Dopo il flop, il colpo di scena e un nuovo flop, arriva la resa dei conti per il Concorso Coesione per l’assunzione di 2.800 tecnici specializzati nelle amministrazioni del Mezzogiorno, il primo a seguire la formula del ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta, che puntava ad accelerare le procedure di selezione. Perché, come raccontato da Il Fatto Quotidiano, diversi candidati che hanno vinto le selezioni sono, loro stesse parole “senza la minima esperienza”. Alcuni stanno pensando perfino di non presentarsi, dato che i Comuni “con le mani nei capelli” ora vogliono vedere titoli e competenze. Ma come si è arrivati a questo? La colpa è tutta di Brunetta? Di certo molti errori sono stati commessi durante le selezioni, come lo stesso ministro ha ammesso. “Ma non ci sono mai responsabilità a senso unico e, soprattutto, non sono riconducibili a un’unica causa di breve periodo”, spiega a ilfattoquotidiano.it il segretario nazionale Fp Cgil Florindo Oliverio, ricordando che “lo stesso concorso era già partito con la ministra Fabiana Dadone, allora ministro per la PA”. E poi quello per il Mezzogiorno non è stato l’unico concorso a dover superare ostacoli e non è l’unico ad aver mostrato dei forti limiti. Di fatto, il decreto legge 44/2021 pubblicato lo scorso primo aprile in Gazzetta ufficiale e che prevede nuove modalità di reclutamento nella pubblica amministrazione, doveva servire proprio a sbloccare l’iter di oltre 60 concorsi per 125mila posti di lavoro. È chiaro, però, che le cose non stando andando esattamente per il verso giusto.
IL BANDO-OSTACOLO – Se parliamo del Concorso Coesione per le amministrazioni del Mezzogiorno, già a metà aprile 2021 era scoppiata la protesta di migliaia di under 40, appoggiati da parte della politica (Sinistra Italiana, Pd e M5s), contro le norme predisposte da Brunetta per accelerare le procedure di selezione. Le nuove norme hanno legittimato le pubbliche amministrazioni (anche per i concorsi già banditi) a sostituire la prova pre-selettiva con la valutazione dei titoli ed, eventualmente, l’esperienza professionale specifica. Paradossalmente, la selezione in base al possesso di titoli come master o esperienze pregresse discriminava chi si era appena laureato o diplomato. I più giovani e meno esperti, quindi, ma anche chi si trovava in condizioni non agiate o tali da consentire l’acquisizione di costosissimi titoli e di maturare significative esperienze lavorative.
IL FLOP E IL COLPO DI SCENA – Quella però era solo una faccia della medaglia. Perché molti giovani avranno anche rinunciato al concorso con queste premesse (e quindi per colpa del bando). Ma lo stesso hanno fatto anche molti degli 81mila candidati che inizialmente avevano compilato la domanda e che avevano tutti i requisiti, titoli, competenze e pure esperienza. Allontanati, loro, dalle condizioni poco appetibili (come ha ammesso lo stesso ministro Brunetta). I dati: alla prova scritta si è presentato in media il 65% degli ammessi e, in alcune Regioni, non si è arrivati neppure alla metà dei 8.582 candidati ammessi per titolo. A quel punto il Dipartimento della Funzione Pubblica ha rivisto la soglia di sbarramento per la partecipazione alla prova scritta, ammettendo gli altri 70mila candidati di cui erano già stati valutati i titoli nella fase pre-selettiva. Con un colpo di scena sono stati selezionati anche i candidati ‘scartati’, mentre sono rimasti fuori tutti quelli che non avevano fatto proprio domanda. Si è arrivati a 1.483 idonei (circa la metà dei posti da coprire) e il problema principale si è verificato proprio nei profili altamente specializzati. Circa la metà dei posti era destinata a funzionari tecnici esperti: se ne cercavano 1.412 e solo 167 sono risultati idonei (restano scoperti 1.245 posti). Per il profilo di esperto in gestione, rendicontazione e controllo, gli idonei sono stati 196 e 722 i posti rimasti scoperti. Così il ministro si è visto costretto ad annunciare un altro bando per la copertura dei posti rimasti (quasi 2mila, sempre a tempo determinato), rimarcando la necessità di “un serio approfondimento sulle condizioni di inquadramento delle figure più qualificate, anche dal punto di vista retributivo”.
