Una giornata di mobilitazione nazionale per dare visibilità alle malattie, cosiddette, “femminili“. Il 23 ottobre l’associazione Non Una Di Meno scenderà nelle piazze delle maggiori città italiane per chiedere il riconoscimento di vulvodinia, neuropatia del pudendo, fibromialgia, endometriosi e di tutte le varie forme di dolore pelvico. Patologie molto diffuse tra le donne, invalidanti, con cure estremamente costose, ma poco studiate dalla medicina, che ha assunto tradizionalmente come modello il corpo maschile.
“Non vogliamo più essere invisibili – afferma il comunicato di Non Una di Meno sui social – Porteremo in piazza le nostre storie e anche tutte le strategie di sopravvivenza che abbiamo messo in campo individualmente e collettivamente, a causa del disinteresse delle istituzioni“. Gli eventi inizieranno alle 15:00 e le partecipanti porteranno in piazza cartelli, striscioni e le scatole vuote dei farmaci che hanno utilizzato per far fronte alle patologie pelviche e vulvari. L’invito però è rivolto a chiunque voglia sostenere l’informazione e la consapevolezza su queste malattie, per anni diagnosticate in ritardo o relegate fra i disturbi di ordine psicosomatico. Lo scopo è invece rivendicare “diritti, tutele, sostegno economico e cure da parte dello Stato e del Servizio Sanitario Nazionale”. Spesso infatti i trattamenti medici sono costosi e le pazienti sono costrette a lunghi spostamenti per trovare specialisti qualificati. “Non vogliamo più avere a che fare con personale medico impreparato – continua il comunicato – che svaluta e normalizza il nostro dolore; non vogliamo più essere costrette al silenzio, per colpa di una società che ancora stigmatizza il dolore delle persone con vulva e vagina“.
I numeri, d’altra parte, parlano chiaro: secondo uno studio statunitense condotto nel 2001, circa il 16% delle donne ha sperimentato nel corso della propria vita sintomi riconducibili alla vulvodinia, cioè di una sindrome cronica che comporta, fra i vari sintomi, l’infiammazione delle terminazioni nervose dell’area vulvo-vaginale e pelvica. Il dato però è sottostimato. In Italia infatti non esiste un registro nazionale e regionale di raccolta dei dati. I casi vengono riconosciuti poi solo dopo 3 mesi di persistenza del dolore e in media hanno un ritardo diagnostico di quasi 5 anni. Non va meglio per la neuropatia del pudendo: secondo Orphanet, riguarda il 4% dei pazienti che soffrono di dolore pelvico. 7 volte su 10 però colpisce le donne, mentre solo 3 su 10 gli uomini. Mentre la fibromialgia, caratterizzata da dolore muscolo-scheletrico diffuso, colpisce tra gli 1,5 e i 2 milioni di persone, con un rapporto donne -uomini di circa 3 a 1. Anche questa malattia viene identificata in media dopo 5 anni dalla comparsa dei sintomi. La patologia più diffusa è però l’endometriosi – i così detti dolori mestruali – che riguarda non solo l’apparato riproduttivo, ma può estendersi ad altri organi dell’area pelvica e non solo. Tra i suoi effetti a lungo termine comporta anche la riduzione della fertilità. Secondo i dati del Ministero della Salute, colpisce il 10-15% della popolazione femminile. A causa della difficoltà di diagnosi – con un tempo medio di 7 anni – e dei pochi studi in merito, la percentuale però può essere ampiamente sottostimata.
Quella per il riconoscimento di queste patologie – dice Non Una Di Meno – è “una battaglia femminista“. “Siamo di fronte, per l’ennesima volta, ad una forma di violenza istituzionale agita sui corpi delle donne – scrive l’associazione sui social – I ritardi e le mancanze sono il retaggio di “una cultura medica patriarcale che sopprime la nostra sessualità e la conoscenza del nostro corpo, che considera la ginecologia solo a scopo riproduttivo e che, ancora, ci accusa di problemi psicologici per ogni nostro dolore. Conclude invocando per gli specialisti un approccio scientifico integrato, che guardi innanzitutto alla salute e al benessere delle persone.
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