) e nel 2022 altri 2 miliardi saranno destinati all’acquisto di farmaci innovativi, vaccini per il Covid 19 e farmaci. Ordine dei medici, federazioni dei farmacisti e sindacati per una volta festeggiano, anche se ora l’attenzione è puntata sull’uso effettivo delle nuove risorse, dal potenziamento dell’assistenza territoriale all’assunzione di specializzandi passando per la stabilizzazione del personale reclutato a termine per la pandemia.

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