LE CONDIZIONI POCO APPETIBILI (TIPICHE DELLA PA) – Di fatto, a quel punto si è capito quale fosse il problema più grave: a non partecipare al concorso sono stati proprio i più preparati ed esperti. Neppure attratti dal fatto che Brunetta aveva già specificato che, pur trattandosi di un contratto a tempo determinato di 36 mesi, almeno una parte di quei contratti si sarebbero potuti trasformare in contratti a tempo indeterminato. Perché l’alta specializzazione si paga. E nel caso specifico del bando per il Sud, lo stipendio netto è tra i 1.400 e i 1.500 euro (tra i 1.800 e 1.900 lordi). Come aveva già spiegato Oliverio a ilfattoquotidiano.it, “non c’è storia con il privato”. E non si tratta di un problema solo economico, ma anche “di subordinazione per via gerarchica per cui il lavoro di un giovane laureato in ingegneria o informatica è oggetto di giudizi anche tecnici da parte di superiori, spesso senza alcuna competenza specifica”. Senza considerare la spinta (praticamente assente) alla mobilità di carriera. “Oggi ci sono lavoratori che, dopo 25-30 anni di servizio, sono ancora inquadrati nelle posizioni iniziali”, raccontava il segretario nazionale Fp Cgil, che oggi spiega: “Stiamo cercando di porre rimedio a queste situazioni con la definizione del nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro. Ma da soli gli interventi contrattuali non bastano, se non muta intanto nella società la considerazione che si ha del lavoro pubblico”. Il flop del concorso, dunque, è frutto di problemi che hanno radici più profonde. “È bastato solo vedere l’uscita dal tunnel della pandemia – aggiunge – per far ripartire nelle amministrazioni pubbliche il vecchio vizio di giudicare il lavoro degli addetti solo dal punto di vista dell’osservazione formale di regole e, quindi, ritornare al controllo ‘de visu’ dei propri collaboratori da parte della dirigenza, anziché investire sulla capacità di autonomia e responsabilità dei dipendenti”.
CONCORSI, CHE FATICA – Ma il concorso per il Sud non è stato l’unico ad affrontare ostacoli. A circa cinque anni dal bando, solo la scorsa estate si è svolta la prova scritta per la selezione di 1.052 dipendenti del ministero della Cultura. Si è sbloccato di recente, il bando per 2.736 funzionari amministrativi della Pubblica Amministrazione centrale. Anche quello annunciato dall’ex ministra Fabiana Dadone, a giugno 2020, che aveva parlato di “criteri innovativi”. Alla fine il concorso è slittato di oltre un anno e, alla riapertura del bando, le carte in tavola sono cambiate con l’abolizione delle prove pre-selettiva e orale e, come unico test di verifica, un quiz da 40 domande che si è svolto qualche settimana fa. Si valuteranno solo i titoli di chi ha superato il quiz. Stessa fine anche per un altro concorso: solo in questi giorni si svolgeranno le prove scritte per selezionare 1.541 profili per l’Istituto Nazionale del Lavoro, l’Inail e il ministero del Lavoro. Autorizzato a dicembre 2018 e più volte bloccato, dopo due anni è stato ripubblicato, anche in questo caso apportando delle modifiche: niente prova selettiva né orale, ma un altro test scritto a risposta multipla. E sei dentro, qualsiasi cosa tu abbia fatto (o non fatto).
