Brasile, Argentina, Australia, Giappone, Arabia Saudita e gli altri stati membri dell’Opec, starebbero cercando di annacquare il prossimo rapporto del gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici. Lo svela un’inchiesta presentata a pochi giorni dal vertice in programma dal prossimo 31 ottobre a Glasgow
Ci sono le lobby dei combustibili fossili, ma anche quelle della carne dietro il tentativo di alcuni Stati di indebolire il prossimo Report del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC), le cui raccomandazioni (le ultime pubblicate la scorsa estate) hanno orientato la rotta della Cop 26, la conferenza Onu sul clima in programma a Glasgow sotto la presidenza del Regno Unito, in partnership con l’Italia. Le conclusioni del prossimo report potrebbero minacciare gli interessi delle aziende di questi stessi Paesi che, dunque, stanno facendo pressione. È quanto rivela un’inchiesta realizzata da Unearthed, il team di giornalismo investigativo creato da Greenpeace Uk, che ha avuto modo di visionare decine di migliaia di documenti, normalmente secretati.
Non solo la bozza del prossimo rapporto dell’Ipcc ‘Working Group III’, cruciale per i negoziati alla conferenza di Glasgow, ma anche 32mila commenti alla bozza da parte di governi, aziende, scienziati. Tutto materiale passato alla Bbc. La maggior parte dei commenti inviati all’Ipcc contiene indicazioni costruttive, tese a migliorare la qualità finale del rapporto, precisa l’emittente britannica. Ma tra questi, ci sono anche quelli di alcune nazioni più ricche che resistono all’idea di dover aumentare gli investimenti destinati ad aiutare i Paesi più poveri a sviluppare tecnologie verdi. Il rischio è che questa azione di ‘lobbying’ comprometta la Cop26.
I paesi che fanno pressioni – L’analisi di questi documenti, pubblicata a pochi giorni dall’inizio di un vertice cruciale come la Cop26 sul clima che si terrà in Scozia dal 31 ottobre al 12 novembre, mostra come alcuni paesi, tra cui Brasile, Argentina, Australia, Giappone, Arabia Saudita e gli altri stati membri dell’Opec, stiano cercando di annacquare il prossimo rapporto Ipcc, in vista del vertice nel quale verrà chiesto loro di assumere impegni significativi per rallentare il cambiamento climatico e mantenere il riscaldamento globale a 1,5 gradi. “Gli esperti dell’Ipcc non hanno alcun obbligo di accettare questi commenti – sottolinea Greenpeace International – che sono sottoposti a una rigorosa analisi scientifica sulla base dei dati disponibili”. Tuttavia, alcuni commenti analizzati da Unearthed svelano inquietanti posizioni assunte, dietro le quinte, da alcuni Paesi importanti. “Queste rivelazioni dimostrano che un piccolo gruppo di Paesi produttori di carbone, petrolio, gas e carne continuano a mettere i profitti di poche aziende davanti agli interessi di tutte le persone” ha spiegato Jennifer Morgan, direttrice esecutiva di Greenpeace International. «Invece di eliminare gradualmente la produzione di fonti fossili e gli insostenibili allevamenti intensivi – aggiunge – continuano a usare ogni occasione per proteggere gli interessi di pochi e continuare a fare affari come sempre, mentre il pianeta brucia”.
I settori intoccabili – “Paesi come Australia, Arabia Saudita, e l’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (Opec), stanno facendo pressioni sull’Ipcc per eliminare o indebolire la parte conclusiva del report che afferma che dovremmo rapidamente cessare l’estrazione di fonti fossili come carbone, petrolio e gas fossile. Un consigliere del ministero del Petrolio saudita suggerisce di togliere dal testo frasi che indicano ‘l’urgenza’ di questa misura. Mentre un alto funzionario del governo australiano rifiuta la conclusione che sia necessario chiudere gli impianti a carbone. “Tutto questo, mentre continuano a reclamizzare soluzioni fasulle come la cattura e lo stoccaggio sotterraneo della Co2” aggiunge Greenpeace International.
Vari governi hanno inoltre chiesto di eliminare le critiche alle attività di ‘carbon offsetting’, la compensazione delle emissioni di gas serra tramite schemi di protezione forestale. “A dispetto della mole crescente di evidenze che dimostrano l’inutilità e la pericolosità di queste pratiche – spiega l’organizzazione – paesi come Regno Unito, Canada e Stati Uniti hanno contestato la posizione dell’Iocc su questi progetti (come il noto Redd+, utilizzato anche da Eni), sfruttati come un greenwashing a basso costo”. Brasile e Argentina (tra i maggiori produttori di carne e mangimi) hanno invece fatto pressione sull’Ipcc per eliminare alcuni passaggi sui benefici per il clima della riduzione del consumo di carne, e la promozione di diete con ridotto consumo di prodotti di origine animale”.