di Tullio Rapone
Chissà perché, ma di ciò che ribolle a sinistra si parla sempre quando le cose vanno storte. È passato così un po’ sottotono il risultato positivo della lista Sinistra ecologista (SE) che, nel capoluogo piemontese, era affiliata al Pd del neosindaco Stefano Lo Russo. Risultato che ha permesso di mandare in Consiglio Comunale due rappresentanti.
Strada subito in salita in campagna elettorale con accuse di ricerca di poltrone e di servilismo verso un Pd identificato come una delle tanti varianti locali del neoliberismo. Diciamo subito che difficilmente questa esperienza sarebbe partita senza il contributo iniziale di Sinistra Italiana di Fratoianni e Possibile di Pippo Civati. Senza dimenticare l’endorsement alla Regione con Marco Grimaldi. Ma tutto ciò non sarebbe bastato se non si fosse messo in moto un meccanismo virtuoso che è riuscito a coinvolgere, in poche settimane, decine di giovani con una componente femminile di ragguardevole presenza.
La scommessa era come portare parole d’ordine davvero di Sinistra in una coalizione – nessun mistero – di centrosinistra con una forte componente moderata. Una scelta obbligata se consideriamo un meccanismo elettorale forcaiolo che ti obbliga ad alleanze con chi faresti a meno di farle. Ma lo ha capito anche il Pd e il risultato alla fine è stato apprezzabile. Per SE un quasi 3,6% che andato oltre le più ottimistiche previsioni. E un contributo, sicuramente non massicciò, ma apprezzabile, per l’elezione di Lo Russo a sindaco.
Ma un precedente c’era già e tutto in salsa emiliana visti gli sviluppi avuti. Vale a dire la figura di Elly Schlein nella Regione Emilia Romagna. E a eli si è aggiunta Emily Clancy con il suo record di preferenze in Comune a Bologna. Il denominatore comune di queste esperienze è che gli elettori premiano quelle proposte critiche del Pd e del suo neoliberismo, ma capaci anche di non arrivare alla rottura. Prefigurando un governo locale che sia, anche solo in parte, più attento all’impoverimento ecologico e sociale in atto.
Il tempo dirà se queste esperienze avranno formato solo dei servi sciocchi di quello che nel capoluogo piemontese è chiamato il sistema Torino, vale a dire quell’intreccio di relazioni industriali e bancarie da sempre dominante, Certamente la posizione subito assunte dal neosindaco sul Tav non è un segnale positivo per quanto previsto. Oppure se, soprattutto, in quelle periferie dove l’astensionismo l’ha fatta da padrone, sarà l’inizio di un’inversione di tendenza che sappia realizzare ciò che il M5S aveva promesso e solo in parte è riuscito a fare.