Lavoro & Precari
Dal metodo Brunetta che doveva accelerare le selezioni alle condizioni sconvenienti della Pa: così il Concorso Coesione è diventato un flop
La procedura l’assunzione di 2.800 tecnici specializzati nelle amministrazioni del Mezzogiorno è stata un misto di nuovi errori e vecchie problematiche. Il primo ostacolo sono state le norme predisposte dal ministro che hanno portato alla rinuncia di molti giovani (e non solo). Poi c'è stato il flop di presenze e il ripescaggio dei candidati "scartati". A a quel punto si è capito quale fosse il problema più grave: a non partecipare al concorso sono stati proprio i più preparati ed esperti, non attratti dalle prospettive economiche e lavorative
Dopo il flop, il colpo di scena e un nuovo flop, arriva la resa dei conti per il Concorso Coesione per l’assunzione di 2.800 tecnici specializzati nelle amministrazioni del Mezzogiorno, il primo a seguire la formula del ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta, che puntava ad accelerare le procedure di selezione. Perché, come raccontato da Il Fatto Quotidiano, diversi candidati che hanno vinto le selezioni sono, loro stesse parole “senza la minima esperienza”. Alcuni stanno pensando perfino di non presentarsi, dato che i Comuni “con le mani nei capelli” ora vogliono vedere titoli e competenze. Ma come si è arrivati a questo? La colpa è tutta di Brunetta? Di certo molti errori sono stati commessi durante le selezioni, come lo stesso ministro ha ammesso. “Ma non ci sono mai responsabilità a senso unico e, soprattutto, non sono riconducibili a un’unica causa di breve periodo”, spiega a ilfattoquotidiano.it il segretario nazionale Fp Cgil Florindo Oliverio, ricordando che “lo stesso concorso era già partito con la ministra Fabiana Dadone, allora ministro per la PA”. E poi quello per il Mezzogiorno non è stato l’unico concorso a dover superare ostacoli e non è l’unico ad aver mostrato dei forti limiti. Di fatto, il decreto legge 44/2021 pubblicato lo scorso primo aprile in Gazzetta ufficiale e che prevede nuove modalità di reclutamento nella pubblica amministrazione, doveva servire proprio a sbloccare l’iter di oltre 60 concorsi per 125mila posti di lavoro. È chiaro, però, che le cose non stando andando esattamente per il verso giusto.
IL BANDO-OSTACOLO – Se parliamo del Concorso Coesione per le amministrazioni del Mezzogiorno, già a metà aprile 2021 era scoppiata la protesta di migliaia di under 40, appoggiati da parte della politica (Sinistra Italiana, Pd e M5s), contro le norme predisposte da Brunetta per accelerare le procedure di selezione. Le nuove norme hanno legittimato le pubbliche amministrazioni (anche per i concorsi già banditi) a sostituire la prova pre-selettiva con la valutazione dei titoli ed, eventualmente, l’esperienza professionale specifica. Paradossalmente, la selezione in base al possesso di titoli come master o esperienze pregresse discriminava chi si era appena laureato o diplomato. I più giovani e meno esperti, quindi, ma anche chi si trovava in condizioni non agiate o tali da consentire l’acquisizione di costosissimi titoli e di maturare significative esperienze lavorative.
IL FLOP E IL COLPO DI SCENA – Quella però era solo una faccia della medaglia. Perché molti giovani avranno anche rinunciato al concorso con queste premesse (e quindi per colpa del bando). Ma lo stesso hanno fatto anche molti degli 81mila candidati che inizialmente avevano compilato la domanda e che avevano tutti i requisiti, titoli, competenze e pure esperienza. Allontanati, loro, dalle condizioni poco appetibili (come ha ammesso lo stesso ministro Brunetta). I dati: alla prova scritta si è presentato in media il 65% degli ammessi e, in alcune Regioni, non si è arrivati neppure alla metà dei 8.582 candidati ammessi per titolo. A quel punto il Dipartimento della Funzione Pubblica ha rivisto la soglia di sbarramento per la partecipazione alla prova scritta, ammettendo gli altri 70mila candidati di cui erano già stati valutati i titoli nella fase pre-selettiva. Con un colpo di scena sono stati selezionati anche i candidati ‘scartati’, mentre sono rimasti fuori tutti quelli che non avevano fatto proprio domanda. Si è arrivati a 1.483 idonei (circa la metà dei posti da coprire) e il problema principale si è verificato proprio nei profili altamente specializzati. Circa la metà dei posti era destinata a funzionari tecnici esperti: se ne cercavano 1.412 e solo 167 sono risultati idonei (restano scoperti 1.245 posti). Per il profilo di esperto in gestione, rendicontazione e controllo, gli idonei sono stati 196 e 722 i posti rimasti scoperti. Così il ministro si è visto costretto ad annunciare un altro bando per la copertura dei posti rimasti (quasi 2mila, sempre a tempo determinato), rimarcando la necessità di “un serio approfondimento sulle condizioni di inquadramento delle figure più qualificate, anche dal punto di vista retributivo”.
