Un anno e 10 mesi di carcere per abuso d’ufficio e falso. È la richiesta dei pubblici ministeri Walter Ignazitto e Nicola De Caria nei confronti del sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà del Partito Democratico. È agli sgoccioli il processo nato dall’indagine sull’affidamento del Grand Hotel Miramare all’imprenditore Paolo Zagarella, per il quale la Procura ha chiesto un anno e 8 mesi di carcere. “Il gioiello di famiglia si era trasformato in un affare di famiglia”. Sono parole impietose quelle utilizzate dal pm per spiegare come a Zagarella il Comune di Reggio avesse affidato la gestione di uno dei palazzi storici della città dopo che, durante la campagna elettorale del 2014, aveva concesso i suoi locali per la segreteria di Falcomatà.
Dopo 8 ore di requisitoria, la Procura ha chiesto la condanna a un anno e 8 mesi di reclusione anche per gli altri nove imputati. Per i pm, quasi tutta la giunta comunale dell’epoca deve essere giudicata colpevole. A partire dagli assessori Saverio Anghelone, Armando Neri, Rosanna Maria Nardi, Giuseppe Marino, Giovanni Muraca, Agata Quattrone e Antonino Zimbalatti. Secondo i sostituti procuratori Ignazitto e De Caria, dovrebbero essere condannati pure il segretario comunale Giovanna Antonia Acquaviva e la dirigente comunale Maria Luisa Spanò che si occupava del settore “Servizi alle imprese e sviluppo economico”.
Stando alle indagini, coordinate anche dal procuratore Giovanni Bombardieri e dall’aggiunto Gerardo Dominijanni (oggi procuratore generale), in qualità di presidente e legale rappresentante dell’associazione ‘Il Sottoscala’ l’imprenditore Zagarella avrebbe ricevuto un trattamento di favore dal sindaco Falcomatà e dalla sua giunta. In sostanza, leggendo il capo di imputazione contestato dalla Procura, il primo cittadino e gli assessori hanno concorso il 16 luglio 2015 ad adottare una delibera con la quale “statuivano l’ammissibilità della proposta proveniente dall’associazione ‘Il Sottoscala’ per l’utilizzo del piano terra del Miramare”, uno dei palazzi storici e più prestigiosi di Reggio Calabria.
Secondo i pm, però, gli imputati hanno violato “i doveri di imparzialità, trasparenza e buona amministrazione” previsti dalla legge in quanto “omettevano di dare preventivo avviso pubblico per consentire a terzi di manifestare l’interesse per l’assegnazione dell’immobile”. Nessun bando pubblico perciò, ma una concessione diretta in quanto la giunta comunale avrebbe concordato “l’affidamento con la sola associazione ‘Il Sottoscala’, indebitamente beneficiando Zagarella che (al fine di ottenere l’assegnazione, utilizzando lo schermo formale della onlus) veniva nominato presidente dell’associazione il giorno precedente la delibera di giunta”.
Per i magistrati non era un caso: Falcomatà e i suoi assessori avrebbero concordato con Zagarella “modalità e tempi di presentazione dell’istanza, assumendo nei suoi confronti l’impegno all’affidamento temporaneo dell’immobile prima della formale deliberazione di giunta”. Così prima dell’assegnazione dello stabile e prima della pubblicazione della delibera sull’albo pretorio del Comune, le chiavi del Miramare sarebbero state consegnate allo stesso imprenditore che, durante la campagna elettorale per le comunali del 2014, ha concesso i locali della segreteria del sindaco. Un abuso d’ufficio per la Procura che contesta a Falcomatà anche il reato di falso commesso, secondo i pm, il 5 agosto 2015, quando il sindaco e il segretario comunale Acquaviva, “di intesa con gli altri assessori e con il dirigente Spanò”, hanno pubblicato la delibera di giunta scritta il mese prima “attestando falsamente” che la decisione di assegnare il Miramare all’associazione ‘Il Sottoscala’ era stata assunta “con voto unanime in data 16 luglio 2015”. In realtà “la discussione relativa all’affidamento” si era protratta in occasione della riunione il 27 luglio”, cioè 11 giorni dopo, “in presenza di opinioni divergenti in seno alla giunta”. Come l’opinione dell’ex assessore Angela Marcianò, che è stata condannata con il rito abbreviato ma che ha reso pure dichiarazioni ai magistrati raccontando cosa è successo in quella riunione di giunta e come è stata partorita la delibera in favore dell’imprenditore Zagarella.
Per il pm Ignazitto, “il fine unico di questa vicenda è stato quello di assegnare questo benedetto immobile a un amico del sindaco Falcomatà”. Quando sono stati interrogati, gli imputati si sono difesi sostenendo che quello era un atto di indirizzo. Per la Procura, invece, è stato “un atto di immediata concessione: il gioiello di famiglia si era trasformato in un affare di famiglia. Non è stata mala-gestio, ma una gestio finalizzata a raggiungere un determinato obiettivo e il sindaco è stato il regista”. “Il Miramare – ha sottolineato sempre il magistrato – non è stato assegnato all’associazione ‘Il Sottoscala’. Piuttosto questa è stata il grimaldello attraverso cui il Miramare è stato assegnato a Paolo Zegarella, persona amica di Falcomatà, persona nei confronti della quale il sindaco aveva un debito di riconoscenza. Si scrive ‘Il Sottoscala’ si legge Paolo Zegarella”.
Dopo la requisitoria di oggi, sono previste le arringhe del collegio difensivo mentre la sentenze del Tribunale, presieduto dal giudice Fabio Lauria, dovrebbero arrivare il 19 novembre. Se il calendario sarà rispettato, in quella data si chiuderà il processo che qualche anno fa ha rischiato di non celebrarsi. Durante la fase delle indagini, infatti, un altro pm (all’epoca in servizio a Reggio Calabria) aveva chiesto l’archiviazione per gli indagati. Richiesta che fu bloccata dall’allora procuratore aggiunto Gerardo Dominijanni.