"È una sentenza importante che segna i rapporti tra società e ultrà. Le condanne per le violenze private, le associazioni a delinquere e i vari fatti estorsivi che sono stati confermati danno un segnale diverso. Non si può più dire 'la Juventus siamo noi' nel modo in cui è stato detto pretendendo le cose che si pretendevano in quel modo" ha commentanto l'avvocato Chiappero
A poco più di un anno dal rinvio a giudizio si è concluso il processo di primo grado scaturito dall’inchiesta Last Banner su alcuni ultrà della Juventus coinvolti, a vario titolo, di estorsione ai danni della società e di violenza privata contro altri tifosi. Sei condanne e sei assoluzioni dopo il dibattimento sulle ipotizzate pressioni esercitate dagli ultrà sulla società. La più alta, 4 anni e 10 mesi, è stata inflitta a Dino Mocciola, indicato come il leader dei Drughi, per il quale la procura aveva chiesto oltre 13 anni di reclusione. Da una prima lettura del dispositivo si ricava che i giudici hanno in parte ridimensionato le tesi della pubblica accusa.
Secondo la procura, nella stagione 2018-2019 la tifoseria organizzata bianconera esercitò pressioni illecite sulla Juventus per non perdere una serie di benefici e agevolazioni. I giudici hanno riqualificato molti dei capi d’accusa da estorsione a tentativo di estorsione. Per Domenico Scarano la condanna è a 3 anni e 3 mesi di reclusione; per Salvatore Cava 2 anni e 4 mesi; per Sergio Genre 2 anni e 6 mesi; per Umberto Toia un anno e sei mesi; per Giuseppe Franzo un anno e due mesi. La Juventus e alcuni dirigenti bianconeri che si sono costituiti parte civile hanno ottenuto il diritto a un risarcimento e a provvisionali che in totale ammontano a 53mila euro. Assolti invece sei imputati: Massimo Toia, Corrado Vitale, Luigi Valle, Vincenzo Lioi, Fabio D’Alonzo.
Per la Procura, i “Drughi” e altri gruppi organizzata ricattavano il club presieduto da Andrea Agnelli per “ripristinare” quei vantaggi e privilegi che erano stati soppressi dopo l’indagine “Alto Piemonte”, che aveva rivelato gli interessi della ‘ndrangheta nel bagarinaggio e nella curva Scirea. Inoltre, dalle carte dell’inchiesta Last Banner era emerso anche il piano degli ultrà contro gli altri tifosi bianconeri ‘rivali’ del primo anello che dovevano essere puniti per non avere aderito allo sciopero del tifo contro la società. “Per la prima volta in Italia è stato riconosciuto il reato di associazione a delinquere ad un gruppo ultras, i Drughi Juve – ha dichiarato il pubblico ministero Chiara Maina dopo la lettura della sentenza -. Siamo soddisfatti perché ha retto l’impianto accusatorio“.
“È una sentenza importante che segna i rapporti tra società e ultrà. Le condanne per le violenze private, le associazioni a delinquere e i vari fatti estorsivi che sono stati confermati danno un segnale diverso. Non si può più dire ‘la Juventus siamo noi’ nel modo in cui è stato detto pretendendo le cose che si pretendevano in quel modo – commenta l’avvocato della Juventus Luigi Chiappero – Il tifoso deve diventare un nuovo tifoso, forse tutto lo stadio deve diventare diverso. Questo è un processo particolare, non sono i primi tifosi ultrà che vengono condannati, questa però è stata una sentenza lunga un anno, nel senso che si è voluto da parte della forza pubblica e della pubblica accusa monitorate non solo un episodio, ma tutta un periodo e monitorando questo periodo ha dato questo risultato secondo me fondamentale”.