LE CONDIZIONI POCO APPETIBILI (TIPICHE DELLA PA) – Di fatto, a quel punto si è capito quale fosse il problema più grave: a non partecipare al concorso sono stati proprio i più preparati ed esperti. Neppure attratti dal fatto che Brunetta aveva già specificato che, pur trattandosi di un contratto a tempo determinato di 36 mesi, almeno una parte di quei contratti si sarebbero potuti trasformare in contratti a tempo indeterminato. Perché l’alta specializzazione si paga. E nel caso specifico del bando per il Sud, lo stipendio netto è tra i 1.400 e i 1.500 euro (tra i 1.800 e 1.900 lordi). Come aveva già spiegato Oliverio a ilfattoquotidiano.it, “non c’è storia con il privato”. E non si tratta di un problema solo economico, ma anche “di subordinazione per via gerarchica per cui il lavoro di un giovane laureato in ingegneria o informatica è oggetto di giudizi anche tecnici da parte di superiori, spesso senza alcuna competenza specifica”. Senza considerare la spinta (praticamente assente) alla mobilità di carriera. “Oggi ci sono lavoratori che, dopo 25-30 anni di servizio, sono ancora inquadrati nelle posizioni iniziali”, raccontava il segretario nazionale Fp Cgil, che oggi spiega: “Stiamo cercando di porre rimedio a queste situazioni con la definizione del nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro. Ma da soli gli interventi contrattuali non bastano, se non muta intanto nella società la considerazione che si ha del lavoro pubblico”. Il flop del concorso, dunque, è frutto di problemi che hanno radici più profonde. “È bastato solo vedere l’uscita dal tunnel della pandemia – aggiunge – per far ripartire nelle amministrazioni pubbliche il vecchio vizio di giudicare il lavoro degli addetti solo dal punto di vista dell’osservazione formale di regole e, quindi, ritornare al controllo ‘de visu’ dei propri collaboratori da parte della dirigenza, anziché investire sulla capacità di autonomia e responsabilità dei dipendenti”.
CONCORSI, CHE FATICA – Ma il concorso per il Sud non è stato l’unico ad affrontare ostacoli. A circa cinque anni dal bando, solo la scorsa estate si è svolta la prova scritta per la selezione di 1.052 dipendenti del ministero della Cultura. Si è sbloccato di recente, il bando per 2.736 funzionari amministrativi della Pubblica Amministrazione centrale. Anche quello annunciato dall’ex ministra Fabiana Dadone, a giugno 2020, che aveva parlato di “criteri innovativi”. Alla fine il concorso è slittato di oltre un anno e, alla riapertura del bando, le carte in tavola sono cambiate con l’abolizione delle prove pre-selettiva e orale e, come unico test di verifica, un quiz da 40 domande che si è svolto qualche settimana fa. Si valuteranno solo i titoli di chi ha superato il quiz. Stessa fine anche per un altro concorso: solo in questi giorni si svolgeranno le prove scritte per selezionare 1.541 profili per l’Istituto Nazionale del Lavoro, l’Inail e il ministero del Lavoro. Autorizzato a dicembre 2018 e più volte bloccato, dopo due anni è stato ripubblicato, anche in questo caso apportando delle modifiche: niente prova selettiva né orale, ma un altro test scritto a risposta multipla. E sei dentro, qualsiasi cosa tu abbia fatto (o non fatto).
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Roma, 1 feb. (Adnkronos) - "Dopo il record di 150.000 iscritti, Forza Italia rafforza il suo radicamento sul territorio con l’avvio della stagione dei Congressi Comunali e Circoscrizionali. Si parte da 9 regioni per eleggere i nuovi segretari comunali e circoscrizionali, in un percorso di partecipazione e crescita che coinvolgerà tutta Italia". Lo scrive Forza Italia sui suoi profili social.
Roma, 1 feb. (Adnkronos) - "Rispondo a chi ogni tanto ci accusa di non avere una visione. Certo che ce l'abbiamo, anche bella forte. Magari a qualcuno non piace, non sarà quello che si aspettavano dal Pd di prima, ma oggi il Pd è autodeterminato in questa direzione". In mezzo al dibattito su 'meglio presentarsi uniti o divisi per colpire uniti', innescato dalla proposta di Dario Franceschini, Elly Schlein continua a insistere sui temi piuttosto che sui tatticismi. E rilancia la visione del 'suo' Pd a fronte di perplessità, più o meno esplicite, avanzate nei suoi confronti nell'ultimo periodo.
"La giustizia sociale, la giustizia climatica, il lavoro dignitoso, l'innovazione, i diritti delle persone", elenca la segretaria dal palco della prima iniziativa col Terzo Settore (previste altre 4 a febbraio) a Monterotondo. Come aveva fatto la settimana scorsa davanti all'ospedale di Vicenza per parlare di sanità o con gli operai a Marghera o quelli della crisi Beko su lavoro e politiche industriali.
Alla questione aperta da Franceschini, Schlein ha però dato una risposta l'altra sera a Piazza Pulita dopo giorni di silenzi, conditi da freddezza dell'inner circle della segretaria. Andare divisi per colpire uniti? "Io continuo a insistere, sono testardamente unitaria", la risposta di Schlein. Insomma, nonostante al momento non vi siano passi avanti nella costruzione dell'alleanza, lo schema della segretaria non cambia. Resta 'testardamente unitario'. "Ce lo chiede la gente", la tesi di Schlein. Il sondaggio mandato in onda durante la trasmissione pare darle ragione con quasi l'80% degli elettori di centrosinistra a invocare un accordo tra le opposizioni.
Un accordo che però non c'è e la proposta di Franceschini ha avuto anche l'effetto di evidenziare ulteriormente le resistenze rispetto a un'alleanza organica. Basta leggere l'elenco di quelli che hanno promosso o quanto meno si sono detti interessati alla possibilità di 'marciare divisi, per poi colpire uniti' dopo il voto: da Carlo Calenda a Giuseppe Conte. Chi invece non è sembra interessato, è Romano Prodi che in una lunga intervista avverte: "Senza un programma condiviso non è politica, ma solo cinismo. Si possono anche vincere le elezioni, ma si uccide il Paese”.
"Ma come si può fare questo discorso due anni e mezzo prima delle elezioni?", si chiede Prodi. "Potrebbe essere l'ultima spiaggia alla vigilia del voto. Ma se partiamo dall'idea che non ci si può mettere d'accordo su un programma, mi pare difficile vincere le elezioni". L'Ulivo non è più riproponibile, aggiunge, "quel che si può fare è cercare quattro grandi problemi sui quali trovare una visione comune: sanità, casa, scuola, lavoro".
Non basta solo criticare: "Politica è dire quel che serve all'Italia per la distribuzione del reddito, la sanità, la casa. Non dire solo che mancano le risorse, ma dire come vanno riformati gli ospedali, i medici di base, le case di comunità". Chi può riuscire a federare il campo delle opposizioni in ordine sparso? Per Prodi la risposta è aperta: "Il problema è vedere chi è in grado di federare. Quel ruolo si conquista, non è dato. La competizione è aperta per tutti, Schlein e altri".
Tel Aviv, 1 feb. (Adnkronos) - Il primo ministro Benjamin Netanyahu sta valutando la possibilità di nominare il ministro degli Affari strategici Ron Dermer a capo del team negoziale di Israele per i colloqui sugli ostaggi con Hamas, secondo le notizie di Channel 12. Subentrerebbe al ruolo del capo del Mossad David Barnea. Secondo quanto riferito, Barnea resterebbe nella squadra insieme al capo dello Shin Bet Ronen Bar e all'uomo chiave per la presa degli ostaggi delle Idf Nitzan Alon, con Dermer a supervisionare i colloqui.
I funzionari israeliani hanno dichiarato che Netanyahu riconosce che i negoziatori vogliono fare tutto il possibile per garantire che la seconda fase dell'accordo sulla restituzione degli ostaggi con Hamas abbia luogo, e il premier vuole mantenere aperte le sue opzioni. Secondo Channel 12, i funzionari del team di Netanyahu affermano che, poiché i colloqui principali si stanno svolgendo con l'amministrazione Trump, dovrebbero essere guidati da qualcuno con una formazione più diplomatica, che non nella sicurezza.
Sembra che l'inviato speciale di Trump, Steve Witkoff, abbia detto a Netanyahu che preferirebbe lavorare con Dermer e che ha delle riserve sulla collaborazione con l'attuale team negoziale. Witkoff e Netanyahu hanno parlato oggi, ha riferito Channel 12, aggiungendo che il primo ministro israeliano terrà un incontro stasera per decidere se inviare una delegazione di medio livello in Qatar questa settimana. In risposta, l'ufficio di Netanyahu ha affermato che "i resoconti non sono veri" e che "le decisioni sui negoziati saranno prese solo dopo il ritorno del primo ministro dagli Stati Uniti".
Roma, 1 feb. (Adnkronos) - “Ieri è stato l’ultimo giorno di lavoro di dipendenti e dirigenti Rai a viale Mazzini. Lo storico palazzo, simbolo del Servizio Pubblico, che dagli anni 60 rappresenta la Rai, chiuderà per essere interessato da importanti ed ampi lavori di ristrutturazione". Lo dichiarano i componenti di Fratelli d’Italia della Commissione Vigilanza Rai.
"Interventi che consentiranno alla Rai di usufruire di una sede moderna, digitale e all’avanguardia, capace così di confrontarsi con un mercato televisivo sempre più competitivo. È un merito di questa dirigenza che oltre a garantire un sempre più ampio pluralismo, così come si pretende dal Servizio pubblico, un’offerta e una qualità nella programmazione, adesso garantirà alla Rai anche strutture di prim’ordine. Infatti, la sede di viale Mazzini si affiancherà al nuovo centro di produzione a Milano che sarà uno dei più avanzati in Europa. Al contempo va rivolto un vivo ringraziamento ai dipendenti Rai, che stanno affrontando con grande impegno e dedizione questo significativo momento di passaggio, che servirà a costruire il Servizio pubblico del futuro”.
Ramallah, 1 feb. (Adnkronos) - Le forze israeliane hanno arrestato due giornalisti palestinesi e sequestrato la loro attrezzatura nella città di Beit Ummar, a nord di Hebron, in Cisgiordania. Lo riporta l'agenzia di stampa palestinese Wafa, citando il giornalista Ihab al-Alami, che ha riferito, dopo essere stato rilasciato, che "lui e il suo collega, Nidal al-Natsheh, sono stati arrestati dai soldati israeliani mentre documentavano i danni su terreni di proprietà palestinese vicino all'insediamento israeliano illegale di Karmei Tzur". I soldati hanno sequestrato tre telecamere prima di costringerli ad abbandonare la zona, ha aggiunto il reporter.
Roma, 1 feb. (Adnkronos) - "Oggi a Roma si è svolta la Direzione Nazionale di Fratelli d'Italia, un momento di confronto interno al partito in vista del giro di boa della metà legislatura. Non si è trattato, evidentemente, di una seduta del Consiglio dei Ministri, un dettaglio che i deputati di Italia Viva, cui resta solo la polemica, potrebbero facilmente cogliere solo sfogliando un qualsiasi manuale di diritto costituzionale". Così Antonio Baldelli, deputato di Fratelli d'Italia, risponde alle polemiche sollevate da Italia Viva sull'assenza del Presidente del Consiglio all'assemblea di FdI e sulla presenza del capo della segreteria politica, Arianna Meloni.
Washington, 1 feb. (Adnkronos/Afp) - Il Segretario Usa alla Difesa Pete Hegseth ha affermato che gli attacchi americani contro il pianificatore degli attacchi dell'Isis in Somalia avevano come obiettivo gli operativi dell'IS-Somalia sui monti Golis, nella regione semi-autonoma del Puntland. "La nostra valutazione iniziale è che diversi agenti sono stati uccisi negli attacchi aerei e nessun civile è rimasto ferito", ha affermato Hegseth in una nota.
"Questa azione riduce ulteriormente la capacità dell'Isis di progettare e condurre attacchi terroristici che minacciano i cittadini statunitensi, i nostri partner e civili innocenti e invia un chiaro segnale che gli Stati Uniti sono sempre pronti a scovare ed eliminare i terroristi che minacciano gli Stati Uniti e i nostri alleati". Lo Stato Islamico ha una presenza relativamente piccola in Somalia rispetto ad Al-Shabaab, legato ad Al-Qaeda, ma gli esperti hanno messo in guardia da una crescente attività del gruppo.